200812-municipio.jpg

C

on l’avvento della Giunta Mariani, l’istituzione di un assessorato alle Politiche Giovanili ha rappresentato un fatto oggettivamente innovativo per le istituzioni e la politica monzese.
Un fatto politico, perché ha significato il riconoscimento della necessità per le istituzioni di darsi una “politica per e con i giovani” così come sta avvenendo in molte altre città italiane (solo nel mantovano ne esistono 35, di assessorati) e della Brianza (Desio, Vimercate etc.).
Un fatto “simbolico”, perché ha dato riferimento e immagine ai giovani e a chi se ne occupa in città.
Un fatto infine sociale: perché si è cercato di uscire dal “limite-ghetto” di voler intendere “interventi sui giovani” solo quelli che riguardano la devianza e il disagio, o quelli limitati alle fasce minorili ed adolescenziali. Con questa scelta invece, si riconosce a pieno titolo l’importanza delle azioni a favore degli over 16 e soprattutto si individuano i giovani in quanto risorsa positiva per la costruzione della futura società.

Ma cosa dovrebbe fare un assessorato alle Politiche Giovanili?
Sostanzialmente tre cose:

  1. darsi una strategia e dei contenuti che sappiano individuare finalità, obiettivi, modalità, risorse necessarie;

  2. svolgere una funzione di coordinamento inter-assessorile tra le diverse deleghe che trasversalmente riguardano i temi giovanili: sociale, cultura, lavoro, formazione, comunicazione, ambiente, la stessa urbanistica;

  3. promuovere, accompagnare e sostenere i processi partecipativi di chi già opera nel campo giovanile in città da un lato e dall’altro saper favorire processi di partecipazione che vedano i giovani protagonisti attivi.

Due invece i rischi insiti nelle esperienze degli assessorati alle Politiche Giovanili:

  • l’autoreferenzialità, il pensare cioè che con l’istituzione di un assessorato si esaurisca la fetta di politica “per i giovani”. Si crea quindi un assessorato separato dagli altri e dai soggetti sociali che si occupano delle stesse problematiche;

  • il rischio di diventare di fatto una sorta di “ministro senza portafogli”, cioè una pura operazione di immagine, più funzionale all’immagine dell’Assessore che al poter realizzare realmente le azioni necessarie.

Tempo di Bilanci
L’avvio dell’esperienza del giovane assessore Sassoli è stato quindi giustamente salutato da ampie attese e da un clima positivo. Le sue prime indicazioni e scelte hanno confermato un inizio promettente: l’esposizione di “Linee Guida” sostanzialmente condivisibili, la messa in piedi di un vero e proprio Ufficio Politiche Giovanili e l’avvio di una propria Commissione Comunale; infine la continuità ai progetti più importanti della precedente amministrazione: Overground, Solstizio d’inverno, educativa di strada. Tutte iniziative da accogliere con favore.

Dopo più di un anno di amministrazione è però oggi possibile individuare anche forti criticità, soprattutto confrontando lo stato delle cose con ciò che abbiamo poco sopra definito ruolo e funzione dell’Assessorato.

È stato, questo, anche un anno caratterizzato da chiusure e mancanze.

Le chiusure:

  • non è stato fatto nulla per impedire la chiusura del Centro per il Lavoro, l’unico servizio concreto di riferimento per sostenere i giovani nella ricerca e nell’orientamento lavorativo;

  • dopo aperture formali e di maniera, l’assessore Sassoli si è mossa per chiudere e quindi rischiare di sciogliere l’esperienza del FOA Boccaccio, senza volersi dare quei tempi, quelle modalità e quelle mediazioni necessarie a tenere insieme il necessario sgombero dell’area con la possibilità di individuare altre soluzioni per i giovani;

  • il superamento dell’esperienza ventennale del Centro Socio-Culturale Cederna con la definizione di un appalto per lo meno molto discutibile, teso ad estromettere i gestori precedenti ed a favorire la presenza di nuovi, secondo il classico e vecchio copione della politica teso ad aiutare gli “amici degli amici”.

Un comune denominatore sembra aver caratterizzato queste scelte di chiusura: l’impressione è che l’assessore sia stata “eterodiretta” o comunque fortemente condizionata da persone “adulte” e potenti politicamente quali l’assessore alla Famiglia Stefano Carugo (su Centro per il lavoro e Csc) e il vice-sindaco Dario Allevi ( per quanto riguarda la FOA Boccaccio).

Le mancanze di questo Assessorato riguardano proprio due cardini del suo potenziale ruolo:

  • sono assenti dagli interventi le tematiche del lavoro, del credito, della casa, dell’informazione e orientamento, dei giovani stranieri, probabilmente proprio per una sbagliata interpretazione della funzione di interassessoralità che non è stata adeguatamente sviluppata;

  • è parimenti assente quella “partecipazione assieme al confronto attivo” più volte annunciata; assente nei confronti dei giovani, della rete dei soggetti socio-culturali; assente nell’istituzione stessa, con il blocco della commissione comunale, e politicamente, nei riguardi della stessa opposizione in aula consiliare, nonostante la disponibilità a collaborare.

Tempo di proposte
Il prossimo sarà un anno importante per la politica e per i giovani di Monza; sarà quindi fondamentale capire se e come Amministrazione e assessorato intendono muoversi.

Sul tavolo ci sono opportunità, scadenze e nuove domande.

1. Il recente accoglimento del progetto Hub Young, del quale si parla estesamente in questo numero della rivista, è oggettivamente una grande opportunità (sociale ed economica) per la città e per i giovani.

La valutazione della validità o meno di questa esperienza passerà necessariamente da alcune lenti di lettura prioritarie: si rivelerà una grande ed elefantiaca operazione di immagine, fatta ancora una volta da adulti sulla testa dei giovani, con grande spreco di risorse? Oppure si trasformerà in una grande opportunità per i soggetti interessati attraverso un reale protagonismo giovanile?

2. Il rinnovo degli appalti per i Cag (Centri di Aggregazione Giovanile) monzesi rappresenta una scadenza importante per capire se potranno diventare reali alcune istanze e attese. Serve un appalto che oltre ad essere trasparente, corretto ed adeguato, sappia nella sua definizione individuare con chiarezza obiettivi, target, modelli culturali ed educativi e le risorse adeguate per il loro sviluppo. Infatti dopo molti anni di esperienza nei Cag crediamo ci sia la necessità di spazi adeguati, dell’aumento dell’età di riferimento (non solo fino ai 14 anni) e di un profondo cambiamento innovativo del modello finora realizzato: meno “dentro gli spazi”, più presenti nei quartieri-città. È con questo rinnovamento dei Cag che si andrà a giocare buona parte delle politiche giovanili nelle periferie, troppo spesso dimenticate e abbandonate dalle iniziative culturali e sociali;

3. la grande crisi economica di questi giorni, l’avvento diffuso del precariato formativo, lavorativo ed abitativo, l’aumento della presenza di adolescenti e giovani immigrati, così come l’emergere di “indicatori di vuoto” e “indicatori di voler esserci”, sono tutti aspetti che riguardano moltissimi giovani anche della nostra città. Non ci si può più permettere, come fatto l’anno scorso, di rinviare o peggio rimuovere attenzione e progettualità su questi temi che anche l’assessorato alle Politiche Giovanili è chiamato a proporre e sviluppare.

In conclusione, crediamo che il prossimo anno possa davvero svelarci se per Monza l’assessorato alle Politiche Giovanili sarà stata una pura operazione di “marketing” politico sulla testa dei giovani monzesi oppure una opportunità, certamente difficile ma positiva, per l’insieme dei giovani stessi.