200902-migrante-a.jpg

La capitale economica d’Italia, la città capofila dell’area più densamente industrializzata
d’Europa, l’apice dell’avanguardia nazionale, è proprio così
à la page?

E se è veramente il punto più avanzato di un certo tipo di evoluzione culturale italiana, dove arriveremo quando l’esempio si sarà diffuso al resto del Paese?

Milano e i suoi abitanti (quindi me compreso) non li trovo particolarmente eleganti, nel senso etimologico del termine. Ma mi rendo conto che, se di avanguardia stiamo parlando, per forza di cose qualunque termine di paragone risulta inadatto: loro, i milanesi, sono avanti, gli altri indietro, a varie distanze.

Ok, prendiamo tale ipotesi come punto di partenza. E allora noi tutti dove stiamo andando se quello che lo spaccato meneghino ci offre è veramente l’avanguardia, il primo stadio di una prossima evoluzione?

Sempre più spesso, aumentando i rapporti con persone che per forza di cose frequento quassù, mi chiamano al telefono o di persona, a mo’ di intercalare confidenziale, “bela gioia”. Oppure fanno precedere qualunque richiesta da una specie di corteggiamento composto da vezzeggiativi e panegirici e compianti accompagnati da esagerata gestualità.

Ecco, pur premettendo che «bela gioia cci va chiami a sùorta» («bela gioia chiamiaci tua sorella»), come avrebbe saggiamente detto il mio compagno di scuola cosentino Raffaele, il ridursi spesso ad un florilegio di falsi squittii, gridolini e mimica facciale da teatro mi induce a pensare a un fotti fotti neobizantino: per vendere meglio (un dialogo, una confidenza, una relazione) devi aumentare la scena, fare la parata. E più sono scadenti i cammelli da vendere, tanto più bisogna aumentare il compianto prefico. Ma il compianto, se lo aumenti o usi troppo, diventa ridicolo, inflazionato, dunque inefficace.

Lo sanno bene i venditori ambulanti di piatti dalle mie parti. Il piattaro sbatte più forte sul bancone, per dimostrarne la robustezza, i servizi meno buoni. Grida con le vene grosse, fa il prezzo, ma sa già di doverlo abbassare più volte. Infatti, quando riempie la busta con i piatti per la signora acquirente, basta una semplice richiesta per fargli aggiungere gratis un paio di tazzine. I piatti buoni vengono solo mostrati, niente bum bum sul bancone, c’è un prezzo di apertura e un solo ribasso. Stop. Perché il cammello, rimanendo in metafora, si vende da sé.

In conclusione, se l’avanguardia ha bisogno di tale affettata pompa del tutto sproporzionata allo scopo di un semplice (anche strumentale) contatto umano, che cacchio di prodotto sta vendendo? Sento odor di fregatura ma mi appello ancora al saggio Raffaele il quale, di fronte a certi frizzi e lazzi ridondanti, invitava a temporeggiare e con lungimiranza affermava: «Ara squagliata d’a nivi si vidanu i strunzi» (traduzione aulica: allorquando la neve sarà sciolta, vedremo la realtà delle cose).

Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.