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 La Casa delle Culture, Novaluna, Bonvena e il Comune di Monza presentano la seconda parte del ciclo “Gente che viene, gente che va” con spettacoli e incontri. Abbiamo intervistato il musicista Roberto Zanisi che si esibirà con Arsene Duevi

Prosegue il ciclo di incontri Gente che viene, gente che va, la serie di iniziative che ha messo al centro le problematiche dei migranti, la forza e le paure di tutte quelle persone che sono costrette a lasciare il loro paese e le loro abitudini a causa di guerre o persecuzioni.  La prima serie di incontri ha avuto un grande successo, le serate hanno suscitato l’interesse di centinaia di monzesi curiosi di approfondire questo delicato tema.

Per la seconda parte – Parole, suoni, immagini, colori - si farà un passo avanti rispetto a quanto analizzato nelle prime serate; ci si concentrerà sull’inserimento di chi ce l’ha fatta, sull’accoglienza e l’integrazione di quanti si sono introdotti nella nostra comunità. Verranno analizzate le politiche sociali e culturali attuate nei confronti dei nuovi cittadini e verrà dato spazio ad espressioni artistiche e culturali di altri Paesi.

Saranno serate ricche di interviste, musica e fotografie.

L'apertura si terrà venerdì 29 aprile con uno spettacolo musicale di Roberto Zanisi e Arsene Duevi. Un polistrumentista e un artista togolese in grado di unire e farci conoscere le culture e i ritmi di diverse parti del mondo. Preceduti da Nyounu Sciura (Bella signora), video musicale dedicato a Monza che lancia il loro nuovo album (Haia), con le sue storie che partendo dall’Africa arrivano fino alla città di Teodolinda.

Abbiamo colto l'occasione di Parole, suoni, immagini, colori per intervistare Roberto Zanisi, 

 

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Imbracci strumenti diversi tra loro e provenienti da diverse parti del modo, come riesci ad unire i suoni e rimescolarli tra loro?
Suono sia strumenti a corda che percussioni. In un concerto  come quello che terrò al Teatro Binario 7, mi concentrerò maggiormente sulle prime. Nasco come chitarrista, ma poi mi sono imbattuto in altri strumenti viaggiando tra paesi asiatici e africani e scoprendo sonorità nuove. Non sono come Arsene che proviene  dal Togo e suona musiche togolesi, io sono un italiano che usa strumenti di altri paesi, non necessariamente suonando la loro musica ma utilizzando i loro strumenti per suonare qualsiasi genere.

Dove hai imparato a suonare? Qual è la tua formazione?
L’unico strumento per il quale ho avuto un maestro è ii darbuka. Per il resto sono autodidatta. Tra l’altro, per raccontarvi una curiosità, il cumbus turco sono l’unico a portarlo in giro per il mondo. E' uno strumento di nicchia anche in Turchia e non viene utilizzato da tutti. Mi sono inventato un modo tutto mio per suonarlo e ho unito il mio studio della chitarra alla pratica di suonare diversi strumenti a corda.

Cosa ti fa scegliere uno strumento, con quali criteri decidi di usarne uno invece che un altro?
Vado a sensazione, mi piace molto ascoltare e poi sperimentare finchè non trovo il suono giusto. Cerco di capire quali generi stanno bene tra loro. Infatti ho unito il blues alla musica africana, al rebetiko, al fado e alla musica latina. Sono mondi apparentemente diversi ma tutte musiche che nascono dalla contrapposizione tra la sofferenza e la gioia di vivere. Ho unito culture apparentemente diverse ma fondamentalmente simili. La scelta, quindi, è inizialmente istintiva ma poi, anche insieme a Saul Beretta (direttore artistico di Musicamorfosi, Ndr), le decisioni vengono studiate.

Tu e Arsene avete già collaborato e fatto concerti insieme, come unite in una sola serata ritmi così differenti?
Sì, sono dieci anni che suoniamo insieme; parallelamente suono anche da solo e collaboro in altri progetti contaminati dal jazz. Arsene l’ho conosciuto appena arrivato in Italia, l’ho scoperto insieme a Saul ed inizialmente lui suonava il basso. Anche lui, come me, suona da solo ma per le collaborazioni siamo sempre insieme, supportati dai Supercori e da altri grandi musicisti. Quando facciamo concerti insieme adeguiamo i nostri stili, lui canta e io suono corde e percussioni, quando non ci sono altri percussionisti con noi.

Le vostre sono canzoni che contagiano, che trasmettono voglia di vivere. Qual è il senso del vostro essere musicisti e delle vostre esibizioni?
Vogliamo far passare delle emozioni, riuscire ad emozionare e commuovere, gioire e piangere. Tocchiamo tanti argomenti forti. Le canzoni di Arsene, per esempio, parlano della sua esperienza e della sua tradizione con grande trasporto emotivo. Insomma, non facciamo canzonette. Il disco non a caso si chiama Haya, gioia di vivere. Vogliamo salire sul palco e trasmettere gioia di vivere a tutti.

Sicuramente una cosa in comune  tra di voi è l’essere attivi nel sociale. Pensate che la musica e l’arte, le vostre in particolare, possano avere un ruolo concreto?
Assolutamente sì. Io, oltre ad essere musicista, faccio l’insegnante. Lavoro nelle scuole, di musica e non, e cerco di aiutare persone con più problemi degli altri. Per me è, quindi, fondamentale collegare la musica all’aiutare le persone in difficoltà. Utilizzo la musica come mezzo per esprimermi. Ma la musica e l’insegnamento sono collegate. Non voglio essere superficiale e utilizzo la musica in tutti i sensi che questa ha per aiutare gli altri.

 

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lab redazione mondo 300laboratorio di giornalismo dedicato all'intercultura e all'immigrazione sul territorio brianzolo tenuto da Daniele Biella, promosso da Africa 70, Arci Scuotivento, Comune di Monza e Vorrei con il sostegno di Fondazione Monza e Brianza.

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