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A Villasanta per il weekend di iniziative organizzato dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con il locale Gruppo d’Acquisto Eco-Solidale, lo studioso ha parlato di multinazionali e di agricoltura

 

L’incontro di venerdì 8 aprile 2016 dal titolo “Mangio locale, penso globale”, svoltosi in Villa Camperio a Villasanta, ha toccato un tema sempre attuale, l’alimentazione, un fatto quotidiano con ripercussioni su più fronti, a livello di salute, ambientale ed etico.

Il primo relatore è stato Francuccio Gesualdi, attivista e autore di vari libri e articoli riguardanti lo sfruttamento del lavoro, il potere delle multinazionali, il problema energetico, gli squilibri tra Nord e Sud del mondo, l'inquinamento (due tra i molti titoli significativi del suo pensiero sono “Dalla parte sbagliata del mondo” e “Sobrietà”). Ha illustrato il tema dei “Padroni del cibo” tramite slide e dati elaborati dal “Centro nuovo modello di sviluppo”: un piccolo gruppo da lui fondato oltre vent’anni fa, fatto di tre famiglie che a partire da fine anni Settanta sono attive socialmente e come gruppo di studio sull’impatto dei sistemi economici nella vita delle persone, per fornire informazioni su come acquistare e consumare in modo critico.

«Tutto è partito da una logica di partecipazione e responsabilità da cittadini, che sta diventando sempre più rara anche in democrazia - spiega Francesco Gesualdi - Occorre essere consapevoli per ricercare un modo di vivere bene centrato sulla persona, per uscire dalla logica dei consumi e dei rifiuti che porta le nostre società occidentali ad ammalarsi perché si mangia troppo».

Un campo di grano può essere visto come cibo per nutrirsi o merce per arricchirsi.

«Un campo di grano può essere visto come cibo per nutrirsi o merce per arricchirsi. Nel primo caso si ricerca un’agricoltura del rispetto della terra per non impoverirla, una sicurezza duratura, salubrità e sostenibilità che consentano di avere cibo per tutti e lavoro dignitoso». Nel secondo caso si tratta di agricoltura di rapina, di saccheggio, che deve dare un’alta resa e un profitto per gli imprenditori. È un’attività che segue una logica illuminista e produttivista, dove l’uomo domina la natura grazie alla tecnologia e dove il cibo c’è solo per chi può pagarlo. Qui la filiera agro-alimentare inizia nell’industria chimiche e biologiche delle sementi; bisogna poi ricorrere ai fertilizzanti e insetticidi per uccidere i nemici che insidiano il raccolto e ai mezzi meccanici alimentati dal petrolio: questi fattori contribuiscono all’inquinamento e, alla lunga, ai cambiamenti climatici, perché aumentano le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Così, l’agricoltura industriale utilizza fra le 80 e le 100 unità di energia esterna per ottenere un’unità di energia alimentare (quella manuale ne impiega solo 4); inoltre, questo tipo di coltivazioni assorbe il 70% del consumo umano di acqua. Infine, pesanti conseguenze ambientali derivano anche dall’erosione dei sottili strati di suoli fertili e dalla perdita di biodiversità e specie locali a causa dell’introduzione di estese piantagioni che hanno soppiantato le foreste e di monoculture intensive in mano a pochissimi potenti gruppi industriali.

9788835024583BNell’immediato i fertilizzanti garantiscono alte rese, ma nel lungo periodo l’eccesso di sostanze chimiche deteriora i suoli fino a renderli improduttivi. Inoltre, sementi e pesticidi sono due settori intrecciati: molte imprese presenti nell’uno sono presenti anche nell’altro. I loro incassi valgono circa 40 miliardi di dollari ciascuno, e un pugno di 5 o 6 multinazionali come Syngenta, DuPont, Bayer, Monsanto controlla tra un terzo e un quarto del mercato mondiale. Questo incastro rappresenta una rovina per i contadini del Sud del mondo, che si indebitano per comprare dagli intermediari l’occorrente per preparare i campi e se il raccolto va male si suicidano perché non possono ripagare il dovuto.

Infine, ci sono molti passaggi tra produttori agricoli e consumatori finali: grossisti, distributori, supermercati, ognuno alla ricerca di una percentuale di profitto. Le multinazionali del commercio agricolo mondiale sono anch’esse quattro colossi che si spartiscono la quasi totalità di cereali, soia e oli di semi. C’è poi chi si specializza monopolizzando importanti settori dell’industria alimentare di trasformazione, come Barilla per le farine, Ferrero e Mars per il cioccolato, Nestlè per il latte, Cremonini, Aia, Amadori, Mc Donald’s per la carne.

Si può guadagnare sul cibo anche tramite la speculazione finanziaria, che consiste nel trarre vantaggio sulle variazioni dei prezzi, acquistando e rivendendo in borsa al momento opportuno. Un’altra pratica diffusa è il land grabbing, il furto di terre fertili da coltivare per ottenere cibo o bio-carburante: negli USA, un terzo del mais coltivato viene utilizzato per produrre bio-etanolo. In Africa, in Etiopia in particolare, nonostante le carestie e il 30% della popolazione denutrita, le terre migliori e più irrigate, con un’estensione pari a 5 volte l’Inghilterra, vengono coltivate per l’esportazione nei paesi ricchi e per le loro esigenze sempre crescenti.

