Dal "cinghialone" ai giorni nostri, con il debito pubblico che punta al 120%
Sembra di essere tornati nei fantastici anni '80. Gli anni in cui Bruce Springsteen cantava "Born in the USA" e Zucchero la trasgressiva "Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica" .
Quando la TV trasmetteva "Flashdance" , "Uccelli di Rovo" e le avventure di Indiana Jones.
Allora, nei mitici anni '80, il governo del Paese era saldamente nelle mani del maestro. Di Bettino, detto il Cinghialone, che, lo governava all'insegna del motto - parafrasato dall'omonimo Film di Fellini- "La nave va".
Oggi, quasi due decenni dopo, il timone è passato al suo alunno più promettente. Silvio Berlusconi. Entrambi decisionisti. Uomini veri. Sicuri di sé e dei propri mezzi.
Spregiudicati. Due veri leader.
Allora - come oggi - il consenso del Paese nei confronti del capo era altissimo. Né avrebbe potuto essere diversamente, perché Santo Bettino - come Santo Silvio - non scontentava nessuno.
Ma proprio nessuno.
Niente nuove tasse. Una pioggia di soldi pubblici a tutti equamente distribuiti.
Massima tolleranza fiscale. Condoni. Appalti e tangenti a "go, go".
Ma presto, ben presto, arrivo' anche per l'Italia il giorno del triste risveglio.
Il Bel paese scoprì, infatti, che quella felicità - quell'illusoria felicità - era destinata a collassare sotto il peso di un debito, che lievitava, lievitava, lievitava,lievitava, lievitava. Un debito fuori controllo.
Con la carta di credito in mano siamo tutti euforici. Shopping, spese, bella vita, auto di lusso.
Tutto fantastico, fin quando la Banca non ci ricorda che il nostro conto corrente è andato in rosso... ( i politici e l'informazione manipolata nascondono il debito dietro questioni tecniche sottili, incomprensibili alla maggior parte della popolazione).
Quando i nodi sono mestamente venuti al pettine, del Paese - sotterrato dalle macerie di Tangentopoli - hanno dovuto prendersi cura altri uomini.
Meno gaudenti. Dalla faccia un po' triste.
I Ciampi, i Prodi, i Padoa Schioppa, i quali non avevano un granchè di cui ridere. Che hanno dovuto curare l'Italia, facendole ingoiare l'amara medicina, fatta di fatiche, sacrifici, tasse e tagli.
Attirandosi le ire e le antipatie di tutti.
Adesso si torna indietro.
L'allarme arriva direttamente dal fondo monetario: il debito pubblico lieviterà, in poco più di due anni, dal 105 ad oltre il 120% della ricchezza prodotta.
Praticamente saranno vanificati tutti i sacrifici degli anni precedenti
Ma il Governo ed i mezzi di informazione parlano d'altro.
La classe politica, approfitta della difficile situazione economica per aumentare il debito.
Urge il rilancio dell'economia. E così - invocando la crisi - si giustifica ogni spesa.
A dire il vero, qualcuno ha pure tentato di alzare la voce contro questo deleterio sistema.
La scorsa settimana, il Presidente Napolitano ha, infatti, protestato contro il "trucchetto" di inserire, in sede di conversione dei decreti legge, emendamenti che comportano spese per svariati milioni di euro.
Ma la notizia delle rimostranze del Capo dello Stato ha avuto ben poca vita sulle prime pagine dei giornali.
La protesta è stata offuscata da altri e ben più rilevanti problemi: come quello di decidere se tenere il G8 in Sardegna o in Abruzzo, oppure, ancora più fondamentale, del kebab da mangiare in strada.
Siamo ringiovaniti di vent'anni e continuiamo le nostre suicide danze (in un clima meno euforico) sul Titanic. Nell' (illusoria) speranza, che questa volta, però, non affondi.
Dal Blog di Emanuela Beacco