Nel giorno della grande manifestazione a Roma, gli studenti e i ricercatori degli atenei pubblici milanesi occupano piazza Duomo con assemblee e lezioni all'aperto
La mobilitazione prosegue. I lavoratori e gli studenti dell'Università degli Studi di Milano stamattina hanno sfilato in corteo dentro l'edificio di via Festa del Perdono per poi occupare Piazza Duomo insieme a quelli degli altri atenei statali cittadini. Tra lezioni all'aperto e dibattiti tenuti sia da semplici studenti che da organizzazioni e collettivi di ogni tipo, ancora una volta chi vive l'università e la ricerca ha ribadito il proprio rifiuto categorico ai piani dei ministri Gelmini e Tremonti.
Rispetto alle altre proteste di questi ultimi mesi, si è intravisto però qualche elemento di novità, quasi di svolta. Non poche persone intervenute ai megafoni hanno sottolineato con una forza inedita due questioni con le quali prima o poi il movimento dovrà fare i conti. La prima è che il "no" al piano del ministro Gelmini si deve necessariamente accompagnare ad un progetto che riformi davvero e in profondo l'università. «Si scrive che a protestare sono gli studenti, i ricercatori e i professori – ha dichiarato un assistente – ma i professori qui non ci sono: dobbiamo combattere i baroni, che con il ministro si sono già accordati, e che servono come scusa ai militanti di destra per legittimare i tagli».
La seconda questione sollevata da altri manifestanti è che la crisi in qualche modo bisognerà pur pagarla. Il riferimento all'efficace e pervasivo slogan degli studenti "noi la crisi non la paghiamo" è evidente. Al di là del fatto che, secondo logica, a pagarla non dovrebbero essere certo l'università o la ricerca, bensì i politici, i banchieri e i loro sprechi (quelli sì che lo sono!), quest'affermazione testimonia che il movimento di protesta non ha certo le caratteristiche di ottusità che la destra al potere gli attribuisce. Al contrario, gli studenti e i ricercatori sono ben consapevoli che dalla congiuntura negativa in qualche modo bisognerà uscirne. Ma non certo come vogliono i membri dell'elite privilegiata che ci governa.