Anna aveva 47 anni, due figli, e sarebbe presto diventata nonna. Una vita spesa a cercare la verità, a raccontarla. Una tenacia ed una inguaribile sete di giustizia, talmente forte da mandare all'aria il matrimonio con un uomo che la amava molto ma che non poteva più “vivere sul tetto di un vulcano in eruzione”. Prima che Anna diventasse nonna, qualcuno l'ha fermata. Un colpo di pistola è stato più efficace del veleno e, quella volta, i suoi assassini sono riusciti a cucirle la bocca per sempre.
Anna Politkovskaja, a due anni dalla sua morte, è stata ricordata in uno degli incontri del Festival Internazionale che si è tenuto a Ferrara dal 3 al 5 ottobre. Un pezzo di giornalismo raccontato ad una platea di alcune centinaia di persone arrivate nella città emiliana da tutta Italia, spinte dalla voglia di sapere come va il mondo. E, in questo caso, come va la Russia, nei racconti di due testimoni straordinari come Åsne Seirstad (giornalista e scrittrice novegese, inviata in Cecenia) e Milana Terloeva (giornalista e scrittrice cecena). Già, la Cecenia, quel pezzo di terra in nome del quale Anna ha dato la vita. La Cecenia e i suoi retroscena, le politiche oppressive del regime russo che hanno creato, in anni di guerra, il mostro ceceno riducendo un popolo resistente in un manipolo di terroristi. Anna, come ben racconta il film Letter to Anna di Eric Bergkraut, proiettato a Ferrara dopo l'incontro con le due giornaliste, ha raccontato i retroscena, ha smascherato le menzogne del regime e ha raccontato ai lettori di Novaja Gazeta quanto quella guerra – esattamente come tutte le guerre – fosse sporca.
E il suo assassino, è ancora a piede libero. I suoi mandanti, ignoti. Esiste, intanto, una lista piuttosto lunga di buone ragioni per metterla a tacere, e più di un sospetto su chi possa aver redatto quella lista: i vertici del governo russo, Vladimir Putin in testa. E finchè non verà fatta piena luce, i sostenitori dell'omicidio di stato potranno continuare legittimamente a sostenere le loro tesi, ad argomentare i loro sospetti. In attesa di una smentita. O in attesa che tutto si dimentichi e che il tragico “incidente” capitato ad Anna possa essere bastato a far desistere quanti ancora hanno voglia di collocarsi al di fuori dalle verità ufficiali, di provare a vedere se non c'è un'altra verità. Purtroppo (o per fortuna?) la morte di Anna non è bastata a mettere il silenziatore: Magomed Evloev, fondatore di un sito web molto critico nei confronti dell'amministrazione della repubblica russa d'Inguscezia, è solo l'ultimo di un lungo elenco di giornalisti ammazzati in Russia negli ultimi anni, elenco di cui fa parte anche Antonio Russo, corrispondente italiano di Radio Radicale.
Internazionale ha reso omaggio ad Anna e al giornalismo libero, in un caldo pomeriggio di inizi ottobre, e continuerà a farlo dando spazio alle (poche) voci libere e non ancora anestetizzate rimaste. Noi, dal nostro canto, proviamo a non dimenticare.