Privatizzazione, alienazione, dismissione o regalia? Una nuova Fondazione nell’Azienda San Gerardo di Monza fa scattare l'allarme dei sindacati.
Recentemente l’ospedale Azienda San Gerardo di Monza ha dato vita a una Fondazione privata a cui affidare la gestione di quattro reparti, Maternità, Ostetricia, Neonatologia, Pediatria ed Ematologia Pediatrica. Il sindacato USIs-CUB si è fatto promotore di un ricorso in tribunale in cui ha chiamato a rispondere di illecito l’Azienda opedaliera. Nonostante la sentenza di primo grado non abbia riscontrato illeciti (per il sindacato era già nel conto visto che l’Azienda opedaliera sta lavorando per questa dismissione da qualche anno con l’ausilio di esperti legali) l’USIs-CUB è intenzionata a ricorrere alla Corte dei Conti.
Secondo il sindacato di base «non vi sono ragioni plausibili perché sia necessaria tale alienazione»; le problematiche strutturali, laddove esistono, sono le stesse di tutti i reparti e possono essere risolte con la ristrutturazione generale già in programma. Questa operazione è quindi, sempre secondo USIs-CUB, «la semplice privatizzazione di un’attuale servizio pubblico». Essendo peraltro il servizio anche efficiente e di prestigio, sorge il dubbio che alla fine il vantaggio dell’operazione sia esclusivamente per il nuovo ente proprietario, e che ci si trovi innanzi ad una una sorta di regalia.
Non basta. Si aggiunge anche un progetto di costruzione di un nuovo edificio, destinato alla Fondazione, proprio dove ora c’è l’unico fazzoletto di verde rimasto al S. Gerardo davanti all’avancorpo. Il nosocomio s’ingrandisce smisuratamente. Da originale monoblocco si spezzetta in più gestioni su ulteriori edifici, diventando un’estesa massa di cemento armato, più o meno come è accaduto all’industria negli ultimi decenni: rapido sviluppo incontrollato e successivo declino con le delocalizzazioni prima e le esternalizzazioni dopo.
Tutto potrebbe tranquillamente starci, visto che le mode industriali cambiano spesso e volentieri, sembrerebbe, per stare al passo della concorrenza, se non fosse che la sanità, diversamente dall’industria privata, è stata costruita con le risorse pubbliche provenienti dalla tassazioni dei cittadini e quindi dovrebbe rispondere nel suo operarare a una deontologia istituzionale e non di mercato. Infatti qualche anno fa le aziende ospedaliere si chiamavano ancora Istituti.
La dismissione si inserisce comodamente nella politica regionale degli ultimi 15 anni, resta da sperare che l’industrializzazione e privatizzazione della sanità pubblica non segua poi anche il decorso dell’industria manifatturiera e quindi non venga delocalizzata nei paesi dell’est, come va tanto di moda oggi, oppure venga sostenuta a regime di bassi costi con assunzioni a contratti a termine di personale proveniente dai paesi dell’est, disponibile per bisogno anche ad essere sottopagato.
L’utenza, o meglio la popolazione tartassata del monzese, ancora non sa bene cosa stia accadendo e cosa comporterà questo bel progettone, gli unici veramente preoccupati, per il momento, sono solo i dipendenti dei reparti in dismissione, Ostetriche, Infermieri o Medici: come sarà possibile essere tramutati da un giorno all’altro da lavoratori pubblici a privati, rimanendo a lavorare negli stessi spazi di prima? Tutto questo quanto inciderà sulla qualità del servizio che diversamente dall’industria viene prestato a esseri umani in carne ed ossa e non a manufatti inorganici da vendere al supermarket?