Un’annata scandita da una precisa cromia.
Dalla dottrina politica d’antan agli strani lirismi moderni

 

Non ho molti anni, ma una tale uniformità raramente l’ho vista. Per lo più, dell’uguaglianza ne avevo letto, vagheggiata negli scritti d’antan di pensatori idealisti e sognatori, regolarmente morti ammazzati o tra mille stenti.

Oggi, anno 2009 dopo Cristo e dopo muri di Berlino abbattuti, mi si para innanzi un vero e proprio socialismo reale… dell’estetica che ci unisce tutti da Milano a Bari, da Trieste a Marsala. Qui, in questo Paese, mi sa che sono pochissimi quelli disponibili a stringersi “a coorte”, “pronti alla morte”, ‘ché “l’Italia chiamò”. Qui, la forza dell’invito a cui non si può dire di no, che parla al sangue, che ci affratella è la moda, altro che il sentimento patrio.

Fateci caso camminando per le vie del centro (un centro qualsiasi), ponete attenzione allo sciamare disordinato della folla e ditemi voi che colore spicca sugli altri. Viola acquerello, viola fucsia, viola pansè, viola autentico, viola pesante tendente al blu… un crescendo rossiniano a tratti imbarazzante di macchie di colore ben preciso che spiccano sugli altri toni cromatici. E non c’è latitudine che tenga. Calabria o Lombardia, stessa solfa: quell’unione di intenti che si materializza ogni quattro anni per i mondiali di calcio, da tempo l’eterogenesi dei fini del consumismo ce la ripropone in maniera molto più soft, meno urlata, più pervicacemente intrusiva. Perché qui non stiamo parlando del modello di orologio o del tipo di scarpe che diventano caratterizzanti di uno specifico gruppo sociale. Il censo va a farsi benedire, perché siamo di fronte al trasversalismo più spiccato. È, letteralmente, il comunismo de noantri.

Anche nel comunismo, si sa, c’è però qualcuno che si fa prendere dalla tentazione di essere più uguale degli altri. Un pungolo differenziante che mi pare più attivo al Nord che al Sud (sarà l’influenza delle settimane della moda, boh).

Girando per le vie del Settentrione, vivo la nouvelle vague della cromia come una grande opera lirica. Verdiana. Insomma, abbondano le traviate. Le Violette zompettano qui e là. Ci tengono a far sapere che loro sanno in che direzione sta andando il mondo e come farsi notare con scarpe tacco alto scamosciate in viola, calze viola, tailleur viola, giubbotto viola, cappello viola e sciarpa pure, ognuno con una nuance diversa dello stesso colore.

Già le vedo, così agghindate, intonare il loro grido d’amore libiando ne’ lieti calici: «Aaamaaamiii Aaalfreeeedooo».

Ed Alfredo, scornacchiato, risponde: «Figa, mi sembri un mirtillo così vestita».

Fine della passione, arriva la tisi e Violetta ci lascia per un mondo migliore, lì dove il colore, realmente, non conta.

Sic transit gloria mundi (e Verdi si rivolta nella tomba)

Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

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