Giampietro Corbetta si è sempre dedicato all’attività politica per passione, affiancandola alla propria attività privata di promotore editoriale. Tra i personaggi a cui avremmo voluto dar voce, ci è sembrato opportuno chiedere a lui, che per 15 anni è stato sindaco di Veduggio e che ora bazzica tra le file del PD nostrano, di misurare il polso della Brianza.
Nelle prossime righe Corbetta ci spiegherà come vede i mutamenti in corso nella nostra provincia, quali sono secondo lui le priorità da affrontare a livello locale nel prossimo futuro, qual è il potenziale ruolo della politica nelle trasformazioni in atto e perché preferisce ancora oggi vivere in Brianza.
Foto di mauroppp
Innanzitutto,
le chiediamo se può presentarsi ripercorrendo brevemente il suo
percorso.
Giampietro
Corbetta nato a Veduggio ormai 61 anni fa. Ho svolto in passato e
svolgo tuttora con grande piacere l’attività di promotore
editoriale, ho lavorato per diverse, anche importanti, case editrici
come Mursia, Jaca Book e Le Lettere. Mi auguro di proseguire a lungo,
amo questo mestiere. Tra i miei grandi difetti c’è sempre stata
anche la politica: nato nelle file della Democrazia Cristiana, ho poi
percorso un iter comune a molti, passando per il Partito Popolare, la
Margherita e approdando oggi, non senza riserve, al Partito
Democratico. Sono stato sindaco di Veduggio dal 1980 al 1995, poi
coordinatore dell’Ulivo a Seregno, candidato, va detto, senza
speranza per la Camera nel 2001 e per le regionali nel 2005; a queste
ultime sono risultato primo tra i non eletti.
La Pedemontana, a mio modo di vedere, distruggerà quel che resta della Brianza, sarà il trampolino di lancio per un ulteriore grave consumo di territorio.
La
Brianza oggi è in grande mutamento, forti pressioni infrastrutturali
e urbanizzative, densificazione abitativa, avanzata della periferia
metropolitana, problemi d’integrazione, crisi della vocazione
produttiva. Come vede questa terra oggi e in futuro?
Dimenticavo
prima di dirvi che sono stato tra i promotori del Parco regionale
della Valle del Lambro, parte del direttivo negli anni ottanta e
tutt’ora parte del suo Consiglio di amministrazione. Dico questo
poiché da tempo ritengo che la “questione ambientale” sia la
vera emergenza delle Brianza. Questo territorio sta vivendo sulla
propria pelle un grave problema, quello della cementificazione. È
grave poiché è un fenomeno difficile da scongiurare: i comuni oggi
hanno problemi di bilancio e condizioni economiche meno favorevoli
del passato, il modo più diffuso per risolvere la situazione è
l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione come moneta spendibile in
altri campi, ad esempio, per poter dare alla cittadinanza i servizi
richiesti. Mentre questo avviene, il territorio è dimenticato,
rischia di andare perduto, e con lui la nostra identità. Se vogliamo
fare un esempio eloquente è opportuno citare il caso Pedemontana. La
Pedemontana, a mio modo di vedere, distruggerà quel che resta della
Brianza, sarà il trampolino di lancio per un ulteriore grave consumo
di territorio. La storia insegna: prendiamo il caso della Valassina,
ora corre tra due ali di capannoni meno che a Veduggio, dove al tempo
ci impegnammo a fare un PRG attento a questo aspetto. Quello che va
denunciato è anche l’errore filosofico, di fondo, che soggiace a
opere come la Pedemontana, l’assurda prosecuzione di un modello di
trasporto privato a discapito delle risorse che potrebbero essere
investite nel trasporto pubblico.
Quali
sono, a suo modo di vedere, le grandi trasformazioni che hanno
interessato la Brianza negli ultimi anni?
La
Brianza è sempre stata un luogo della produzione, un luogo dalla
forte vocazione industriale. Ecco, oggi vedo che questa vocazione si
va perdendo, la nuova generazione di imprenditori è una generazione
di investitori in borsa. La finanza ha fatto gola perché in essa si
è vista la possibilità di fare quattrini in modo più rapido e meno
faticoso, nessuno se la sente più di lanciarsi in investimenti di
lungo termine, è sempre più rara una visione progettuale e
strategica. Dietro alla cementificazione e a questa proliferazione
della finanza sta la brama di denaro, dell’avere e delle grandi
quantità.
