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ntervista a Gianluca Bosia, caporedattore per l'edizione di Monza de Il Giorno, ovvero il giornale che più di tutti si avvicina ad essere "il" quotidiano della Brianza. Le inchieste sulla ndrangheta, la concorrenza dell'online, il peso della pubblicità.

 

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Foto di Chiari Siani

La Brianza non ha un vero e proprio quotidiano, quello che più si avvicina è il vostro fascicolo. Vi considerate il quotidiano Brianza?

Noi e il Corriere vendiamo il 60% dei quotidiani.

Sicuramente. Il nostro è un fascicolo di 20 pagine: dalle cronache locali, allo sport, più il primo piano che accoglie la notizia del giorno. Credo che siamo vissuti così dalla città, almeno a vedere i dati di vendita che vedono noi e il Corriere spartirci il 60% delle vendite dei quotidiani.

 

Credi che il panorama dell’informazione locale in Brianza sia soddisfacente?
Premettendo che quantità non vuol dire qualità, tutto sommato il panorama dei media tradizionali può dirsi completo. Giorno e Corriere più i numerosi settimanali e le pagine locali dei quotidiani nazionali, Libero, il Giornale, Corriere e Repubblica garantiscono un certo pluralismo e una copertura sufficiente per quanto riguarda l’informazione tradizionale. Quello che manca davvero è una tv e una radio veramente brianzole. E sarà interessante vedere come si svilupperanno i nuovi media. Messa a paragone con altre zone della Lombardia la situazione in Brianza non è poi così negativa. La domanda vera da porci forse non è tanto se basta quello che c’è ma in prospettiva cosa ci sarà domani: capire se c’è il mercato per più informazione. Le grandi testate americane chiudono, la crisi internazionale sta avendo riflessi sul nazionale e avrà ricadute anche in Brianza: potrebbe portate a pesanti sacrifici sulla stampa, l’informazione costa e il parco lettori è quello che è, anzi diminuisce perennemente.

Perché secondo te?

Un quotidiano costa mediamente trentacinque euro al mese e per molti sono troppi.

È mancata una generazione di mezzo, il giornale è vissuto dai quarant’anni in su anche se noto un rinnovato interesse da parte dei giovanissimi. Non c’è più il culto dell’avere più giornali per il piacere di un’informazione completa. E infine non si può non fare i conti con l’aspetto economico: oggi un quotidiano costa mediamente trentacinque euro al mese e per molti sono troppi.

 

È la concorrenza dell’informazione veloce e gratuita dell’on line?
Lo pensavo anche io. Ma in un’ inchiesta di mercato tra i nostri lettori ci ha rivelato che molti leggono il giornale la sera nonostante dichiarino di essere stati ben informati on line, dalla tv, dalla radio e dal televideo. Questo accade se dai un prodotto che non scade, con approfondimenti, storie, opinioni.

pizzi.gifQuindi non esiste una vera concorrenza con i “nuovi media”?
Non nell’immediato, ci sarà sicuramente ma più avanti. E comunque non credo sia questione di concorrenza. La velocità dell’informazione non è più un problema: da tempo abbiamo preso le misure, sappiamo di non poter dare lo stesso tipo di prodotto di un giornale on line. Quando lavoravo a Lecco guardavo con interesse il lavoro di “Merate on line” ma oggettivamente non è in concorrenza, ma un di più.

Quale futuro per l’informazione on line?

I colleghi che lavorano all’on-line dovrebbero avere i nostri stessi diritti e gli stessi stipendi

Il vero problema è come sostenersi: i lettori della stampa tradizionale decidono di spendere per avere un prodotto, la cosa è diversa per l’informazione su internet quindi bisognerà vedere come riusciranno a mantenersi. Poi c’è una difficoltà maggiore a livello contrattuale, un giornale come il nostro conta su un sindacato per cui c’è garanzia di maggior tutela e minor sfruttamento: credo che i colleghi che lavorano all’on-line dovrebbero avere gli stessi diritti e gli stessi stipendi e ma a quel punto i costi salirebbero. Noi abbiamo edizioni on line che nel loro primo anno di vita hanno fatto utili. Se questo è vero è un’ottima prospettiva.

 

Credi ci sia una diversa qualità tra stampa e informazione su internet?
Sì. I grandi gruppi che hanno edizioni on-line hanno dietro una redazione di professionisti. Certamente credo molto nelle piccole dimensioni, le tv di quartiere le trovo interessanti e fatte bene ma è un altro livello.

