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«Nel silenzio distratto o connivente di troppi, consegniamo ai futuri studenti e ai loro genitori Piani dell’offerta formativa che non hanno alcun valore legale, predicando bene e razzolando male»

 Riceviamo e pubblichiamo

 

L’idolatria della tempestività d’azione dell’homo iperfaber, il mitologico gigante Briareo incarnato e messo in scena da Bertolaso, si rivela capillarmente diffusa in Italia.

E’ di oggi la notizia che Arcus, “Società per lo sviluppo dell´arte” a capitale interamente sottoscritto dal ministero dell´Economia e che fa capo al ministro Bondi e a Matteoli, ha disposto discrezionalmente di centinaia di milioni di euro, già utilizzati o da utilizzarsi in interventi sul patrimonio culturale e o artistico.

Guarda caso, concentrandone una parte nei collegi elettorali dei sunnominati e affidando tra gli altri incarichi a Mario Resca, uomo di Berlusconi e di Mondadori, e al dipartimento di Archeologia dell´Università di Padova, diretto da Francesca Ghedini, sorella di Niccolò Ghedini.

Tutto legale, pure coincidenze, ovviamente.

Anche se è Fabio Granata, componente della Commissione cultura della PdL e non dell’opposizione, a dichiarare “Arcus ha di positivo l´immediata operatività, finanzia anche opere importanti, tuttavia in due anni di legislatura mai un atto della Spa è transitato in Parlamento».

Per far prima, dunque, si fa come si vuole: e così, nel pieno rispetto delle leggi ad hoc vigenti, si generano e mantengono le clientele.

La prassi, intendiamoci, è diffusa pure nell’opposizione, anche se praticata con maggiori cautele: agli obblighi di trasparenza e monitoraggio, amministratori e dirigenti preferiscono da tempo l’invenzione bipartizan di enti o società fintamente partecipate, ma in realtà controllate e fortemente sovvenzionate.

L’arte dell’aggiramento delle regole dirama dagli scanni più alti, governativi e parlamentari, e si diffonde per i consigli comunali, fino alle assemblee di condominio aumentando, come ha scritto la Corte dei conti, malaffare, corruzione, sprechi.

E inquinando pesantemente, aggiungo io, lo stesso senso civico e di responsabilità dei cittadini e il corretto funzionamento quotidiano delle cose.

 

Un esempio in campo scolastico

In Regione Lombardia, la Pianificazione territoriale dell’offerta formativa (cioé la distribuzione sul territorio delle tipologie di scuole e dei loro indirizzi), gestita da Regioni e Province, è cominciata a ottobre 2009.

Non c’era, allora, uno straccio d’elemento di riferimento legale per attivarla, circolavano solo materiali informali, pubblicati sul sito di questo o quel ministero: ma sono bastati per partire.

La gran parte delle scuole sono state invitate a avanzare osservazioni anche di natura estremamente importante e delicata sulla base di quegli elementi effimeri, senza alcuna scadenza nota, senza certezza della legalità delle fonti cui si riferivano e della loro esattezza.

Infatti, quando jl 4 febbraio 2010 il governo ha deliberato i regolamenti attuativi della riforma della secondaria superiore, alcune diversità rispetto ai materiali precedentemente messi a disposizione sono risultate evidenti.

Pareva ovvio, a quel punto, riaprire i termini della questione per il tempo adatto a riflettere sui nuovi elementi.

Invece - per mostrarsi rispettosi di una tempistica illusoria fin troppo sbandierata in tv - nel giro di meno di una settimana la Regione Lombardia ha approvato il proprio Piano (il 12 febbraio), dapprima “limitandosi” ad acquisire quanto proposto dalla Province (errori compresi), salvo modificarlo di nuovo il 24 febbraio, viste alcune palesi incongruenze evidenziate.

La Provincia di Monza, che era stata sollecitata a considerare la nuova situazione, l’ha fatto alla velocità della luce ma non ha apportato modifiche, penalizzando così alcuni istituti in termini di merito e di metodo e privilegiandone altri.

