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 I femminismi tra Italia e Spagna e i dualismi sfortunati

 

Il giorno dopo le mimose la prima pagina è anche nostra. In un free press.

In un free press di poco valore ed alta fruizione, soprattutto durante gli spostamenti metropolitani, un trafiletto in basso a sinistra, proprio sotto il goal che ha fatto vincere il Barca contro l’Arsenal.

Il titolo: “Sessismo Impresarial”; La Ue vuole più donne nei ruoli direttivi e la fotografia della euro deputata italiana Licia Ronzulli con il suo bebè sembra applaudire alla coerenza di chi detta le regole europee. Ultimo dato del trafiletto è l’indicazione che il servizio è a pagina 7.

Apro e vedo che la pagina 7 è occupata dal Boston Medical Group e il suo messaggio pubblicitario: “Sesso è vita”. I problemi dell’eiaculazione precoce o della mancanza d’erezione toccano quote mai viste.

Le quote rosa di cui voleva trattare l’articolo, se ci fosse stato, sarebbero state anch’esse mai viste, nel senso che pare che ci si stia fissando “grandi” obiettivi entro non so che anno che all’Italia paiono davvero complicatellli, viste le polemiche ed i rinvii continui dell’emendamento sulle quote rosa nei consiglio di amministrazione delle aziende quotate in Borsa e partecipazione pubblica.

Se cerco consolazioni lasciando nel vagone della metro il giornaletto e comprandomi all’edicola appena fuori un quotidiano ben più illustre, El Pais, non trovo che l’ennesimo articolo, ed interno, sull’ultimatum della UE: solo nel 3% delle imprese europee una donna ricopre un ruolo direttivo.

Arrivo a lavoro, mi connetto e apro il Corriere online: 30% di donne entro il 2015 o 40% entro il 2018, o 40% entro il 2015 etc…a seguire la notizia sulla falsificazione della data di nascita di Ruby a cambio di denaro.

Quote rosa, eiaculazione ed erezione è quello che accomuna la cosmologia mediatica tutta maschile di spagnoli e italiani. E ipotizzo anche altri, ma mi limito a ipotizzare.

A Madrid, Barcellona, Valencia e in molte altre città sono scese in piazza migliaia di donne, accomunate dalla giorno della celebrazione e divise da lineee politiche: ci sono i corteoi istituzionali e ci sono i cortei “autonomi”.

I cosiddetti femminismi delimitano i loro territori ma scendono in piazza insieme.

Qua, in Spagna, del fatto che è stato soppresso il Ministero delle pari Opportunità e scomparso il programma contro la violenza sulle donne della “Conselleria Interior” i giornali sembrano tacere.

E in Italia, dove il novello comitato Se non ora quando ha promosso ad una grandiosa manifestazione il 13 febbraio, il giornale “per eccellenza", Il Corriere e della Sera, è subdolo e malvagio e riesce solo a riconfermare a sé stesso l’idea politica che lo rappresenta e lo perseguita allo stesso tempo, usandola come schema applicabile a qualsiasi evento, anche al femminismo: “A Roma le donne sono divise, i cortei sono due, vecchio vizio della sinistra”.

Non va oltre.

 

 

Ora, è vero che a Roma ( come in molte altre città) i cortei erano due, è vero che c’era una divisione tra le femministe, ma ancor più vero è che l’articolo non dovrebbe finire li, giusto dove inizia la riflessione più interessante, dove emerge che quote rosa e problemi di erezioni non sono altro che la faccia della stessa medaglia.

Proprio dove il Corriere decide di fermarsi allora io decido di proseguire

Non certo per rimarcare che il femminismo è disomogeneo, fa la fine della sinistra e questo non è utile al movimento e bla bla bla, ma, in primo luogo, per rivendicare il mio diritto di pensarmi donna in modo diverso da come emerge ed è emerso fin’ora sui media; in secondo perché so che quello di cui non si parla è il pensiero scomodo a chi decide e quindi la parte più interessante.

Terzo ma non ultimo, anche solo per fare eco a quello che già ha fatto il collettivo romano promotore del corteo parallelo a quello più istituzionale dai fiocchi rosa ( per chiarirci uno dei due poli della “viziata divisione” femminista, di cui pare proprio il Corriere abbia paura a citare con il suo proprio nome), ovvero dichiarare che “malgrado nella piazza fosse presente tanto moralismo e giustizialismo si è colta la voglia di dire la propria come donne e si è comunque espressa da parte di molte, rabbia, dissenso per una situazione sociale e politica disastrosa”.

