A Monza, ogni venerdì il centro di via Carrobiolo apre le porte alle donne straniere e italiane per un pomeriggio interculturale
“Il cielo in una stanza”, cantava Gino Paoli. Chissà che brano avrebbe scritto se avesse visitato Spazio Colore di Monza, quattro pareti che racchiudono al loro interno non solo il cielo, ma il mondo intero. Al numero 6 di vicolo Carrobiolo si trova infatti un luogo di ritrovo multiculturale al femminile che possiede allo stesso tempo qualcosa di frivolo e intimo e che, da donna, mi fa sentire subito a casa.
Nato nel 2005, Spazio Colore è un servizio gratuito offerto dalla Caritas Decanale di Monza insieme alla Cooperativa Novo Millennio, al Comune e alla Fondazione Monza e Brianza a tutte le donne della città, straniere e non. Ogni venerdì pomeriggio una ventina di curiose provenienti da paesi differenti si ritrova nella sala a loro dedicata all’interno del Centro Educativo del Carrobiolo per chiacchierare, discutere di attualità e dare libero sfogo alla creatività con i laboratori artistici. È da qui che spesso mogli, ragazze e mamme straniere muovono i primi passi verso l’integrazione. A seguirle, e a organizzare le attività, c’è una squadra poliedrica tutta al femminile composta dalla psicologa Gaia Spinelli, dalle mediatrici Naima e Ara, e dalle operatrici sociali Monica Grassi e Federica Confortini. E poi, non mancano volontarie di ogni età.
«Spazio Colore vuole essere un luogo di incontro, di scambio, una stanza dove poter conoscere l’altro in un clima di calorosa accoglienza - mi spiega Gaia, che da anni lavora al centro - attraverso il confronto con il diverso si impara, si superano i propri limiti. Ed è così che si vince il razzismo». Rendere un posto accogliente significa cercare di venire incontro alle esigenze di ogni donna, anche di quelle con figli piccoli a carico. Per farlo, le ragazze del Carrobiolo hanno predisposto uno Spazio Bimbi nella stanza accanto a quella dei laboratori dove le mamme possono affidare a personale esperto i pargoli e regalarsi qualche ora di tranquillità con le attività pomeridiane.
Un servizio di questo tipo, aperto e fruibile senza alcun limite di età o di altra natura, sembra una risposta valida al bisogno di integrazione delle migranti. «Si tratta di donne per lo più in Italia per ricongiungimento familiare. Arrivano, non parlano la lingua, non hanno un lavoro. Per loro non è facile entrare a far parte della comunità. E i pregiudizi, dettati per lo più dalla diffidenza, li hanno anche loro. L’unico modo per aprire a queste persone un varco nella società è creare occasioni di incontro, veri ponti in grado di connettere le culture e i popoli al di là delle differenze», continua Gaia. In questo senso, la prima parte del pomeriggio dedicata al Salone delle Idee, ovvero al dibattito, si rivela fondamentale. Lo è stato per esempio in seguito ai fatti di Charlie Hebdo, quando soprattutto le donne mussulmane hanno avuto l’occasione di esprimere le proprie idee al riguardo e condannare la violenza dell’attacco contro i redattori del giornale parigino.
La mia visita è quasi terminata. Intorno alle 17, prima di salutarsi, Spazio Colore si trasforma in un salotto da tè. Naima ha preparato il tradizionale infuso alla menta, bollente e zuccheratissimo. Viene dal Marocco, come lei. Nella stanza si diffonde un profumo dolce e fresco mentre fuori il temporale scuote i rami. Intanto, Eyenoon dal Bangladesh ridacchia insieme alla sua amica e cerca di spiegarmi con un italiano un po’ zoppicante perché le piace venire a Spazio Colore. Non trova le parole, chiede ad Ara, la mediatrice bengalese, di aiutarla. Eyenoon le parla e Ara ride. Poi mi riferisce sorridendo: «Dice che le piace venire qui perché si diverte: può fare quello che a casa non fa!»
laboratorio di giornalismo dedicato all'intercultura e all'immigrazione sul territorio brianzolo tenuto da Daniele Biella, promosso da Africa 70, Arci Scuotivento, Comune di Monza e Vorrei con il sostegno di Fondazione Monza e Brianza.
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