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omeriggio d’inverno, ora del tè, conversiamo per una buona mezzora con Marco Pirola, da quattro anni alla guida dell’Esagono. Per i suoi detrattori fautore della virata verso il gossip politico e la cronaca clamorosa, a suo giudizio semplice autore del giornale che i suoi lettori vorrebbero leggere.
Durante la nostra chiacchierata c’è stato il tempo per parlare di giornalismo e nuove tecnologie, del rapporto tra giornale e territorio e di quello tra editore e giornalisti, e infine del lacunoso panorama dell’informazione brianzola.
Che ruolo ha il suo giornale in questo contesto territoriale?
L’Esagono nasce come giornale dalla forte caratterizzazione sportiva. Arriviamo nel territorio di Monza e Brianza come terzi, dopo Il Cittadino e dopo il gruppo Netweek. Da quattro anni a questa parte, da quando ho assunto la direzione, abbiamo sviluppato e seguito molto anche la cronaca, con particolare riferimento alla politica e alle sue curiosità. Molti dei nostri detrattori dicono che facciamo “gossip politico”, in verità, scriviamo solo ciò che interessa il nostro lettore.
Qual è il lettore-tipo del suo giornale?
Abbiamo due tipologie di lettore. Il primo tipo è il lettore sportivo, affezionato tradizionale delle nostre pagine, che compra il giornale perché il lunedì trova direttamente tutti i risultati del campionato di calcio e di molti altri sport in netto anticipo sulla concorrenza. Da qualche anno si è composto un secondo gruppo di lettori a cui interessano le vicende e l’approfondimento politico.
Crede che il suo giornale abbia un ruolo nella formazione dell'opinione pubblica?
Il ruolo e l’incisività del giornale nascono dalla qualità di quello che si scrive. Se si fa questo lavoro seriamente si incide sul modo di pensare dei lettori, altrimenti no.
Come viene interpretata questa responsabilità?
In questi anni abbiamo portato avanti alcune inchieste che non si sono lette su altre pagine: le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Brianza, il recente caso della discarica di Desio, il caso Magic Movie a Muggiò, gli scandali urbanistici di Lissone. Potrei citarne tanti altri: testimoniano la volontà di approfondire e di fornire ai lettori un servizio diverso dalla cronaca “spicciola”.
Cosa trova il lettore sul suo giornale che non trova su altri?
In un'unica edizione trova il panorama completo di Monza e Brianza. Sulle nostre pagine diamo spazio ai risultati sportivi anche delle squadre di quei paesini dove vendiamo 15 copie. Al lunedì siamo in edicola e forniamo prima dei concorrenti i risultati di oltre 60 partite di calcio, 20 di basket e così via per diversi altri sport. Per ottenere lo stesso quadro d’insieme un cittadino dovrebbe comprarsi molti giornali. Per quanto riguarda la cronaca politica, il lettore trova un giornale dalla linea aggressiva che non guarda in faccia a nessuno.
Che rapporto ha la sua testata e lei in particolare con la comunicazione online?
Indubbiamente le nuove tecnologie accelerano e semplificano il modo di fare giornalismo. Tuttavia, io non sono convinto che questo sia il futuro della carta stampata. L’esagono avrebbe i mezzi per mettersi on-line, ma ad un giornale cartaceo non conviene: diversi lettori si accontenterebbero di leggere i titoli online e non comprerebbero più la copia cartacea.
Quindi, non concorda con chi sostiene che il futuro del giornalismo sia online?
No, credo che la carta rimarrà a lungo. Ancora troppo pochi hanno accesso al web per poter pensare di fare giornalismo online. E poi, c’è il piacere della carta, di tenerla tra le mani.
Perché la Brianza non ha un suo quotidiano?
Perché mancano imprenditori che credano seriamente in questo tipo di progetto. A un giornale servono fondi, specie per partire e farsi conoscere, in Brianza non si è mai creduto nelle potenzialità di una testata. A Brescia e Bergamo, ad esempio, ci sono stati imprenditori che hanno creduto e investito molto in progetti editoriali. Qui no e i risultati si vedono. Non secondariamente va considerato che questa Provincia c’è solo sulla carta, e forse nemmeno su quella, e la diretta conseguenza è che non ha un organo di informazione che si dedichi al suo territorio.
