200810-villa-render

Lettera di Carlo Vittone: "le spese necessarie a organizzare e realizzare attività istituzionali non sono a carico dell’ospitato, ma a carico dell’ospitante"

Chi ha seguito il dibattito degli ultimi anni relativo al destino della Villa Reale ricorderà un ritornello spesso cantato da parte di molti politici nostrani e di vari addetti ai lavori. E cioè quello che la  gestione della Villa Reale in futuro dovesse produrre “un reddito” e non essere ritenuta solo un costo a carico della collettività, specialmente considerando le alte spese del necessario restauro. Argomento di per sé condivisibile, anche sorvolando sulla sua deplorevole vaghezza. Meno condivisibile era invece la proposta che seguiva alla richiesta di produrre reddito. E cioè che la futura gestione della Villa dovesse rinunciare ad una destinazione museale e culturale (o perlomeno fortemente ridimensionarla) – chissà perché ritenuta deficitaria sotto il profilo economico - in favore di una missione convegnistica di alto livello ovvero trasformandosi in “sede di rappresentanza di eccellenza” con annessi servizi ricettivi e d’accoglienza (albergo, ristoranti, auditorium ipogeo, persino beauty farm) e considerando ciò una destinazione di funzioni “in grado di alimentare l’autofinanziamento del complesso” attraverso un’opera di “attrazione internazionale”(cfr. motivazioni della giuria del concorso internazionale di progettazione vinto dal gruppo Carbonara di Roma qui).
Bene, proprio in questi giorni sperimentiamo un primo risultato di questa strategia, poiché dal 23 al 26 settembre la Villa Reale ospita il forum internazionale dell’Unesco dedicato al rapporto cultura-industria alla presenza di poco di meno di 200 delegati da tutto il mondo. Magnifica occasione, dirà qualcuno, primo passo su una strada di luminoso futuro per una prestigiosa sede convegnistica. E anche fonte del primo auspicato reddito. Eh no, mica  tanto. Perché qualcuno non ha considerato che le spese necessarie a organizzare e realizzare  attività istituzionali di questo livello per prassi consolidata non sono a carico dell’ospitato, ma a carico dell’ospitante. E che nel suddetto caso, a sentire la stampa, esse ammontano a  una cifra tra 1 e 1,5 milioni di euro, centesimo più centesimo meno, andate appunto in carico ai proprietari della Villa (Stato, Regione Lombardia, forse anche Comune di Monza, qualcuno potrebbe chiederlo nelle opportune sedi, e qualche sponsor privato). E dunque il luminoso futuro convegnistico di “alta rappresentanza” per la Villa  (si era parlato di G8, di G20 e via discorrendo) potrà valere sotto il profilo del semplice prestigio immateriale ma non porta alcun autofinanziamento, anzi è fonte di ulteriori spese per i soggetti proprietari. Ma che bella scoperta! E che bella fonte di reddito! Forse qualcuno poteva informarsi prima su come e da chi vengono finanziati questi eventi di “alta rappresentanza”, i quali a queste condizioni – è opportuno ritenere – dovrebbero essere evitati come la peste bubbonica. Ma la storia degli ultimi anni dei progetti sulla Villa è ricca di simili bufale, spacciate per soluzioni miracolistiche e poi rivelatesi ridicoli bluff: così fu quando si propose di ospitare in Villa una sede di un’agenzia europea e tra applausi scroscianti si avanzò anche l’ipotesi che tale agenzia europea potesse essere quella per l’Ambiente, concionandone a lungo nei dibattiti nostrani. Quando bastava farsi  un giretto di una decina di minuti sul WEB per venire a sapere che di agenzie europee l’Italia ne ha già due, che perciò una terza non le sarebbe mai stata assegnata, e soprattutto che quella per l’ambiente è felicemente viva e operante da molti anni… in quel di Copenhagen.