(che io piuttosto la definisco pulizia etnica)

Nevica, sono le 7 ed albeggia. Gli uomini sono pronti a scattare in tenuta antisommossa, perfettamente equipaggiati. La prima linea può contare su una cavalleria leggera composta da circa 40 automezzi. Nelle retrovie attendono i mezzi corazzati (una ruspa e due autobotti). Il servizio di assistenza è invece garantito da un’ambulanza, che aspetta di essere chiamata in causa alla bisogna.

Arriva l’ordine, si scatta. L’accampamento nemico viene accerchiato in un batter d’occhio, le strade vicine interdette alla circolazione. Un vero e proprio cordone sanitario si stringe sull’area. Il nemico è del resto subdolamente pericoloso: annovera persone abili nel travestimento e nell’inganno, scaltre forze giovani, anziani dotati di grandissima esperienza di guerriglia e donne pronte a sostenere la resistenza facendo scudo col proprio corpo. Anche l’area di intervento è un terreno di scontro alquanto disagevole per le pur ben equipaggiate forze d’attacco: l’accampamento sorge in un terreno molle e aperto alle intemperie, è fatto di lamiere e carcasse, quanto di meglio per la mimetica resistenza dei nemici e per frenare l’assalto. La strategia non può che essere una: il blitzkrieg, un insieme di velocità ed efficienza chirurgica per assicurare il massimo risultato e al contempo minimizzare perdite ed effetti collaterali.

Ad un secondo cenno, si parte. Le forze d’attacco soverchiano in numero i nemici, in pochi minuti il più è fatto. L’accampamento viene occupato e ogni resistenza sterilizzata. I nemici sorpresi nel sonno. C’è il tempo di coglierli impreparati mentre sono ancora nei loro anfratti, annebbiati dal torpore. Per evitare qualunque intelligenza, donne e bambini vengono separati dagli uomini. Viene dato un ordine: 15 minuti per raccogliere le proprie cose prima della bonifica dell’area. L’esterrefatto nemico come un topo viene scortato ad affastellare gli effetti personali. Scade l’ultimatum e l’accampamento, liberato dai suoi abitanti, viene raso al suolo con l’intervento della ruspa dalla seconda linea. Ma non basta: il covo del nemico, si sa, è un pericoloso ricettacolo di germi e bisogna sterilizzare. Viene dato fuoco all’infiammabile non pericoloso, poi le autobotti spengono il tutto e la ruspa completa l’opera caricando sul camion i poveri resti di quello che fu un fortino di malaffare e crimine. Nel giro di una mattina, l’area è stata dunque espugnata e bonificata, con ardimento e sprezzo del pericolo. Delenda Cartago!

Nei giorni seguenti, i nostri rimangono a pattugliare la zona, notte e giorno, evitando che i nemici dispersi possano tornare per una controffensiva.

 

Al di là del tono bellicamente sarcastico, avete letto la cronaca, vera reale documentata, di quanto accaduto per due volte nelle scorse settimane nell’area di Chiaravalle, periferia Sud di Milano. Quella che mille anni fa fu la zona che vide il primo segno del ritorno della civiltà dopo secoli di lotte e lutti, con un nuovo umanesimo fatto di lavoro, bonifiche, diffusione della conoscenza ed accoglienza delle genti, nel XXI secolo diventa il simbolo di quello che siamo diventati: un intero corpo di polizia municipale, con l’ausilio di pompieri, croce rossa e mezzi di movimentazione privati, mobilitato per sgominare un accampamento di povera gente senza casa. Probabilmente tra quelle persone sgomberate come rifiuti qualunque c’erano anche individui che vivevano di piccoli crimini ma nemmeno uno di loro è stato arrestato: sono stati solo “gentilmente” invitati tutti (bambini che andavano a scuola, vecchi portatori di handicap, donne e uomini) a spostarsi un po’ più in là. Dove e come, non si sa, fatti loro, basta che sia, tutt’altro che metaforicamente, fuori dalle palle. Noi siamo la legge e qui noi comandiamo. Gli altri si adeguino.

E ancora la chiamano, nel febbraio 2010, civiltà…

Gli autori di Vorrei
Ivan Commisso
Ivan Commisso

Vado per i quaranta, mi occupo di soluzioni pubblicitarie online in una grande concessionaria. La mia formazione universitaria è economica. Sono giornalista pubblicista e su Vorrei scrivo per lo più di economia perchè da lì verranno (ulteriori) problemi e su quel tema si dicono un sacco di fesserie. Nota Bene: mi piacciono le metafore, i dolci e la Calabria.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.