Il giornalismo del copia-incolla dai comunicati stampa è inevitabile? come vi comportate voi a riguardo?
Ho sempre chiesto ai miei ragazzi di andare oltre i comunicati stampa e di usarli caso mai per trarvi una notizia o come spunto per sviluppare un servizio. La velina è certo più comoda e in molti la usano per riempire le pagine.
Che rapporto ha il suo giornale con i giovani lettori?
Partiamo dal fatto che la maggioranza dei collaboratori sono giovani e scrivono e comunicano con un linguaggio fresco e diretto. Per quanto riguarda il nostro target giovanile lo veicoliamo soprattutto attraverso lo sport: è ancora lo sport il cuneo attraverso cui attrarre il pubblico più giovane.
Che progetti ha per il futuro suo e del suo giornale?
Siamo in una fase di consolidamento: stiamo tentando di rafforzare e integrare la parte della cronaca politica, a cui ci dedichiamo da poco tempo a questa parte. Siamo arrivati nell’area di Monza, una piazza importante per noi, senza la storia de Il cittadino e senza le risorse di Netweek, ci siamo trovati necessariamente a dover pensare un prodotto che si differenziasse. Nei prossimi anni proseguiremo questo percorso, mantenendo le già solide pagine di sport e rinforzando la politica e la cronaca.
Quante copie vende il suo giornale?
Al lunedì vendiamo 3.500 copie, il giovedì qualcosa meno.
Vendite e pubblicità sono sufficienti?
Diciamo che alla fine dell’anno i conti tornano.
Pensa che il panorama dell'informazione locale sia completo?
Assolutamente no, mancano riviste, manca una televisione, una radio e altre voci. Quello brianzolo è un panorama lacunoso dal punto di vista dell’informazione. Le cause sono quelle citate prima: l’assenza di imprenditori che credano veramente e che investano in un progetto editoriale, la mancanza di un’area di riferimento geografica e istituzionale riconosciuta e riconoscibile.
Chi è l’attuale editore del suo giornale?
Da quattro anni a questa parte è il Policlinico, quindi una società che concentra la propria attività in un altro settore e in un’altra area geografica (proprietaria di 7-8 centri sparsi nell’area piemontese e del Policlinico di Monza). Ai tempi dissi loro con schiettezza se sapevano a che andavano incontro e se erano sicuri di voler intraprendere questo progetto: con coraggio hanno accettato questa sfida non facendoci mancare nulla.
Quanta indipendenza ha lei nei confronti del suo editore? ci sono stati episodi di scontro?
Spesso mi lamento addirittura del contrario: dell’assenza dell’editore. Sa, è naturale che, quando si affrontano certi argomenti in un determinato modo, se ne parli anche con l’editore, che in fin dei conti è quello che ci permette di fare questa attività: ho sempre avuto carta bianca.
L'Esagono ha una storia di sinistra e un presente decisamente diverso. Non bastava il Cittadino?
Non la vedo così. Nonostante la posizione del suo direttore sia chiara a tutti, non nego le mie idee politiche, il giornale ha dimostrato con le sue inchieste di non guardare in faccia a nessuno e di rispondere solo al desiderio dei lettori di essere informati. Abbiamo condotto approfondimenti, denunciato, sostenuto, amministrazioni di centro-destra e centro-sinistra, senza distinzioni.
Cosa invidia ai suoi colleghi che si occupano di nazionale?
Avendo lavorato per anni al Giornale ai tempi di Montanelli, posso dire di conoscere bene entrambe le realtà, locale e nazionale. Devo dire che offrono stimoli diversi e non preferisco in particolare nessuna delle due.
Quali sono i giornali (stampati o meno) che ammira di più?
Rimango un affezionato lettore del Corriere della sera e della Stampa per quanto concerne i quotidiani e dell’Espresso tra i periodici. Sono giornali a cui sono legato affettivamente e che ancora mettono in campo un modo serio di fare giornalismo.