Quando andavo a scuola io, alle elementari, alle medie e anche al liceo ci si andava a piedi. Ora nessuna mamma si fida più e ci sono le code dei SUV agli angoli e di fronte alle scuole. Quando finisce l’anno scolastico, come per incanto, il traffico complessivo pare quasi sparire:questo è evidente soprattutto in alcune strade vicino agli istituti. Cosa e come si può fare allora?
Se fossi un assessore al traffico e alla mobilità cercherei di lavorare di più su questo aspetto. Si faccia conto, che almeno per Monza, la realizzazione di una quadra di strade di scorrimento intorno alla città per impedire che il traffico di attraversamento passi praticamente a ridosso del centro storico come accade ora, secondo alcune stime fatte, comporterebbe un miglioramento nella scorrevolezza complessiva nell’ordine del 30% circa. Servirebbero però milioni di euro di investimenti in opere pubbliche. La diminuzione dell’ inquinamento da auto, se invece gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado andassero a scuola a piedi senza far allungare il percorso casa - lavoro dei genitori sarebbe sensibile.
Il Piano Urbano della Mobilità di Monza
Per questi motivi, da alcuni anni viene promossa da molti comuni la formula “Walk to School”. Monza è tra i capofila e da qualche anno ha potenziato l’iniziativa. Si tratta, in giorni particolari, di invitare gli allievi, soprattutto di elementari e medie, ad andare a piedi senza farsi accompagnare in macchina.
Le formule adottate sono diverse. Una delle evoluzioni più significative, già attive in alcuni comuni e sperimentata in qualche scuola a partire da fine 2006 a Monza, è il progetto “Pedibus”: si organizza il viaggio da casa a scuola passando in gruppo da alcuni punti di ritrovo prestabiliti, vere e proprie fermate simili a quelle di un pullman. Nonni civici, vigili, mamme e volontari guidano gli scolari nella loro “impresa”. In città la formula è stata molto apprezzata dai ragazzi; la difficoltà nel renderla continuativa e autosufficiente per periodi più lunghi sta nella poca disponibilità dei genitori. Penso però che insistendo si otterranno risultati via via migliori. Peraltro la formula “Walk to School”, oggi ancora sperimentale, ha ormai preso piede in tutto il mondo: sono 43 i paesi dell’OCSE che questo ottobre hanno aderito: tra questi ci sono gli USA con 50 stati, assieme a Gran Bretagna, alla vicina Svizzera e alla Francia. Interessante al riguardo un recente articolo di Paolo Hutter, pubblicato sul “Venerdì di repubblica”
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Personalmente preferisco un modo più “spontaneo” di andare a scuola, cioè in due o in tre con un compagno, un amico o il vicino di casa, piuttosto che come una “carovana” blindata. Forse si è però persa l’abitudine di farlo. E questo lascia pensare.
Mi riesce difficile capire i reali motivi che spingono i genitori a non mandare figli a scuola, anche se vicina, con le loro gambe. Taluni sollevano problemi di sicurezza del percorso; ma altre mamme non riescono a rinunciare a trovarsi con le amiche al bar vicino alla scuola. Di certo si tratta di un problema anche educativo da discutere in sinergia tra genitori e insegnanti. Sarebbe troppo facile dire “ormai andiamo tutti in auto” e quindi che non sarebbe logico chiedere ai propri figli di arrangiarsi come si faceva pochi anni fa. I tempi sono cambiati e con loro le nuove generazioni.
Ma è sotto gli occhi di tutti che, chiuse le scuole, il traffico diminuisce ancora prima che inizino le vacanze e le ferie. Ed è ormai evidente che si tratta di un problema di primaria importanza: la mattina siamo tutti in coda a passo d’uomo, cercando di arrivare sul proprio posto di lavoro, dove gli orari sono sempre più flessibili.
Forse allora in questo, oltre a mezzi pubblici più frequenti ed efficienti, potrebbero darci una mano anche loro: i nostri figli. In fondo, ci impegniamo per farli crescere meglio, sempre più autonomi, indipendenti e responsabili. O sbaglio?