Negli ultimi decenni il patrimonio pubblico di case popolari in affitto è andato riducendosi fortemente e a Monza, dice Antonio Marrazzo, “Manca un vero piano strategico”
Le politiche per le case popolari a Monza, sull'onda delle tendenze nazionali, hanno avuto una drastica virata a partire dagli anni '80, con i pesantissimi tagli alle risorse statali e l'evoluzione delle leggi sulla casa, dalla 167 e 864 degli anni '60 alle normative degli anni '90 indirizzate a privilegiare l'edilizia convenzionata e le cooperative edilizie.
Nel mercato immobiliare italiano degli anni '80 sono andati a riversarsi ingenti somme grazie al ruolo di bene rifugio assunto dagli immobili, in particolare dalle abitazioni, in una fase di consistenti incrementi dell’inflazione. In questo contesto si inserisce anche l'effetto rappresentato dalla legge istitutiva dell’equo canone, che ha finito per determinare una compressione senza precedenti del mercato dell’affitto, portando la percentuale di proprietà fino all'80% attuale. Il riversamento sul mercato di questa enorme domanda abitativa primaria ha determinato la prima forte spinta alla suburbanizzazione.
In queste diverse fasi il patrimonio pubblico di case popolari in affitto è andato riducendosi fortemente, passando attraverso una lunga traversia di enti di gestione, dalle Gesal, Iacp all'attuale Aler. Dunque una trentennale speculazione immobiliare che ha di fatto derubricato la locazione in affitto alla mera emergenza di alcuni strati del disagio sociale, spesso abbandonato alle problematiche dalle scarsissime risorse destinate alla manutenzione degli immobili. La disponibilità di locazioni a canoni sopportabili è il tema che sta emergendo negli ultimi anni. Gabriele Rabaiotti ha pubblicato “La ripresa della questione abitativa”, una breve analisi sulle tendenze in atto.
Attualmente Monza ha uno leggero sbilanciamento del patrimonio pubblico a favore degli alloggi comunali: 1.400 gli alloggi di proprietà comunale e 1.100 dell'Aler, mentre l'edilizia convenzionata raggiunge circa 3.000 alloggi. Le case comunali sono suddivise in 33 complessi per un totale di 73 000 mq di superficie e sono dislocate in tutte le circoscrizioni. Le tipologie sono variegate, ci sono caseggiati storici ed edifici recenti, piccole palazzine e cascine ristrutturate, il tutto è frutto delle vicissitudini storiche delle politiche sulla casa iniziate negli anni '20 del 900.
Antonio Marrazzo è stato assessore ai lavori pubblici nel precedente mandato amministrativo della giunta Faglia.
«Quando ci siamo messi a lavoro sul piano case popolari abbiamo constatato che complessivamente l'offerta di case popolari era ben al di sotto delle necessità fisiologiche. I 5.500 alloggi disponibili corrispondono al 10% dei 54 mila appartamenti esistenti a Monza. Per soddisfare adeguatamente le domande occorre raddoppiare il patrimonio e portare la percentuale al 20%». «Siamo quindi partiti da questi dati - continua Marrazzo - per mettere a punto una strategia che implementasse il patrimonio con una media del 5% per quinquennio amministrativo. Come prima cosa abbiamo fatto un censimento accurato delle case comunali, poi abbiamo coinvolto le utenze in modo da razionalizzarne l'utilizzo. Quasi il 20% degli appartamenti non è utilizzato in modo ottimale, ci sono molte persone anziane che vivono in più vani mentre invece altrettanti nuclei famigliari vivono in condizione di sovraffollamento. Insieme ai servizi sociali avevamo quindi messo in moto alcune misure, come ad esempio la coabitazione negli appartamenti grandi o anche lo scambio di appartamenti, per ottimizzare gli spazi a disposizione. Un lavoro per nulla semplice anche perché molti inquilini anziani hanno formato un legame affettivo con i luoghi abitativi nel corso degli anni».
«Successivamente abbiamo messo in campo progetti per ristrutturare cascine storiche di proprietà comunale e ricavarne nuovi appartamenti. Si tratta ad esempio della cascina San Bernardo, posta in fondo a viale Libertà, della cascina Bastoni di Sant'Albino e della cascina Cantalupo».
«Inoltre avevamo predisposto dei progetti per intercettare i finanziamenti statali e regionali, purtroppo ancora esigui se si pensa alle necessità, per implementare ulteriormente il patrimonio di altri 600 appartamenti. Insomma una strategia complessa volta a valorizzare il patrimonio pubblico, senza ricreare quelle sciagurate condizioni di ghettizzazione in voga negli anni '60, avendo la possibilità a Monza di dislocare le utenze nelle varie tipologie abitative sparse in tutte le circoscrizioni».
Nel 2007 con il cambio dell'amministrazione tutto questo lavoro ha avuto una battuta di arresto. Anzi addirittura è stata avanzata la proposta da parte dell'attuale amministrazione di centro destra di affidare la gestione delle case comunali alla nuova Aler di Monza e Brianza. Una proposta che ha fatto insorgere non poche contrarietà sia in consiglio comunale che nei comitati e sindacati degli inquilini monzesi.
“Questa proposta è stata attualmente accantonata.” dice Marrazzo “ Tuttavia ha palesato le grosse difficoltà che ha l'amministrazione attuale a gestire le problematiche. E' di recente attuazione uno scambio di compiti operato tra gli assessorati competenti, quelli di Mangone e Antonicelli, per tentare di sostenere le emergenze, tipo ad esempio la ripresa del fenomeno dell'occupazione abusiva che raggiunge quasi il 5% degli alloggi. Per risolvere i problemi non basta la buona volontà ma occorre mettere in campo un piano strategico adeguato.“
Questa amministrazione sembra più interessata ad occuparsi di altre cose, come ad esempio la molto discussa variante al PGT che prevede la costruzione di 2 milioni di metri cubi di nuove edificazioni; in questo piano non è contemplata l'edilizia popolare e in particolare quella in affitto, se non in parte con l'uso dell'edilizia convenzionata. Allora via, avanti così nelle vecchie strade della privatizzazione della casa stile anni '80, non importa se non tutti i monzesi possono permettersi il lusso di acquistare l'abitazione primaria e di accedere ai mutui, quando la situazione diverrà esplosiva, com'è già avvenuta in altre città, questo problema sociale diverrà un problema di ordine pubblico e l'amministrazione potrà dormire sonni tranquilli.