Poco usata, cara e già obsoleta la Carta dei Servizi della Regione Lombardia ha fatto la fortuna solo di chi la produce
Si susseguono gli articoli sull'oggetto misterioso della Regione Lombardia. CronacaQui e Il Sole 24 ore dimostrano lo scarso successo dell'iniziativa e anche alcuni retroscena poco chiari. Della faccenda, fra gli altri, si è occupato anche il consigliere dei Verdi Marcello Saponaro.
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L'articolo di CronacaQui
La Regione compra i lettori cinesi, indispensabili per renderle fruibili, a 2,8 euro
e li rivende ai cittadini al triplo
Le ombre cinesi dell’affare "Carta dei servizi"
Scritto da: Thomas MacKinson
ILANO 06/01/2009 - L’indagine che investe Lombardia Infrastrutture apre una breccia sul modello di efficienza pubblica della Regione. L’inchiesta di Potenza ipotizza gravi illeciti nella gestione degli appalti per la nuova sede del Pirellone, un affare da 185 milioni di euro che fino alle prime indiscrezioni era stato raccontato come l’opera dei record: il Pirellone bis sta venendo su come un razzo. Peccato, dunque, questo incidente di percorso. Ma anche in altri “affari” che vedono l’ente protagonista e in certo modo “innovatore” assoluto sulla scena nazionale ci sono alcune ombre.
Prendiamo la Carta Regionale dei servizi. Sull’innovazione nessuno ha dubbi: in una tessera hai tutti i dati sulla tua posizione sanitaria e presto, attraverso lo stesso chip, si potranno pagare multe e accedere a una miriade di servizi online che solo qualche anno fa erano solo un sogno. Eppure...
Eppure qualcosa non torna. Nelle edicole ci sono 20mila lettori invenduti a fronte di una prima campagna di “alfabetizzazione” durata 4 mesi che ha permesso di vendere 250mila apparecchi. L’invenduto, fanno sapere da Lombardia Informatica, sarà “piazzato” nelle scuole. Così l’aspetto finanziario dell’operazione rivela diverse “ombre”. Nessuno ha mai capito come e perché, ad esempio, l’appalto per la fornitura di 1 milione di apparecchi sia andato a una piccola società della Silicon Valley napoletana che compra gli apparecchi in Cina a basso costo e li rivende alla Regione che li fa acquistare ai cittadini per il triplo dell’importo.
IL COLPO DELLA VITA
La Bit4Id, fondata da un piccolo imprenditore, è nata con un capitale sociale di 10mila euro e dopo qualche anno di magra, tra debiti e piccole commesse, fa il colpo: grazie all’appalto con Lombardia Informatica fattura oggi 2,8 milioni di euro. Lo stesso titolare, Antonio Chello, raggiunto al telefono, ammette che «la tecnologia del lettore è piuttosto banale, non è brevettata, quello che conta non è l’interfaccia ma il software da noi sviluppato». Per ogni apparecchio la Bit4Id incassa dalla Regione 2,83 euro ma al cittadino che volesse usufruire dei nuovi servizi ne chiede 7,5 euro. Quindi dall’operazione entrano nelle casse di via Filzi puliti 2.800.000 euro. Soldi che in parte andranno a coprire costi di distribuzione e promozione, dice Lombardia Informatica, ma che paiono «eccessivi per accedere a un servizio pubblico che sta diventando la via maestra per il Servizio Sanitario Nazionale», ribatte Alessandro Miano dell’Assoconsumatori di Milano. Ma interrogazioni sulla vicenda sono state anche depositate dall’opposizione in Regione senza però ricevere riscontro.
«Regione Lombardia innova con i soldi dei cittadini. Troppo facile», accusa Marcello Saponaro dei Verdi. «Ho presentato un’interrogazione. Attendo risposta». Resta poi il problema delicato di una scelta strategica fatta dieci anni fa che oggi è sottoposta a pesanti critiche, non ultima quella del Garante della Privacy che già nella relazione annuale del 2004 poneva il problema del rispetto dei dati personali dei cittadini. La Carta infatti ha un cip elettronico e si collega alla rete tramite un dispositivo che autentica l’accesso. Secondo i detrattori di questa scelta l’accesso diretto online tramite un sito (tipo home banking) avrebbe fornito maggiori garanzie e nessuna imposizione di costi all’utente. Tanto che il 10% dei medici si rifiuta di usarla.
Da Como a Milano il 10% dei camici contesta il sistema: «Non mettiamo online informazioni sensibili»
E i medici di base ora la boiccottano
MILANO 06/01/2009 - Il caso esplode sul lago di Como ma potrebbe estendersi presto anche a Milano: dieci medici di famiglia su cento si rifiutano categoricamente di utilizzare la Carta regionale dei servizi e continuano a usare carta e penna. La curiosa rivolta in realtà avviene silenziosamente anche in altre città ma sul Lario ha preso la forma di un vero e proprio boicottaggio organizzato. In pratica la protesta anti-tecnologica ha un capofila.
Si chiama Carlo Ghezzi ed è il segretario provinciale del Sindacato Medici Insieme (Simi), denuncia che il sistema regionale «non è inviolabile» e invita medici e pazienti a non dare il proprio consenso al trattamento dei dati. Dura la replica dell'Asl locale: «La riforma in atto è per una sanità moderna ed efficiente, sempre più al servizio dei cittadini».
L’ANTEFATTO
Nei giorni scorsi, l'azienda sanitaria ha inviato una circolare ai medici di medicina generale e pediatri del territorio, invitandoli a sensibilizzare i cittadini sull'opportunità di dare il proprio consenso al trattamento dei dati. Un'operazione indispensabile per attivare la tessera sanitaria magnetica che da tempo ha sostituito quella cartacea.
Il segretario del Simi però ha rifiutato di occuparsi di questa attività e invita i colleghi a fare altrettanto. «Sono contrario come cittadino, come medico e come sindacalista a questa richiesta che ritengo un vero e proprio sopruso - dice Carlo Ghezzi - Il sistema della carta regionale dei servizi, Crs-Siss, è nato già vecchio, sorpassato e inadeguato alle esigenze e non desidero che i miei dati e quelli dei miei pazienti vengano messi in rete».
Il professionista denuncia che la sua casella di posta elettronica del Siss «è stata oscurata a causa dell'incredibile mole di spamming che riversa nel mio computer». Ad oggi, informa il Corriere di Como, sui 392 medici di medicina generale della provincia di Como, sono 35 quelli che non hanno aderito al Siss, ai quali si aggiungono 2 pediatri su un totale di 61.
LA REPLICA
«La firma per il consenso al trattamento dei dati è libera, non automatica, e in ogni momento revocabile - aggiunge L'Asl - Non c'è alcun "Grande fratello". Le banche dati sono sicure, al pari di quelle che la maggior parte dei cittadini ormai usa per i servizi bancari, e i dati sono visionabili solo dal personale sanitario autorizzato». Così la guerra alla carta è iniziata. E sostenitori e detrattori in camice finiranno per decretare il successo dell’innovazione.
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L'articolo del Sole 24 ore (clicca sull'immagine per ingrandire)