“Quando componiamo non pensiamo affatto al genere musicale.
I pezzi nascono a stile libero mentre suoniamo.”
Una stanza vuota, buia. Dentro tu: evochi ricordi, che portano al sorriso; evochi un passato, che porta al dolore; evochi qualcosa di perso, che porta alla rabbia. Questo è ciò che si riesce a trovare nella musica dei judA, power trio brianzolo (e non solo), che con la semplicità minimalista di chitarra, basso e batteria, riescono a creare atmosfere profonde, una “musica emotiva”. Sondano il lato più intimista dell’uomo, e lo sfogano attraverso la musica, che diventa, non più solo esecuzione tecnica, bensì un prolungamento della propria anima. E affinché l’esperienza sia totalizzante, durante l’esibizione live i judA proiettano immagini inquietanti, ripetitive fino all’ossessività, disturbanti.
I judA vivono la musica come emozione, come passione. Per questo non mancano nei loro lavori le collaborazioni. Molte quelle presenti nel loro ultimo album “Malelieve”, una notevole quella presentata dal vivo, con Laura degli Psychovox alla voce.
L’INTERVISTA
Raccontateci la storia del gruppo…
Il gruppo è nato nel 2004, ma in realtà abbiamo cominciato senza una reale idea di formare un gruppo. Agli inizi eravamo una jam band: ci incontravamo fino a quattro volte alla settimana in sala prove e suonavamo improvvisando. Questo è andato avanti per due anni, finché uno dei nostri amici, che venivano qualche volta ad ascoltarci, ci ha proposto di suonare ad una festa universitaria. Da lì sono nati i judA.
Il nome del gruppo ha dei tratti interessanti: la resa all’inglese del nome Giuda, e la scelta grafica della sola ultima lettera maiuscola. Cosa ci dite al riguardo?
La scelta del nome ha delle basi più sonore che di significato: “giuda” è un intercalare che usa spesso Marco e ci piaceva come suonava ed il fatto che fosse facile da ricordare. Così è diventato il nostro nome. In realtà la versione italiana con la G ci sarebbe piaciuta di più, ma esiste già un altro gruppo chiamato così. È comunque un nome tagliente e pensiamo rispecchi la musica che facciamo.
La A maiuscola alla fine, invece, potrebbe stare a simboleggiare l’anarchia delle nostre scelte! [ridono, ndr] In realtà ha a che fare con la filosofia del gruppo: sta a rappresentare una visione al contrario della musica italiana. È un capovolgimento della normale struttura, così come nella nostra musica, che non ci sentiamo di inserire né nel filone italiano, né in quello anglo-americano.
Dal momento in cui avete iniziato a suonare dal vivo, quanti concerti avete collezionato?
Sicuramente più di un centinaio in tutta la carriera dei judA. Anche se abbiamo un contratto con un’etichetta indipendente, non abbiamo agenzie di booking alle spalle, quindi il lavoro di auto-promozione è stato indipendente. In più il nostro è sempre stato un percorso basato sulla meritocrazia, in cui il passaparola tra i direttori artistici dei locali ci ha portati a suonare in molte regioni di Italia.
E per quanto riguarda la produzione in studio? Demo/EP/CD all’attivo?
Fondamentalmente due, perché a parte una registrazione del primo live, in studio abbiamo un album registrato in presa diretta “Respiri e Sospiri” e l’ultimo, uscito a febbraio 2010, “Malelieve”.
Parlando di voi musicalmente, quali sono le sonorità che influenzano il sound del gruppo?
Principalmente sono tre i nomi che riporteremmo come ispiratori del gruppo: Mogwai, Motorpsycho e Tool. C’è tanta attitudine grunge ma anche tanta psichedelia.
Come trovate la situazione musicale brianzola?
Di sicuro la vita musicale qui in Brianza è molto attiva, il panorama è di una creatività vulcanica. Solo che è un panorama molto underground, che fa fatica ad uscire a causa del contrasto modaiolo con Milano, una realtà troppo diversa e troppo vicina.
E i locali di Monza e Brianza come li trovate?
I locali sono ottimi, propongono davvero ottima musica e, soprattutto ultimamente, sono nati locali che danno molta più attenzione ad una scena indipendente. Purtroppo però, a fronte di questo, si trova un problema nel pubblico: noi personalmente il nostro seguito lo abbiamo e siamo fortunati, ma in generale manca l’attitudine per cui si va ai concerti per ascoltare la musica, e non per il nome.
A chi suggerireste di ascoltare i judA?
Come ci dissero una volta alla fine di un concerto, “a tutti gli aspiranti tossicodipendenti”! [ridono, ndr] Suggeriamo la nostra musica a tutti coloro che riescono a dare un pezzo di loro alla società in cui vivono, a quelli che vivono le emozioni e che siano capaci di dar loro uno sfogo, anche artistico.
judA w/Laura degli Psychovox - Foto di Carlo De Filippo
judA live @ Honky Tonky
Componenti: Marco (basso e voce); Sergio (chitarra); Alberto (batteria)
Città: Seregno, Ragusa/Cusano Milanino; Bergamo
Genere: alternative-rock
MySpace: http://www.myspace.com/judabox