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ual è il pubblico delle riviste monzesi e della Brianza, e che tipo di rapporto si instaura tra i lettori e questi giornali? Su questo e altro ancora abbiamo sentito Toni Liguori e Michele Mauri, direttori rispettivamente di Monza Club e Vivere, e Paolo Pirola, fondatore di Brianze. Le tre pubblicazioni si distinguono per il diverso taglio nella scelta degli argomenti e nel modo di trattarli. Liguori, per moltissimi anni inviato di Panorama in Asia, per sette anni è stato anche editore incaricato di dodici riviste della Rizzoli. Appartenente ad una famiglia di giornalisti, è Cavaliere di Gran Croce, ed è stato insignito dell'Ambrogino d'oro. Michele Mauri, di formazione ambientalista, ha esordito nel giornalismo negli anni Ottanta con Brianza Oggi. Si è occupato di divulgazione in ambito ecologico su testate come Airone e Panda. Dirige Vivere dalla sua nascita, nel marzo del 2005. Paolo Pirola, per sua stessa ammissione, è un "dilettante" appassionato delle tradizioni e della cultura della sua terra. Ha creato il suo progetto editoriale insieme a Diego Colombo, primo direttore di Brianze, Domenico Flavio Ronzoni, Gianluca Zoia e Paola Pioppi.

 

200901-brianze-01.jpgQual è la diffusione della vostra rivista, sia come distribuzione che come vendite? A quale pubblico preferenziale si rivolge?
Liguori – Monza Club è più distribuita gratuitamente che venduta, soprattutto nei negozi del centro di Monza e della Brianza. Alcune copie arrivano in edicola, ma altre vanno agli iscritti dell'Unione Industriali di Monza. Non ci manteniamo certo con la vendita. Il nostro pubblico di riferimento è quello delle classi medio alte, anche se adesso abbiamo una sezione dedicata ai giovani, per ampliare il nostro bacino di lettori, senza mai dimenticare di ricercare un equilibrio tra le due componenti, gli affezionati e i neofiti.

Mauri – Vivere è distribuito in tutto il territorio della futura provincia MB e in parte di quella lecchese. Non ho a disposizione dati sulle vendite, ma ad ogni modo la rivista è un ibrido tra freepress e pubblicazione venduta in edicola. Distribuiamo molte delle copie che non vendiamo ad alcuni privati, tradizionalmente l'Associazione Industriali di Monza e Brianza, ma anche alle amministrazioni pubbliche, ovviamente con scopi promozionali. Sul nostro lettore tipo non abbiamo mai condotto una vera indagine, ma Vivere è una rivista generalista destinata ad un pubblico indistinto. Credo però che generalmente i nostri lettori appartengano ad una fascia medio alta.

Pirola – Il nostro è un periodico bimestrale che ormai non esce più in edicola. Contiamo su circa settecento abbonamenti e sulla distribuzione in alcune librerie brianzole. In dieci anni abbiamo stampato circa 150.000 copie. Quando andavamo in edicola, stampavamo almeno 3000 copie di tiratura. Il nostro lettore medio è appassionato della cultura e delle tradizioni brianzole.

Che peso ha la pubblicità sugli introiti?
L. - I giornali costano, noi ci manteniamo in sostanza con la pubblicità.

M. - La pubblicità ha un alto peso in tutte le riviste del mondo, e noi non facciamo eccezione.

P. - Copre le nostre spese per il 50%. L'altro cinquanta è coperto dagli abbonamenti. Ci tengo a sottolineare che non abbiamo nè padroni nè padrini, e nemmeno debiti. I nostri unici costi sono quelli di stampa, grafica e diffusione.

Chi è il vostro editore?
L. - Dopo averla fondata, ho venduto Monza Club ad una casa editrice che porta lo stesso nome della rivista.

