Storie di donne perseguitate, la poetessa araba e Malouma Minth Meidah, la diva contro la dittatura in Mauritania
Je t’accuse… stampa
Se hai ancora cuore e ragione difendi la libertà di parola nel mondo
Halima Mozafar e il silenzio dell’Occidente
Credere in un’idea significa essere convinti della sua verità, oppure della sua forza. Ed è per questo che una giovane poetessa rischia la morte in Arabia Saudita.
Si chiama Halima Mozafar e sul suo destino grava una fatwa mortale:
“Tua madre piangerà la tua morte, così come i tuoi corrotti predecessori. Verseremo il tuo sangue. Sei colei che ha dichiarato guerra a Dio, al suo profeta e a tutti i credenti”
Un atto blasfemo e l’omertà e l’indifferenza internazionale.
La sua colpa è stata quella di partecipare a un seminario in un circolo di cultura: "al-Jawf Literary Forum" a Ryadh. Dopo quell'incontro Halima ha cominciato a ricevere una serie di minacce di morte. I fondamentalisti hanno dato fuoco al circolo in cui La Mozafar aveva appena letto una poesia sulla sessualità. Gli islamisti del Regno wahabita la accusano di blasfemia: colpa gravissima, per la quale si paga con la vita.
Halima ama la poesia e la vita e, col coraggio che contraddistingue le donne, si è presentata senza velo alla tv Al-Arabiya. Halima si è tolto il velo, sfidando tutti coloro che la minacciano di morte. Se lo è tolto per raccontare la sua scelta:
«La mia famiglia comprende il mio gesto» ha dichiarato con fierezza la poetessa saudita «l'Islam è una religione liberale e non impone nulla riguardo alle scelte personali. E la mia è stata una scelta personale e approvata dalla mia famiglia e voi uomini caverna, che temete l'amore, siete solo ripugnanti e non mi fate paura».
Uomini caverna li ha chiamati Halima, guardiani della fede, pasdaran dell’integralismo, mazzieri della purezza religiosa. Uomini impuniti che picchiano, lapidano, stuprano e uccidono le donne. Donne perseguitate e torturate nell’Islam totalitario e lasciate sole dal mondo occidentale.
Tempo fa una donna in Pakistan veniva frustata perché stava passeggiando con un uomo.
E non si hanno notizie sull’applicazione della legge infame assecondata da Karzai in Afghanistan dove si autorizzava lo stupro della moglie da parte degli uomini-caverna diventati mariti senza amore e senza consenso. Anche quelle donne furono lasciate sole. E molto probabilmente la stessa sorte capiterà ad Halima Mozafar.
Malouma Minth Meidah, la diva ribelle contro la dittatura
In Mauritania, invece, la voce di Malouma fa paura ai generali golpisti, tanto più se eletta senatrice nell’unico voto libero che sia mai capitato in mezzo secolo di indipendenza. E’ una censura dolce, ma pur sempre censura.
Malouma Minth Meidah, 49 anni, erede di una famiglia berbera di artisti tradizionali (la casta dei griot), divorziata con quattro figli, capelli rossi all’henné, un velo bianco e una voce « incrocio tra Fairuz e Janis Joplin». La Diva Ribelle che ha cominciato presto a sfidare il potere. A 10 anni tirò le pietre a un emiro, un capo religioso, colpevole di aver lasciato il vecchio padre a cantare per ore sotto il sole. Malouma segue la tradizione del canto. A 16 anni diventa celebre e odiata dall’establishment religioso per una canzone dal titolo «Habibi habeytou» , Mi piace amare il mio amore: un atto d’accusa contro la pratica diffusa dei matrimoni con le bambine.
Il suo «blues del Sahara» non piace ai dittatori. Con tre album, il Giardino dell’Eden, Dunya e Nour la «Diva Ribelle» riesce a coniugare arte e denuncia, le chitarre elettriche e la tradizionale ardin, l’arpa a 10-14 corde riservata alle donne. Il blues del Sahara riesce a chiudere, almeno in musica, quella ferita tra arabi oppressori e schiavi neri che costituisce il peccato originale della Mauritania.
Alla dogana di Nouakchott le hanno preso i cartoni con i Cd che aveva in macchina. «L’ordine viene dall’alto» le ha detto dispiaciuto l’ufficiale di servizio. «L’ordine non può che essere partito da Aziz», ha raccontato Malouma al quotidiano Le Monde.
« Mi hanno sequestrato i CD per ordine del più alto in grado. Ho ricevuto minacce telefoniche. Prima anche i poliziotti dicevano: “Malouma non si tocca”. Adesso confesso di avere paura».
Aziz, il dittatore. Tra i brani sequestrati alla frontiera ce ne sono un paio che lo riguardano: «Gente di principio » e «Unilaterale». Il primo parla del vizio dei militari mauritani con l’abitudine di sottrarre il potere ai civili salvo giurare sulla divisa che «se ne andranno presto». II secondo attacca Aziz per l’improvvisa decisione, annunciata senza l’accordo dei partiti politici, di indire nuove elezioni per il 6 giugno con l’intento di togliersi di dosso la macchia del golpe e mantenersi al comando con la legittimità del voto popolare.
Je t’accuse stampa, se hai ancora cuore e ragione difendi la libertà di parola nel mondo. In nome di
Halima Mozafar, Malouma Minth Meidah, Anna Politkovskaja, Neda Agha Soltani, Natalia Estemirova e tutte quelle donne di coraggio che sfidano la morte in nome dei valori di libertà e giustizia.