L’8 marzo “Rimettiamo al mondo l’Italia” firmato dal comitato Se non ora quando e l’appello per l’8 marzo “Riprendiamoci le nostre vite indecorose e libere” firmato da vari collettivi, tra cui il promotore Riprendiamoci i consultori, e molti altri appelli e realtà sono scesi in piazza per rivendicare, contestare e denunciare.

 

 

Se allora crediamo nel valore delle rivendicazioni e se pensiamo di dover lottare contro un immaginario usato per controllare i nostri corpi e la nostra sessualità, allora crediamo nello stato moderno, ovvero il prodotto artificiale di un patto tra individui razionale a tutela dei loro diritti. Se cosi non fosse non scenderemmo in piazza con slogan e grida.

Eppure proprio uno dei motti più usati è quello che più fa riflettere: “né madonne né puttane ma vere donne italiane” . L’uso della retorica dell’”italiana per bene” è piuttosto preoccupante; ricorda quel femminismo latino dell’epoca fascista.

Più volte è stato ripetuto che questo governo e i suoi rappresentanti mettono in gioco la dignità delle donne e di tutta l’Italia.

Se le donne con i loro corpi rappresentano la tradizione e ne garantiscono il futuro, allora il dominio su di noi sarà sempre essenziale per la continuità della tradizione-nazione. E il gioco puzza a retorica di stampo nazionalista.

Che ne è in tutto ciò della libertà delle donne? Non chiediamo di disporre liberamente della nostra sessualità e della nostra fertilità? I nostri desideri ridotti quasi a testimoni e porta voci di legami di sangue non fanno che rinforzare l’esclusione di tutta una parte di noi, delle donne migrate per fare un esempio.

L’esclusività della nazione lascia fuori le singolarità specifiche di cui spesso ci dimentichiamo.

Vero che anche lo stato moderno sfugge alle singolarità e prescinde dai corpi, è neutro, eppure è sempre stato e rimane, come ben dice Tamar Pitch (1) uno strumento di emancipazione anche nel suo essere polo di un dualismo ( ancora una volta) poco fortunato. Una confusione di pensiero che impasta dignità della nazione con la libertà femminile.

Ne esce un corpo decoroso con fiocchi rosa che si distingue dal femminismo torbido delle prostitute e delle madonne, delle povere e delle migranti.

Chiudo con un fantastico appello alle donne italiane e non…non l’ho trovato cantato, cosa che mi farebbe piacere scoprire esistesse. Se così non fosse, allora il mio personale invito è che qualcuno gli dia musica e ce lo mandi.

Sorelle di Tania

Sorelle di Tania,
di Tania “l’onesta”,
di gran sciarpa bianca
ci han cinta la testa?
Dov’è la memoria?
Ricordo che Roma
un tempo, non doma,
quel palco scrollò!*

Pensiamoci assorte,
il voto è alle porte,
Concita chiamò.

Non basta esser sempre
sfruttate e derise:
“Madonne, o puttane!”
Ci voglion divise,
“salvare la patria
spronar la nazione”
la nostra missione
qualcuna dettò.

E via! Tutte a corte,
ci vogliono escòrtes!
Minetti chiamò.

Se poi a dire “uniamoci”
c’è pur l’”Avvenire”,
ciascuna lo sa
che cosa vuol dire:
a patria e famiglia
aggiungici iddio
concetto stantio,
si salvi chi può!

Ci picchia il consorte?
Ci vogliono morte?
Evviva il wendò**

Dall’Alpe a Sicilia,
Di donne è un richiamo
però non ci basti
cacciare via il nano.
È un bel passo avanti,
ma tre passi indietro
(ossequio a San Pietro)
ci aspettano già!

Le quote alle insorte,
son rosa e son smorte,
ci servono o no?

Sorella precaria
studente, migrante
a casa e al lavoro
le lotte son tante.
E se l’otto marzo
non è una mimosa
a un bel “fiocco rosa”
diciamo: “anche no!!”

Tremate, tremate,
che siamo tornate,
fermateci un po’!

Questo invece l’audio di una canzone fatta in occasione delle giornate femministe autonome di Barcellona:

{mp3}Ieio-Prueba{/mp3}

 

Nota 1: Tamar Pitch insegna Sociologia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino. Si è occupata prevalentemente della questione criminale e del rapporto tra genere e diritto. Collabora a numerose riviste italiane e straniere e ha insegnato presso Università statunitensi e latino-americane. Tra le pubblicazioni più recenti, i libri Limited Responsibilities , 1995, Routledge, London e Un diritto per due. La costruzione giuridica di genere, sesso e sessualità , 1998, Il Saggiatore, Milano.