Una minaccia mai sopita, quella delle armi atomiche.
Se ne è parlato in un convegno della Statale di Milano
Che il mondo fosse sotto la minaccia delle armi atomiche l'aveva già capito Albert Einstein, quando negli anni '50 lanciò l'allarme alla comunità internazionale. Il dilemma delle armi nucleari e il ruolo dell'Europa sono stati al centro del convegno tenutosi nella mattinata di oggi all’Università Statale di Milano. Un meeting internazionale a metà tra scienza e politica organizzato dall’ateneo milanese in collaborazione con Pugwash, organizzazione non governativa nata nel 1957 da un gruppo di scienziato provenienti da entrambi i lati della cortina di ferro incontratisi rispondendo all’appello di Einstein e del filosofo Betrand Russel per impegnarsi a risolvere i problemi seguiti alla proliferazione delle armi atomiche. Alla Ong è andato nel 1995 il premio Nobel per la Pace.
Nelle sale dell'università milanese è stato avviato un confronto preparatorio in vista della Conferenza Generale dei paesi membri del Trattato di Non Proliferazione (TNP) che si terrà a maggio. Tra i presenti Hans Blix, presidente della Commissione di ispezione Onu tra il 2000 e il 2003 ( quella inviata in Iraq prima della guerra per verificare la presenza di armi di distruzione di massa), Des Browne, ex ministro della difesa del Regno Unito e presidente del Top Level Group, Jayantha Dhanapala, presidente di Pugwash ed ex sottosegretario Onu per il disarmo, il professor Paolo Cotta Ramusino, segretario generale di Pugwash e presidente dell’Unione scienziati italiani per il disarmo, oltre agli ambasciatori di Russia ed Egitto.
Temi all’ordine del giorno della Conferenza Generale del TNP di maggio saranno i rischi legati allo sviluppo di armi atomiche da parte di paesi come l’Iran, il crescente interesse che il nucleare per scopi civili sta riscontrando in varie parti del mondo, e specialmente in Asia, e la necessità di migliorare le condizioni sotto le quali l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) possa effettuare controlli efficaci sulle attività nucleari dei vari paesi.
A partire dal 1975 fino ai giorni nostri è stato il TNP a garantire la sicurezza globale. Il trattato, cui hanno aderito tutti i paesi tranne 4 (India, Pakistan, Israele e Corea del Nord, che ha annunciato il suo ritiro nel 1993) è stato costruito attorno ai tre principi cardine del disarmo, non proliferazione e del libero accesso all’energia per scopi civili. Solo gli Stati che già possiedono l’arma nucleare mantengono il diritto di averla, impegnandosi ad attivarsi nei negoziati per il disarmo e a non trasferire tecnologia nucleare o materiale fissile a paesi che non ne dispongano; gli altri si impegnano a non cercare di costruire o acquisire in alcun modo armi atomiche. Gli accordi prevedono però la possibilità per tutti gli Stati aderenti di sviluppare programmi per l’uso civile dell’energia atomica e di essere assistiti in questo.
Finita la guerra fredda nel 1989, è rimasto però il problema delle armi nucleari. Enormi arsenali di armi tattiche e strategiche sono dislocati sullo scacchiere mondiale non facilitano le relazioni. Si parla di 23.000 testate, alcune delle quali montate su missili armabili nel giro di pochi minuti. Il mondo vive una minaccia globale, che non si è mai esaurita e anzi minaccia di espandersi ulteriormente.
Il trattato cominciò a mostrare i suoi limiti nei primi anni '90. Al basso numero di paesi che potevano possedere l’arma atomica si contrapponeva un numero molto più grande di stati che oggi si stima siano in grado di produrre la bomba atomica: secondo Mohamed El Baradei, direttore generale dell’AIEA ( Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), si parla all’incirca di 40 stati. La natura discriminatoria del TNP, che distingue fra paesi che possono legittimamente avere l’arma nucleare ed altri che non possono, non aiuta a disincentivare lo sviluppo di strategie atomiche. Per l’Unione Europea si tratta di una nuova occasione per dimostrare di avere una voce comune in politica estera, anche se - come ha detto a Vorrei l'ambasciatore Blix - "appare difficile che paesi come la Francia e la Gran Bretagna possano rinunciare al proprio potenziale nucleare".