Il giornalista è libero? Politica ed editori non entrano nelle edizioni dei giornali?
Credo che il giornalismo sia libero, chi non è libero è il giornalista. Insomma c’è più autocensura o marchetta. Io tutto questo giornalismo obbligato a non scrivere o scrivere quello che vogliono i potenti non lo vedo. Era molto peggio vent’anni fa quando ho iniziato io. Anche perché la politica non è l’argomento che fa vendere, a parte in periodo di elezioni o l’interesse per la politica locale che comunque è molto meno ideologica. Un problema reale è invece la facilità con la quale vieni querelato, davvero incredibile.

copertina.jpgE la pubblicità? Bocca diceva che è il vero editore di un giornale.
Questo è un argomento molto più interessante e che incide molto nelle cronache locali. Non sempre è facile scrivere quando si tocca chi fa pubblicità sulle pagine della stampa locale. Poi sta a quanto sono liberi il giornalista e il caporedattore.

In questo senso è diverso parlare di editore e di padrone del giornale?
Si è molto diverso. L’editore vuole guadagnare, è legato al mercato e fa un prodotto che interessi il lettore, nella logica del padrone ci sono invece interessi di altro genere, voglie, amicizie politiche.

E al Giorno?
Un editore come il mio non può interessarsi in questo senso: su 50 edizioni locali ci sono realtà diverse e opposte, dinamiche per le quali l’editore non ha nessun interesse. Ci sono realtà in cui questo invece pesa. È il grosso rischio dell’informazione locale che in genere ha base nei gruppi locali. Se alle spalle c’è un editore è un conto, se alle spalle c’è un proprietario che vuole un certo tipo di informazione allora è tutto molto diverso. Ne escono due giornali e due tipi di lavoro completamente differenti. L’importante è che questo sia trasparente: in Brianza per esempio è molto chiaro quali sono le tendenze dei settimanali locali. E comunque ti assicuro che non ho mai avuto pressioni dall’editore o dal gruppo dirigente.

Come si colloca il Giorno?

i nostri lettori arrivano da differenti correnti politiche: l’ultra sinistra, rifondazione, centro sinistra e centro destra.

L’ultima ricerca di mercato rivela che i nostri lettori arrivano da differenti correnti politiche: l’ultra sinistra, rifondazione, centro sinistra e centro destra. Quando facemmo la campagna per salvare l’Alfa di Arese ricevemmo 20-30 mila firme, nello stesso tempo abbiamo ricevuto altrettanta risposta per iniziative legate alla sicurezza. E devo dire che questo facilita molto il mio lavoro, mi permette di non avere dei blocchi ideologici, non devi dare informazione collocata ideologicamente. Il nostro è un giornalismo diverso e infatti noi separiamo l’informazione dall’opinione, mentre giornali come Repubblica o Libero devono dare un’informazione che sia anche di opinione. Giornalismi diversi, tutti leciti, ma diversi.

 

Gli altri giornali locali: un’immagine.
L’Esagono è un giornale che ha cercato una sua via politica, che può essere condivisa o meno, e la fa bene, lo leggo sempre con grande interesse, mi diverte. Il Giornale di Monza è un signor giornale di cronaca che a volte strilla un po’ ma uscendo una volta alla settimana è comprensibile. Il Cittadino è il moloch dell’informazione a Monza, ha alcune cose che mi piacciono molto come le pagine culturali che noi non possiamo fare e altre che condivido meno.

Da un settimanale sarebbe lecito aspettarsi più giornalismo d’inchiesta e approfondimento al contrario del quotidiano che fa molta cronaca.
Le inchieste costano. Noi nel nostro piccolo ci proviamo facendo due pagine monotematiche tutti i giorni, certo se avessimo un settimanale sarebbe diverso. Le nostre inchieste si aprono la mattina, si chiudono la sera e comunque in generale nascono dalla cronaca.
Comunque in generale aspetto con ansia le edizioni dei settimanali: mi interessa la diversa chiave di lettura su notizie su cui sono già usciti gli altri. È un po' come se da loro mi aspettassi sempre un piccolo pugno nella stomaco, qualcosa che mi faccia dire “quella cosa l’avrei voluta fare io”…

Nel senso che l’aspetti ma non arriva?
Beh questo non te lo dirò mai!

