Il direttore di Repubblica.it e Radio Capital a Monza per Novaluna. Saviano, la mafia al nord, l'informazione di qualità, locale e nazionale
Ospiti di prestigio a Monza, nell'ambito della serie di incontri organizzati da Novaluna al Bianrio7 di via Turati: Vittorio Zucconi, Roberto Osculati, Fabio Isman e Giovanni Sabbatucci. A margine del primo appuntamento, tenutosi martedì 31 marzo, abbiamo rivolto alcune domande al primo ospite, l'inviato di Repubblica Vittorio Zucconi, che è anche direttore della versione online del quotidiano.
Grazie alla sua recente partecipazione a "Che tempo che fa" su Raitre, Roberto Saviano ha rinnovato il dibattito attorno alla sua opera. A Londra sia il suo libro che il film che ne è stato tratto sono oggetto di grande interesse e pubblicità. Negli Stati Uniti, dove ci sono tanti discendenti di italiani, come è sentito questo argomento?
Purtroppo lì l'argomento è sentito come una conferma del fatto che l'Italia è il paradiso delle mafie. Come italiano sono felicissimo di ciò che Saviano sta facendo, perchè è il chirurgo che apre la ferita per mostrare ciò che accade al suo interno. Come italiano in America, il mio timore è che si faccia sentire solo lui, e che manchi la risposta dello Stato italiano, delle autorità. Abbiamo la diagnosi del male, ma si fatica a vedere la terapia. C'è quindi un aspetto positivo ma anche uno negativo, visto dagli Stati Uniti.
Lei è d'accordo con Saviano che il problema non è solo locale ma coinvolge tutto il paese, quindi anche il nord, la Brianza produttiva?
Il problema coinvolge tutti. Ovviamente è stato più volte calcolato che noi non tocchiamo la mille lire senza che sia passata per le mani di qualche mafioso. Del resto è evidente che quando si ha a disposizione una grande quantità di denaro liquido si cerchi di riciclarlo. Uno dei metodi classici è il mattone, e credo che basti dire questo senza aggiungere altro.
È possibile l'informazione di qualità online?
È possibile fare molta informazione. In quell'ambito c'è la famosa questione che si fanno le cose di fretta, che "il presto è nemico del bene", come si diceva a volte. Noi puntiamo sul fatto che la quantità totale dell'informazione sia capace di ottenere un buon risultato, sapendo che ciò che noi offriamo è praticamente materia prima. Siti come il nostro si collocano appena al di sopra dei blog, nella "catena alimentare" dell'informazione. Il blog è puramente affidato alle individualità della persona che lo cura, nel bene e nel male. Da noi c'è, ci dovrebbe essere, un filtro professionale, dotato di aspetti positivi, perchè magari ti preserva dalle bufale più clamorose, tipo i gattini bonsai allevati dentro le bottiglie, ma che contemporaneamente a volte ti frena. Io vedo sempre le cose nel loro complesso. Noi facciamo così tanta informazione online (e con così poca gente, aggiungo, polemicamente), che alla fine speriamo in un risultato positivo, e credo lo sia, a giudicare anche da come viene accolto. È di gran lunga il primo sito visitato, e con l'offerta che c'è se non fosse buono ci avrebbero già scaricato. Nel senso di mandato via.
Lei è direttore di una delle radio più ascoltate del paese, che ha fatto della musica di qualità il suo marchio di fabbrica, e inviato di uno dei quotidiani tra i più affidabili nel panorama nazionale. Esattamente ciò che manca qui in Brianza a livello locale. Cosa serve perchè simili conquiste si possano realizzare anche da noi?
Credo che, visti i miei quarantadue anni di contributi previdenziali, possa dire quello che mi pare. Io sono convinto che il futuro dell'informazione scritta sia nella stampa locale. I grandi giornali nazionali secondo me sono dei meravigliosi animali destinati all'estinzione, come del resto è da tempo accaduto negli Stati Uniti, dove i quotidiani nazionali non esistono più, tranne che per i giornali di economia e finanza. Se vedo un avvenire, è proprio nell'informazione locale, tanto è vero che il nostro gruppo editoriale, L'espresso, raggiunge i suoi risultati economici migliori con i quotidiani locali, e non è un segreto.
Per l'appunto, lei crede che il successo del quotidiano, del sito online e della radio per cui lavora sia in parte legato anche al fatto che abbiano alle spalle lo stesso gruppo editoriale?
Per ciò che riguarda la radio sì, perchè la musica la sanno trasmettere tutti, e anche dire battute spiritose o rispondere all'ascoltatore è alla portata di tutti, più o meno. Il fatto che l'informazione, invece, abbia un marchio ha la sua importanza. Se hai il distintivo della Ferrari piuttosto che quello della Iugo, che adesso non fabbricano più, una differenza c'è.
Secondo lei ,a livello locale, con tanti utenti abituati ormai a fruire dell'informazione tramite il web, avrebbe senso fondare da zero un quotidiano cartaceo?
Se avessi i soldi lo farei. C'è un immensa necessità di farlo, di tenere d'occhio gli amministratori locali, i comuni. Essendo ormai praticamente americano, sono assolutamente convinto che la democrazia cominci dal basso, non scende mai dall'alto.
Il giorno successivo al dibattito monzese, Zucconi ha pubblicato questo post sul suo blog:
Importare la democrazia
A Monza, capoluogo di quella Brianza che ha aprì la strada al feudo della Lega prima e al regno della destra oggi in Italia, parlo e straparlo di fronte a una platea di gentilissime persone che evidentemente quella sera dovevano avere il televisore guasto, raccolte dal circolo "Novaluna" su un tema volutamente provocatorio: si può importare la democrazia? Parliamo di libertà, di consenso, di regole, di futuro, senza grida nè risse ne vaffa nè comizi, nè soggezioni gli uni degli altri. Si alzano due ragazze, due liceali (sempre più sveglie e reattive le femmine della nostra specie) e mi inchiodano alla domanda per la quale non ho risposta: che dovremmo fare, che cosa possiamo fare, noi che non abbiamo ancora vent'anni perchè anche il Paese nel quale diventeremo adulte e poi vecchie, e avremo figli, sia una democrazia, una nazione dove ci si può liberamente esprimere, e avere un lavoro buono, una professione e l'orgoglio di dirsi cittadine italiane? Balbetto e impapocchio, ma la mia risposta vera è: non lo so, ragazze. Non lo so. Io sono cresciuto e andato a scuola in un'Italia dove la questione istituzionale e politica, il nostro essere, con tutte le cautele, i difetti, le zoppie, i limiti della nostra storia e della nostra politica, era data per risolta e scontata, dopo le elezioni del 1948. Potete voi aiutarmi a trovare una risposta più efficace e meno deprimente, per la prossima volta in cui una ragazza, o magari un ragazzo, si alzerà per farmi la stessa domanda? Non vorrei polemiche, attacchi, rigurgiti sul "come eravamo", sul sangue dei vinti e le manganellate della Celere e le bombe e le P2 e le strategie della tensione e taci tu cretino ed è colpa vostra o colpa mia. Vorrei sapere che cosa debba rispondere a chi non ha ancora 20 anni.