M. - È A.G. Bellavite.

P. - La cooperativa Aretè di Briosco, che si occupa della diffusione di cultura. Il suo presidente è Paolo Ronchi.

200901-monza-club-02.jpgQuale indirizzo editoriale seguite? Come si può definire la "mission" della rivista?
L. - Monza Club segue ciò che accade nelle aule comunali della provincia, la situazione economica e finanziaria dell'imprenditoria brianzola, soprattutto in un momento come questo. La nostra "mission" è dare risalto alla Brianza che produce e dà lavoro. Senza dimenticare, come già detto, le tematiche giovanili e la moda. La redazione si avvale di molti collaboratori esterni.

M. - Siamo un ibrido anche su questo punto. Vivere è una rivista locale riguardo alla diffusione, ma sui contenuti guardiamo oltre. La nostra informazione è leggera: ignoriamo la cronaca e preferiamo l'approfondimento. La leggerezza sta nel riuscire a trattare argomenti seri in modo non pedante. Siamo una rivista di costume, quindi la politica entra pochissimo nella nostra scelta tematica, tranne per l'appunto quando la si può affrontare come fenomeno di costume.

P. - La scommessa di Brianze è di scovare sul territorio le tantissime risorse che ancora non sono sfruttate e valorizzate a dovere. I nostri numeri hanno un tema principale che fa da filo conduttore, ma sono anche arricchiti da altri articoli che possono riguardare l'ambiente o la storia dell'industria, che da noi è un argomento abbastanza interessante. Siamo conservatori rispetto ai temi, ma progressisti sul campo della comunicazione. Il nostro nome indica il legame che abbiamo con il territorio e il plurale non è casuale: le brianze sono più di una, non solo quella di Monza. Anzi, noi da Briosco vediamo in prospettiva diversa quello che dovrebbe essere il capoluogo della prossima provincia. Per noi il vero riferimento, se pensiamo ad una città, è Milano, non certo Monza. Avvertiamo una certa differenza culturale, se vogliamo chiamarla così, testimoniata peraltro da una diversità sensibile nel dialetto. I nostri articoli sono scritti per la maggior parte da collaboratori esterni che partecipano con passione e a titolo gratuito. Ovviamente in base all'argomento principale del numero, c'è una rotazione dei redattori, quindi ad ogni numero molti nomi cambiano. C'è poi uno "zoccolo duro" che è il nucleo costituito dai fondatori.

Qual è il vostro giudizio sullo stato dell'informazione in Brianza? Credete che il panorama informativo del territorio sia completo?
L. - Decisamente no. Dieci anni fa a Monza c'era molto poco, le riviste erano quasi inesistenti. Monza Club ha aperto la strada a tutti, anche a Vivere. Tuttora la situazione non è rosea, perchè mancano un vero quotidiano, una TV, una radio. Anch'io mi sono spesso chiesto il perchè di questo stato di cose, e la risposta che ne ho avuto è disarmante: per gli imprenditori brianzoli, cioè per chi avrebbe i mezzi necessari a cambiarlo, questo tipo di investimenti non è interessante, perchè non credono che possa rendere. Non ci sono più editori puri, a parte forse i grossi nomi come Rizzoli o Mondadori. In Brianza, nessuno tirerebbe fuori i soldi necessari per investire su un prodotto che in fin dei conti non si conosce. In più, c'è una diffidenza diffusa nei confronti del giornalismo e dei giornalisti.

M. - Secondo me il panorama informativo di qualsiasi territorio non potrà mai essere completo. Le nuove iniziative online che sono state intraprese dimostrano però che la Brianza sta già sperimentando soluzioni nuove per l'informazione. Credo che da noi chiunque abbia a disposizione gli strumenti per approfondire le notizie. In sostanza, ritengo che i settimanali, i periodici e le testate online già esistenti costituiscano un orizzonte informativo abbastanza ampio. L'informazione c'è dove c'è la volontà di farla.

