200902-tito.jpg

Il giorno della memoria, il nazionalismo, i buoni e i cattivi

Riceviamo e pubblichiamo

Perché il Giorno del Ricordo è nato come ricorrenza “di destra”? Le Foibe non furono tanto un massacro di fascisti da parte di comunisti, quanto il tragico epilogo di un conflitto etnico radicalizzato dai contrapposti nazionalismi, dalla guerra e dalle ideologie.

Con ciò non voglio certo mettere tutti sullo stesso piano: in questo caso i “cattivi”, visto che amiamo tanto ragionare in questi termini, furono indubbiamente i partigiani comunisti di Tito. Ma ciò non significa che i fascisti fossero i “buoni”. Primo, perché gran parte delle vittime c’entrava poco o niente con il regime. Secondo, perché non possiamo non tener conto della spirale di violenza – in cui si inserisce l’italianizzazione forzata imposta da Mussolini nei territori italiani dell’Istria – di cui le Foibe costituirono il momento più drammatico.

Purtroppo, quando entra in gioco l’ostilità tra etnie diverse, risolvere i problemi di confine non è così facile: basti pensare all’eterno conflitto israelo-palestinese. Certo, c’è sempre chi riesce a dividere esattamente i contendenti tra “buoni” e “cattivi”, semplificandosi senza dubbio la vita: ma le eccessive semplificazioni equivalgono talvolta a vere e proprie falsificazioni.

Al liceo Zucchi, lunedì scorso (9 febbraio 2009, NdR), si è tenuto un incontro sul tema delle Foibe: tra gli invitati, tale Rosario Mancino del Comitato X Febbraio (associazione che ha avuto l’indubbio merito di essersi battuta per l’istituzione del Giorno del Ricordo). Se il professor Castellani ha aperto l’incontro con una relazione di carattere storico, Rosario Mancino ha affrontato il problema dal punto di vista ideologico, distribuendo “fiocchi tricolore”, definendo «martiri italiani» le vittime delle Foibe e dichiarando, davanti ai giornalisti, di battersi affinché nelle scuole si riconosca «l’italianità di Fiume, Istria e Dalmazia».

Tali rivendicazioni, di dannunziana memoria, sono state sostenute con un fascicoletto, nel quale si ripercorre brevemente la storia delle Foibe. Non solo, anche qui si tenta una “contestualizzazione storica”: dopo un elenco delle popolazioni che si succedettero in queste “terre irredente” (Romani, Barbari, Impero Romano d’Oriente, Sacro Romano Impero, Repubblica di Venezia, Impero austro-ungarico e Regno d’Italia), il fascicoletto conclude che da ciò «si rileva in modo illuminante che i territori in questione non sono mai stati dominio degli Slavi negli ultimi 22 secoli». E poco contano le statistiche, mostrate nel corso dell’incontro, da cui emerge come quelle terre non fossero popolate meno dagli slavi che dagli italiani.

Se pensiamo di risolvere un problema di confine andando a ritroso nel tempo e vedendo chi si è impossessato per primo di un certo territorio, rischiamo di arrivare a individuare nell’uomo di Neanderthal il legittimo proprietario. Possibile che non si capisca che questa strada conduce a un vicolo cieco? Possibile che vi sia ancora qualcuno capace di sostenere quelle assurde, ottuse pretese nazionalistiche in nome delle quali i paesi europei arrivarono a combattere due guerre mondiali?

Se furono i ciechi nazionalismi a portare alla tragedia delle Foibe, mi sembra davvero di cattivo gusto esibire il tricolore per onorare le vittime. I morti sono morti, al di là della loro nazionalità. Per ricordare le vittime dell’Olocausto, devo forse sventolare la bandiera di Israele?

Sia detto brevemente, gli illustri esponenti della sinistra italiana si sono sempre trovati perfettamente a proprio agio in questa visione manichea del mondo: solo che per loro “buoni” dovevano essere per forza i comunisti, “cattivi” i loro oppositori. Di qui l’immane fatica, che taluni personaggi ancora oggi non riescono ad affrontare, di ammettere che tutto sommato quel signore con i baffi era un po’ dispotico e che le Foibe non sono esattamente paragonabili a Norimberga.

Penso che almeno un vantaggio vi sia, nel relativismo post-ideologico che caratterizza il nostro tempo: la possibilità di superare le concezioni manichee. Noi “giovani d’oggi” saremo anche privi di valori assoluti, ma quantomeno ciò dovrebbe preservarci dal fanatismo. Perché, allora, non la smettiamo di ragionare in termini di “buoni” e “cattivi”, e non cominciamo invece a parlare di “esseri umani”?