Se qualcuno propone un progetto che non ci piace, è sbagliato rispondergli
semplicemente di no. Bisogna contrapporgli un progetto alternativo.
Chi dice solo di no è destinato a perdere.
Ad esempio, Berlusconi vinse le elezioni del 2001 con il “Contratto con gli italiani”, a cui il centrosinistra non oppose nulla di adeguato. Così Prodi vinse nel 2005 con la “Fabbrica del programma”, nonostante le carenze mediatiche e il fuoco amico.
Ma veniamo a oggi, con qualche esempio attuale.
Livello nazionale
Berlusconi continua a proporre progetti a ripetizione (l’ultimo è: portare il PIl italiano al 4% dall’1% scarso attuale), nonostante la sua credibilità continui a calare perché nessuna delle sue promesse è stata realizzata. Eppure c’è ancora un italiano su tre che gli dà credito, perché egli propone sempre qualcosa che, per quanto fasullo, alimenta comunque delle speranze.
A questa strategia il PD promette... la promessa di un programma.
Così si è espresso recentemente il segretario PD Bersani: “Il mio partito sta lavorando ormai da un anno ad un progetto per l'Italia... Benché tanti dei nostri documenti approvati siano pubblici, si è trattato di un'operazione svolta, nostro malgrado, in clandestinità...”. “In clandestinità”! Ha allora ragione Galli della Loggia a dire che non è a conoscenza di nessuna proposta programmatica del PD.
In termini analoghi a Bersani si è espresso purtroppo anche Veltroni, anzi peggio, dicendo sostanzialmente che il PD non è ancora pronto per offrire agli italiani una alternativa, ma lo sarà prossimamente!
La recente assemblea nazionale ha approvato sei bozze di proposte di altrettanti gruppi di lavoro su Cultura, Mezzogiorno, Politiche sociali, Sanità, Sicurezza. Si tratta di leggersi circa 50 pagine scritte in forma discorsiva. Manca una visione d’insieme, manca una sintesi, mancano degli slogan, ovviamente nessuna eco sui mass media. Manca soprattutto l’accoppiata fondamentale: Un leader con un programma.
Tra un paio di giorni Berlusconi presenterà l’ennesimo programma. Sarà un pasticcio di idee riformiste rubate alla sinistra, ma in salsa conservatrice. Ma attraente e a reti unificate.
Livello locale
PGT
L’attuale amministrazione sta preparando, con la Variante al Piano di Governo del Territorio (PGT) vigente, il sacco definitivo di Monza. E la presenta con l’efficace slogan “La città rinnovata” (sicuramente dettato dal Ministro per la propaganda di Berlusconi, Paolo Romani).
La linea che viene seguita dagli oppositori è quella di mettere in evidenza gli effetti disastrosi della Variante, in termini di cementificazione delle ultime aree verdi, di congestione del traffico e di aumento dell’inquinamento.
L’azione di contrasto è meritoria ed anche efficace, ma siamo ancora prevalentemente alla “politica del no”. No a un progetto al quale viene e verrà data la massima visibilità, mentre i progetti contrapposti, e cioè il PGT vigente e ancor più quello a suo tempo adottato dal centrosinistra, restano nell’ombra.
Bisognerebbe invece metterli in primo piano. Far sì che tutti i monzesi possano confrontare i metri quadri di aree libere cancellate e i 4 milioni di metri cubi cementificati dalla Variante, con quanto previsto dal PGT vigente e, a mio parere, da quello adottato a suo tempo dalla amministrazione di centrosinistra. E fare lo stesso nel dettaglio, per i “Poli strategici” e per gli “Ambiti di trasformazione urbana”.
Io ho tentato di farlo per l’Ambito Via Boito-Via Monteverdi. Ne è venuto fuori che la Variante prevede una edificabilità del 55% della superficie complessiva dell’Ambito contro il 21% del PGT vigente, e che la volumetria prevista dalla Variante è di oltre 31 mila metri cubi, contro i 26 mila del PGT vigente e i 20 mila del PGT adottato dal centrosinistra. E che il giardino pubblico previsto dal PGT vigente verrà infarcito di improbabili servizi e ridotto a un fazzoletto irrespirabile, circondato da cemento e da auto bloccate ne traffico. Per farsi un’idea concreta, basta pensare a tre torri da otto piani, con 100-120 appartamenti, 300 abitanti, 300 auto, senza alcun vincolo di altezza (come previsto dal PGT vigente, per non sovrastare il campanile della adiacente Chiesa del Carmelo).
Conoscendo queste cose gli abitanti della zona potranno contrapporre al progetto della Variante il progetto del PGT vigente e, perché no, proporre di tornare al progetto migliore del PGT a suo tempo adottato!
Villa Reale e Parco
L’amministrazione regionale ha architettato, tramite Infrastrutture Lombarde S.p.A. e con la connivenza supina del Comune di Monza, la sostanziale alienazione della parte centrale della Villa, colpendo al cuore il monumento.
Alla minaccia di questo progetto (non ancora noto, ma che sicuramente vedrà la luce e verrà sbandierato come capace di ridare vita alla Villa, abbandonata da oltre un secolo) i movimenti culturali e ambientalisti e le opposizioni hanno reagito con grande efficacia, all’insegna dello slogan “La Villa Reale è anche mia”, raccogliendo ben 10 mila firme contro l’operazione.
Ma tuttavia, temo che quando gli speculatori presenteranno il loro progetto, i movimenti e le opposizioni politiche non risponderanno con un progetto vincente.
Eppure i progetti, per la Villa come per il Parco, ci sono! E sono, per la Villa, il progetto Carbonara, vincitore di una gara internazionale (che tra l’altro è costata cara al contribuente), e per il Parco il progetto di legge regionale presentato nella passata legislatura regionale (per non dire dei numerosi progetti precedenti).
E qui sorge il problema: il non presentare progetti alternativi a quelli proposti dagli speculatori è dovuto a una semplice incapacità di incanalare sui mass media progetti che già ci sono, o a questioni di sostanza?
Io temo che ci sia una questione di sostanza. I progetti alternativi non vengono alla luce perché chi dovrebbe proporli teme di essere impallinato da fuoco amico, cioè da chi non li condivide anche se non ne ha di alternativi. La “politica del no” si rivela consequenziale. E inesorabilmente perdente.
Credo che la via d’uscita stia nel coraggio della trasparenza e della pubblicità: far emergere i progetti alternativi senza farne dei totem intoccabili, obbligando chi non li condivide ad uscire allo scoperto con altre proposte, e ad accettare compromessi ragionevoli tra punti di vista diversi.
Un percorso lungo e difficile, ma obbligato. Se non si vuole perdere, se si vuole vincere.