Per aumentare i profitti non si esita poi a tenere il costo del lavoro basso, anche a costo di condizioni di vita inumane dei braccianti raccoglitori anche in Italia, come venuto alla luce dai fatti di cronaca di Rosarno. Ma le situazioni più preoccupanti di schiavitù minorile diffusa si riscontrano nelle piantagioni di cacao e caffè di piccoli produttori costretti a vendere al prezzo imposto dalle multinazionali in America Latina e In Africa occidentale, soprattutto in Costa d’Avorio, Burkina Faso e Mali. Attualmente, nel mondo ci sono ancora più di un miliardo di “working poors”, braccianti a giornata che pur lavorando sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, cioè sotto la soglia di povertà fissata dalla Banca Mondiale.

«È dimostrato ormai che la fame non è un problema di scarsità di cibo, perche se ne produce in eccesso e se ne spreca - afferma netto Francesco Gesualdi - È un problema economico, di cattiva distribuzione delle risorse perché moltissime persone al mondo non possono permettersi di comprarlo». Così, per contrastare la sovrapproduzione di cereali siamo spinti a consumare cibo trasformato, in particolare la carne: infatti il 40% dei cereali prodotti nel mondo sono utilizzati nei mangimi per animali. L’allevamento, a sua volta, produce il 15% dei gas a effetto serra del mondo e consuma enormi quantità d’acqua: servono 15.415 litri d’acqua per produrre un chilo di carne di manzo contro i 336 occorrenti per ottenere un chilo di fagioli.

La sovranità alimentare deriva dalla concezione alternativa e positiva dell’agricoltura di cui si parlava all’inizio, che favorisce l’equilibrio dell’ambiente anche grazie al risparmio di energia dato dal consumo locale. Proprio per favorire questo tipo di consumo critico, promuovendo uno stile di vita ecologico e sostenibile ed evitando i passaggi della grande distribuzione organizzata, sono nati i Gruppi di acquisto solidale in Italia negli anni '90. In questa associazione, presente anche a Villasanta, i cittadini si incontrano e organizzano per acquistare insieme da piccoli produttori, secondo criteri di rispetto e solidarietà per le persone e l'ambiente, preferendo prodotti biologici o aziende dove lavorano persone svantaggiate. Gli ordini sono settimanali, mensili o periodici a seconda del tipo di acquisto: si compra di tutto, soprattutto alimentari ma anche detersivi, cosmetici o servizi, cercando di stabilire patti fiduciari tra consumatori e produttori. La merce termina di essere solo un prodotto e diventa uno strumento di relazione.

 

desbri

 

Questa è l’alternativa possibile al modello di consumo corrente proposta da Giuseppe Vergani del Distretto di Economia Solidale della Brianza (DESBri), attivo dal 2006 in forma di Associazione di cooperative, persone fisiche, associazioni e GAS. Un esempio del lavoro del DESBri è il “Progetto Spiga & Madia”, la ricostruzione di una filiera completa di pane dal campo alla tavola, come nella tradizione. –E’ la dimostrazione che può ancora esistere agricoltura biologica e di qualità in Brianza, una delle province più cementificate d’Italia, negli spazi attorno alle nostre città. –Siamo ripartiti dal seme di frumento di varietà locale, piantato in alcuni campi a Caponago, abbiamo poi cercato mulini che macinassero ancora a pietra la farina necessaria di volta in volta, il forno a legna… volevamo un cibo non solo buono da mangiare, ma anche da vendere, comprare e buono da pensare: per questo abbiamo stabilito un prezzo equo in tutti i passaggi prevedendo un fondo di solidarietà per evitare le sovvenzioni dell’Unione Europea senza cui oggi l’agricoltura non starebbe in piedi. Proprio appellandoci al diritto di tutti i cittadini alla scelta di cosa mangiare e alla sovranità alimentare abbiamo presentato un ricorso alla Commissione Europea contro l’esproprio dei campi utilizzati da Spiga e Madia per far posto alla Tangenziale Est-Esterna di Milano, la TEEM. Abbiamo perso ma la nostra esperienza ha fatto scuola in Italia- conclude Giuseppe Vergani.

La serata si è conclusa dando appuntamento al giorno dopo, sabato 9 aprile, in piazza del Comune di Villasanta. Dopo una colazione equo-solidale alla Casa dei Popoli il programma prevedeva un mercatino con alcuni fornitori del GAES che vendevano frutta e verdura, formaggi ma anche birra o calze in canapa o cotone ecologico. Era possibile anche cimentarsi nella produzione in proprio di un cosmetico, assaggiare il cibo di strada siciliano o far capire ai bambini il concetto di impronta ecologica tramite un laboratorio. Gli amanti della cultura potevano ‘assaggiare’ alcune poesie sul tema del pane in biblioteca o ascoltare le musiche popolari della Valfregia.

Se vi abbiamo incuriosito potete documentarvi su Internet ma soprattutto siete invitati giovedì 14 aprile alle ore 21 presso la biblioteca di Villasanta in Villa Camperio, via Confalonieri 55 per un incontro pubblico dal titolo “Brianza: cibo mangia suolo o suolo mangia cibo?”, sul consumo di suolo e di cibo ovviamente, ma non solo. Relatore sarà Andrea Di Stefano, giornalista e direttore della rivista di economia sociale, finanza etica e sostenibilità “Valori”, promossa da Banca Etica. Troverete anche materiale informativo su queste due realtà.