L’inchiesta però la state facendo voi, con la questione della ‘ndrangheta. Ci racconti com’è nata e come la state vivendo?

In Brianza la criminalità organizzata è tutt’altra cosa: è quella bella dei colletti bianchi quella che in tempi di restringimento del credito il credito lo può erogare.

Una sera era l’ultima sigaretta prima di andare a casa e sono venuti qui due colleghi, insieme abbiamo tirato due conti: ci siamo accorti che in Brianza succedono un sacco di cose. Dalle più evidenti alle più sotterranee: l’omicidio Cristello ammazzato come un boss ma, passami il termine, è solo un episodio marginale, la parte visibile. Ci sono inchieste che parlano chiaro di collusioni, di soldi che arrivavano dalla ‘ndrangheta e che si cerca di ripulire in Brianza.
Noi vorremmo affrontare il problema in modo “diverso”, oltre gli stereotipi: gli stereotipi che vorrebbero i professionisti dell’antimafia identificati ideologicamente e politicamente, gli stereotipi che vedono il malavitoso con la coppola e la lupara. L’antimafia non ha colore e qui in Brianza la criminalità organizzata è tutt’altra cosa: è quella bella dei colletti bianchi quella che in tempi di restringimento del credito il credito lo può erogare.
L’importante è riuscire a tenere i riflettori accesi, come suggerisce Pizzi (il Procuratore capo di Monza, NdR), perché la criminalità organizzata ha bisogno del silenzio.

Resistenze?
Sinceramente no. Solo qualche caso di manifesta stupidità. Ti faccio un esempio: a Genova vengono arrestati un boss e un guardaspalla che ha una carta d’identità falsa ma autentica emessa a Giussano. Forse sarebbe il caso di chiedersi come possa essere uscita dal proprio comune. Ma davvero sono convinto che non si tratti di complicità ma di stupidità.

Dove si annida la ‘ndrangheta in Brianza? Si parla sempre di grandi opere.
È sbagliato pensare che ci sia solo quello: un genere di infiltrazione potrebbe essere sicuramente lì ma c’è l’usura e tante altre vie.

Quali sono le difficoltà che si incontrano nel portare aventi un’inchiesta simile?
La cosa più difficile è riuscire a trovare i fili delle vicende: bisogna ragionare in termini ampi, gli affari della ‘ndrangheta sono tentacolari, un morto ammazzato in Brianza è collegato non solo a quello morto nel lecchese ma anche con le trame del Sud Italia. Senza contare che la ‘ndrangheta si basa su legami familiari, legami sottili: ottenere un pentito è molto difficile.

Il concetto di cronaca locale si allarga parecchio, insomma.
In questo caso diventa interessante avere un amico che fa cronaca locale da un’altra parte e metti insieme i pezzi fai un lavoro certosino mettere insieme e capire i collegamenti

Il Convegno che avete organizzato: quali sono state le risposte?

Mi ha colpito molto il livello d’attenzione da parte dei giovani che hanno partecipato al nostro convegno sulla 'ndrangheta

In generale mi ha colpito molto il livello d’attenzione da parte dei giovani che hanno partecipato alla nostra manifestazione. Poi la risposta delle istituzioni: nel caso del convegno abbiamo avuto l’aiuto della Camera di Commercio e del Comune e ho visto con grande piacere politici di destra e di sinistra

 

Colleghi giornalisti e lettori?
Al di fuori di voi devo dire che i colleghi se ne sono abbastanza fregati. I lettori invece si sono accorti dello sforzo, da parte loro abbiamo ricevuto qualche telefonata e qualche pacca sulle spalle.

Non avete ricevuto avvertimenti o minacce?
No di nessun tipo e francamente non ce ne preoccupiamo. Forse non abbiamo ancora pestato i piedi abbastanza. Siamo più preoccupati delle querele: so che per qualche pezzo ce ne arriveranno. Quello che ci auguriamo è che ci siano anche altri che riprendano e continuino questa che non è una battaglia ma un dovere di informazione, io credo che non si può darla vinta a ad un fenomeno che dove si impianta fa vittime. Credo che il lavoro che fate voi nel riprendere i nostri articoli sia davvero meritorio e spero riusciremo a incontrarci ancora e a riprendere gli uni le cose degli altri.

Gli autori di Vorrei
Manuela Montalbano