Alla
luce della situazione che abbiamo appena fotografato, quali sono a
suo giudizio le priorità d'intervento per la Brianza di oggi?
Se c’è
una priorità oggi per la Brianza, si tratta di una priorità
culturale; è necessario che la Brianza oggi cambi mentalità. Questa
terra è cresciuta nel mito dell’avere, delle grandi quantità, dei
“danè” (soldi). Oggi sarebbe forse il momento di guardare ad
altro, dato che abbiamo tutto e troppo, di rivolgere la nostra
attenzione agli aspetti qualitativi della vita. Ben vengano quindi
riviste, giornali che facciano riflettere, ragazzi che abbiano voglia
e che si buttino nell’avventura politica, eh sì, perché la
politica è l’unico mezzo che permetta un cambiamento, bisogna
entrare nella stanza dei bottoni.
È
possibile conciliare lo sviluppo economico con la
preservazione dell'ambiente e di una identità territoriale?
Le
domande e quindi le risposte sono strettamente interconnesse. Si
tratta di acquisire la capacità di fermarsi e di uscire dalle
logiche a senso unico. Mi ha fatto molto riflettere, ad esempio, il
discorso delle compensazioni attorno alla Pedemontana: qualcuno si
può considerare soddisfatto se verranno costruiti nuovi edifici di
interesse pubblico o se si realizzeranno nuove piantumazioni, dopo
aver assistito alla distruzione dell’integrità di tutto il
territorio? La logica delle compensazioni è una logica pericolosa,
dovremmo sforzarci ora di rimeditare il nostro punto di vista,
provare a pensare di crescere un po’ meno.
Sembra
sempre più spesso che la politica recepisca il reale, che in qualche
modo subisca le trasformazioni in atto. Che ruolo e funzioni può
assumere la politica oggi nel governo delle dinamiche territoriali?
La
politica di oggi non guarda più ai bisogni dei cittadini e tende,
ahinoi, alla megalomania. Si imbastiscono grandi progetti e di questi
si fa l’essenza dello stare al governo. Qualche risposta me
l’aspetto dalla costituzione della nuova Provincia di Monza e
Brianza. La Provincia di
Milano era troppo slegata dai nostri contesti, qui abbiamo 800.000
abitanti e una situazione diversa, del tutto particolare, che non può
essere gestita con le stesse logiche della metropoli milanese.
Infine, un’alternativa di azione oggi ci potrebbe essere, l’ho
vista nascere lo scorso autunno in una importante riunione tenutasi a
Briosco: la creazione di un coordinamento di tutte le realtà
ambientaliste della Brianza. Se si riuscissero a mettere insieme gli
sforzi e la pressione di questi piccoli gruppi dispersi tra i 50
comuni della Provincia, il movimento inizierebbe ad assumere un certo
significato. Qualche buon passo è già stato fatto, ma il lavoro è
tanto e serve qualcuno che se ne faccia carico.
La logica delle compensazioni è una logica pericolosa, dovremmo sforzarci ora di rimeditare il nostro punto di vista, provare a pensare di crescere un po’ meno.
Come abitante e cittadino rimane ancora volentieri
in Brianza?
La
domanda mi coglie un po’ impreparato. Vede io abito a Veduggio,
quando apro la finestra vedo verdi boschi: sarà la mia situazione
privilegiata e il fatto di essere cresciuto e vissuto da queste
parti, ma l’idea di allontanarmi dalla Brianza non mi ha mai
nemmeno sfiorato. Mi piace molto di questa terra quel poco della
cultura contadina che è rimasta, una cultura dimenticata molto in
fretta, ma i cui segni sono, fortunatamente per noi, ancora visibili
nel territorio. Non mi piace…. bé, non mi piace la Pedemontana, la
sua logica, la distruzione e la speculazione che quell’opera
porterà nei nostri paesi.
Infine, vorrei che la Brianza recuperasse la sua capacità di accogliere, di aver davanti agli occhi il mondo e non solo la propria dimensione locale. Oggi è quanto mai necessario. Vorrei che si recuperasse la capacità di una serena interazione col diverso che sta avanzando, capire che la diversità è una ricchezza e non solo una terribile minaccia; la storia degli Stati Uniti d’America lo testimonia, hanno fatto fortuna grazie al crogiolo di razze.