Formazione delle coalizioni, premi di maggioranza, sbarramenti per i piccoli partiti. Il governo delle regioni realizza un presidenzialismo blindato che qualcuno vedrebbe volentieri anche a livello nazionale
Un Consiglio inutile?
Nelle elezioni che si terranno a fine marzo, gli elettori saranno chiamati a decidere non solo il capo dell'esecutivo, il Presidente, ma anche i componenti dell'organo legislativo e rappresentativo della propria regione, cioè il Consiglio regionale. Istituzione, questa, che a detta dell'editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli Della Loggia ha un'utilità pari allo zero: ciascuna è infatti formata in maggioranza da uomini politici della stessa coalizione del presidente eletto, e pertanto assolutamente inclini ad accettare qualunque decisione costui prenderà nel corso del suo mandato (ecco l'articolo sul sito del Corriere). Al consiglio sono affidate funzioni legislative (legifera a livello locale e può anche proporre leggi al parlamento nazionale), amministrative, e soprattutto di controllo sul bilancio, sulla giunta e sul suo presidente: non è possibile dunque ignorare l'anomalia generata dal fatto che l'organo legislativo si presta ad essere scavalcato proprio da chi dovrebbe esserne invece controllato.
A determinare questa identità fra esecutivo e legislativo è il sistema elettorale vigente per le regionali. La modifica del 1999 all'articolo 122 della Costituzione ha fatto sì che i presidenti delle giunte regionali siano eletti a suffragio diretto e a maggioranza semplice. Ciascun consiglio è invece eletto con un sistema misto: i 4/5 dei seggi sono assegnati con il proporzionale, l'ultimo quinto è assegnato tramite il maggioritario alla lista vincente. Articoli e commi vari della legge elettorale regionale del 1995, modificata in parte nel 1999, fanno in modo che la lista del presidente vincitore ottenga sempre almeno il 55% dei seggi disponibili, al fine dichiarato di garantire una stabile governabilità della regione.
La Sala del Consiglio Regionale della Lombardia
Il domino delle liste
Alle elezioni si presentano delle liste provinciali, ognuna delle quali deve essere collegata ad una lista regionale, che esprime anche un candidato presidente. Più liste provinciali possono essere collegate alla stessa lista regionale. Questa può essere contrassegnata da un unico simbolo oppure dai simboli di tutte le liste collegate. Ciascuna lista regionale deve essere collegata a delle liste provinciali presenti in almeno quattro province. Per ogni lista esiste una percentuale di sbarramento, cioè un numero minimo di voti che bisogna ottenere per poter esprimere almeno un consigliere nell'assemblea regionale. Per quelle provinciali, lo sbarramento è al 3%, mentre per quelle regionali è al 5%. Le percentuali sono calcolate in base al numero di voti a livello regionale. Notare che una lista provinciale che ha ottenuto meno del 3%, ma che è collegata ad una regionale che invece ha ottenuto almeno il 5%, può partecipare alla spartizione dei seggi.
Per concludere, si può avanzare un'ipotesi alquanto azzardata e provocatoria: se si fossero svolte con queste regole le elezioni politiche del 2006, forse Prodi governerebbe stabilmente ancora oggi. Oltretutto, come dice anche Galli Della Loggia, si realizza in questo modo un presidenzialismo sottratto a qualsiasi controllo, che mortifica il principio base della democrazia, cioè «la divisione dei poteri: proprio quella divisione dei poteri che invece nel presidenzialismo vero (come quello americano, appunto) trova la sua più coerente applicazione».
Lo schema per l'attribuzione dei seggi (http://www.regione.lombardia.it/)
Fonti: http://sistemielettorali.wordpress.com/ e www.corriere.it