Nel settore dell’istruzione artistica, ne risulta che in tutta la provincia di MB non è presente un indirizzo liceale di Comunicazioni audiovisive e multimediali e nemmeno di scenografia (previsti nella riforma).

Senza entrare nel merito delle contraddizioni gravi che queste assenze creano nei percorsi formativi e professionali, sarebbe bastato riflettere sulle implicazioni in termini di completezza dell’offerta formativa, di pendolarismo, di relativi costi collettivi e individuali sul piano della mobilità ecc.

Nello stesso tempo, e immagino si sia trattato di pura coincidenza, la situazione che si è determinata fa sì che questi vuoti possano esser riempiti, se lo vorranno, da scuole private paritarie.

 

Le responsabilità diffuse

Fin qui sto parlando delle responsabilità delle amministrazioni, ma se percorriamo l’intera catena dalle macro alle microdecisioni, ci accorgiamo che partiti d’opposizione, dirigenti scolastici, collegi docenti e consigli di istituto, buona parte dei sindacati (esclusa la FLC CGIL, che ha impugnato diversi provvedimenti anche a scala nazionale), si sono permeati della stessa logica, dimenticando di essersi trovati e trovarsi a deliberare su carta qualsiasi, su pagine ondine prive di qualsiasi legittimazione.

Perché qualsiasi regolamento attuativo non ha alcun valore legale fin che non è pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e questi non lo sono tuttora: figuriamoci ad ottobre scorso, o a inizio febbraio.

Che si sarebbe fatto, in un Paese normale, non viziato dalla sindrome di Bertolaso/Brareo e soci?

Si sarebbe rinviato di un anno l’adozione dei nuovi indirizzi e del nuovo Piano, consentendo che compisse il suo legittimo corso.

Qui in Lombardia no, e nessuno ne discute.

Perchè la logica dell’emergenza è stata fatta propria anche da coloro che, invece, dovrebbero esser i garanti della democrazia autonomistica, federale e dell’autonomia scolastica, sorvolando persino sulle contraddizioni con alcuni articoli della Costituzione che questo avventato iter presenta.

L’opposizione regionale e provinciale - per l’ennesima volta – ha dimostrato di non esserci o di esser molto disattenta, anche se sollecitata a svegliarsi.

Tremonti, dalla scuola, vuole soldi subito, sul bilancio di quest’anno, forse perché teme di finire – come scrive Boeri - nella lista dei paesi che saranno attaccati dalla speculazione dopo la Grecia.

Così tutto fa brodo, e nelle scuole - dopo aver sprecato ore e risorse per spiegare cosa sia la cittadinanza - insegniamo con l’esempio ad abdicare concretamente al suo esercizio.

Nel silenzio distratto o connivente di troppi, consegniamo ai futuri studenti e ai loro genitori Piani dell’offerta formativa che non hanno alcun valore legale, predicando bene e razzolando male.

Nemmeno una voce si leva per urlare: cara Regione, cara Provincia, il vostro Piano non vale nulla, non ancora.

Caro ministro, le iscrizioni non valgono nulla, non ancora.

E noi non possiamo seriamente stilare alcun patto formativo con i genitori ne dare alcun POF, e anche se ci arrivasse dal MIUR già pronto in extremis (comprensivo di ore, programmi ecc.) non sarebbe legale, perché il POF va poi progettato, rielaborato e deliberato dai Collegi docenti, che allo stato attuale non hanno i riferimenti per farlo.

In questa situazione, quel che pretendete dalle scuole è che sanciscano questa illegalità ”a rischio loro”, per quieto vivere.

Senza pensare a chi, in quel quieto vivere, affogherà: lavoratori che perdono il posto a decine di migliaia, ma ancora di più territori e giovani che perdono il proprio futuro per far miseramente e inutilmente cassa, sino alla prossima cartolarizzazione, al prossimo swap, al prossimo condono fiscale.

Michelangelo Casiraghi
Docente e RSU FLC CGIL Istituto statale d’arte e Liceo artistico di Monza