P. - La mia posizione sul tema è più da lettore, ma credo che negli ultimi dieci anni il fenomeno editoriale più interessante sia stato Netweek, un network che in tutto il norditalia vende attorno alle duecentomila copie sparse su più testate. Penso che questa differenziazione in tante edizioni locali sia il motivo per cui sia stato tanto sottovalutato da moltissimi. Secondo me il problema dell'informazione non è brianzolo ma monzese. Basta provare a chiedersi come mai una rivista come Brianze sia nata a Briosco e non a Monza. La risposta che mi sono dato io è che rispetto alle altre città lombarde, come Brescia o Bergamo, Monza abbia poca identità. Non è di certo una località provinciale, ma non riesce nemmeno ad essere davvero una città con la maiuscola.

200901-vivere-06.jpgQuindi si può dire che manchi una vera cultura editoriale in Brianza?
L. - Sì. In Veneto e in Friuli, per esempio, ogni località ha una se non più emittenti e redazioni, perchè non c'è solo il business, ma interviene anche una componente culturale più radicata. Qui non si tratta di fare soldi, ma per l'appunto di cultura editoriale che non c'è. D'altronde perchè dovrebbe esistere se nessuno l'ha mai sviluppata? Oltretutto i brianzoli sono schivi, discreti, direi chiusi, anche se hanno una cultura del lavoro che in Italia non ha pari. Un atteggiamento simile, però, non può produrre una buona editoria.

M. - Non credo sia questo il punto. La mancanza di un quotidiano, che molti lamentano come segno di insufficienza del panorama informativo generale, potrebbe non essere tutta questa tragedia: bisogna chiedersi se ci sia davvero l'interesse dei lettori in questo senso, perchè sono loro ad avere l'ultima parola. La cronaca politica locale rischia di trasformarsi nel verbale di un'assemblea condominiale. Un quotidiano cittadino rischia troppo di essere un investimento che non rende.

P. - Questo non lo so, ma so che se in tutti questi anni a Monza l'unico progetto editoriale stabile è stato il Cittadino, un motivo dovrà pur esserci. Monza non riesce a trovare una sua dimensione, o meglio non riesce a trovare la dimensione cosmopolita che vorrebbe avere. In Brianza è diverso, noi provinciali siamo più caparbi, con tutti i difetti che possiamo avere, per carità. In generale, credo che ci sia bisogno di far evolvere la nostra idea di informazione, passando anche dal cartaceo al web. Io stamperei un giornale sempre più raffinato, di solo approfondimento, perchè lo spazio per prodotti intermedi è sempre più ridotto. Il web rappresenterebbe un nuovo modo di intendere l'informazione. Nella mia ipotetica testata online, per esempio, io non vorrei nessun vero giornalista, perchè i professionisti, soprattutto quelli più bravi, non hanno una forma mentis adatta ad un essere vivo come il web. Sono abituati ad un prodotto che una volta stampato è già morto, ma non sanno come sfruttare al meglio qualcosa che è sempre in costante evoluzione.

Gli autori di Vorrei
Simone Camassa
Simone Camassa

Nato a Brindisi il 7 maggio del 1985. Insegnante di Italiano, Storia e Geografia nella scuola pubblica, si è laureato in Lettere, in Culture e Linguaggi per la Comunicazione e in Lettere Moderne, sempre all'Università degli studi di Milano. Suona la chitarra elettrica (ha militato in due gruppi rock, LUST WAVE e BLACK MAMBA) e scrive poesie.

Appassionato di sport, ha praticato il nuoto a livello agonistico fino ai diciotto anni, per un anno ha anche giocato a pallacanestro. Di recente, è tornato al cloro.
È innamorato della letteratura in tutti i suoi aspetti, dalla poesia fino al fumetto supereroistico statunitense. Sogna di realizzare un supercolossal hollywoodiano della Divina Commedia, ovviamente in forma di trilogia e abbondando con gli effetti speciali.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.