Intervista all'arciprete di Monza. Il ruolo degli oratori, i giovani e la fede, il razzismo, l'integrazione e i rapporti con le altre confessioni
C
risi delle vocazioni e dei matrimoni, Brianza razzista e concentrata solo sui ‘danè’, oratori vuoti, scarsi rapporti con le altre religioni. Quanto c’è di vero nelle frasi che sentiamo spesso ripetere per le strade o nei bar? E come sta la comunità cattolica di Monza e dintorni? Questi alcuni dei temi che abbiamo voluto verificare e analizzare con Monsignor Silvano Provasi, Arciprete e massimo esponente della chiesa monzese per il nostro dossier sulle religioni in Brianza.
Monsignor Provasi, innanzitutto, vorrei provare a delineare con lei un quadro statistico per l'area che le è di competenza: numero di cattolici, fasce d’età, nascite, morti, ec.
Nel caso di Monza definire statisticamente la vita di una comunità è molto difficile e forse, per ragioni geografiche, ha poco senso. Questa è infatti una città-territorio: ad alcune Ss. Messe celebrate in Duomo si recano persone provenienti da altri comuni della Brianza, anche lontani. La parrocchia del Duomo, invece, è costituita da oltre 5000 abitanti.
È possibile stabilire un trend: la comunità è in aumento o in diminuzione? e il livello di partecipazione?
Come detto, è molto complesso. Si possono osservare certo dei fenomeni. Ad esempio, ci si sposa molto meno di prima ed è in largo aumento la convivenza: un chiaro segno che la morale cristiana (non solo sessuale...) fa più fatica ad entrare nella normalità ed in alcune scelte significative della vita delle persone.
Si sente spesso parlare di ‘crisi delle vocazioni’. A Monza che situazione c’è?
Il decanato di Monza è costituito da 24 parrocchie per un totale di 167.000 abitanti,. E’ quindi uno dei decanati più popolosi della diocesi. Ad oggi stiamo lavorando alla creazione di sette Comunità Pastorali: cinque all’interno di Monza, una a Brugherio e una a Villasanta. Ci sono sempre meno preti e le necessità pastorali sono sempre in crescita: Monza fino a poco tempo fa, offriva alla diocesi, ogni anno, uno o più sacerdoti novelli. In questi ultimi anni l’ordinazione sacerdotale sta diventando un’eccezione.
A suo parere questo fenomeno a cosa è imputabile? La Chiesa ha delle responsabilità in merito?
Anche la chiesa ha certamente delle responsabilità ed è per questo in atto una riflessione su come rendere più evangelica ed essenziale la sua azione pastorale. Tuttavia, il problema non mi sembra solo ecclesiale. Mi chiedo: esistono delle vocazioni oggi nella politica? Il lavoro sa esprimere ancora vere “vocazioni” professionali? E il matrimonio è realmente celebrato e vissuto come “vocazione” all’amore e alla vita?
Mi sembra che il problema vero sia legato a un cambiamento più profondo della società: sappiamo sempre meno impegnarci a lungo termine, prendere decisioni durature, consacrare la nostra vita a una causa. Stiamo vivendo con fatica questo passaggio e credo che la crisi vocazionale sia solo uno dei sintomi più evidenti.
Dall’adolescenza in avanti dobbiamo constatare che il sistema oratorio-parrocchia non è più capace di rispondere alle esigenze dei giovani
Mi piacerebbe capire se lo stesso problema lo incontrate anche nel coinvolgimento dei giovani in attività parrocchiali e nella vita della comunità?
L’oratorio come luogo educativo e aggregativo tiene fino all’inizio delle scuole medie. Dall’adolescenza in avanti dobbiamo constatare che il sistema oratorio-parrocchia non è più capace di rispondere alle esigenze e alle richieste aggregative di adolescenti e giovani. I ragazzi sono sommersi da un’offerta sovrabbondante: iniziative, sport, musica, sono sempre più mobili sul territorio e sempre meno legati al loro contesto di vita.
Quali politiche si stanno mettendo in campo per coinvolgerli maggiormente?
Stiamo pensando a schemi diversi, cercando fuori dalla parrocchia là dove circolano i giovani oggi: il mondo della scuola, quello del volontariato e dello sport; senza però disperderci in essi e perdere lo specifico dell’educazione e missione cristiana. Ci stiamo coordinando con scuole e associazioni sportive per produrre insieme quello che da soli non riusciremmo più ad offrire. A breve dovremmo avere anche una figura educativa e di coordinamento pastorale interna alla chiesa, ma totalmente dedicata ai contatti e relazioni con le istituzioni e le associazioni presenti sul territorio, una figura che si occupi proprio di individuare e sviluppare questi nuovi possibili ambiti di collaborazione ed offrire impegni di volontariato in coerenza con i valori ecclesiali.
A questo proposito vorrei chiederle che tipo di rapporto intrattenete con le istituzioni, c’è collaborazione?
Si stanno pensando rapporti di collaborazione per creare sinergie là dove è possibile. Ad esempio, si pensi al tema dell’assistenza al malato nel percorso post-ospedaliero. Oggi e sempre di più in Brianza ci sono pazienti che, perché soli o anziani, hanno bisogno soprattutto di assistenza per proseguire le cure una volta dimessi dalla struttura ospedaliera. In questo ambito potremmo intervenire come strutture di supporto. Nella parrocchia di Santa Gemma, vista la sua vicinanza con l’ospedale, stiamo cercando di rendere i locali annessi alla parrocchia un luogo d’incontro e studio per gli studenti di medicina, uno spazio di supporto all’attività universitaria. Soprattutto stiamo costituendo una Commissione di Pastorale scolastica perché a Monza abbiamo un alto numero di scuole paritarie ed è urgente, nel nostro compito educativo, una più evidente sinergia con le scuole locali. Inoltre la Caritas cittadina, la S. Vincenzo ed altre associazioni di volontariato ecclesiale stanno svolgendo un prezioso compito assistenziale e sociale in città. Abbiamo anche buoni rapporti con il Comune, ad esempio, ci siamo recentemente inseriti nel progetto Hub Young promosso dall’Assessore Sassoli.
Non è facile realizzare una convivenza serena tra contesti così diversi quando, come oggi, le famiglie sono parcellizzate, la solitudine e il disagio accentuano la paura
Come vede e vive nel suo ruolo le problematiche dell’integrazione in Brianza?
L’integrazione è un tema critico e mi capita sempre più spesso di notarlo. Andando a benedire di casa in casa, anche qui in centro, trovo spesso contesti di vita differenti a distanze molto ravvicinate. In via Zucchi, in via Aliprandi… non è inusuale incontrare appartamenti di lusso intervallati da appartamenti in cui le condizioni di abitabilità minime sono a rischio.
Non è facile realizzare una convivenza serena tra contesti così diversi quando, come oggi, le famiglie sono parcellizzate, la solitudine e il disagio accentuano la paura del diverso e l’istinto a chiudersi, soprattutto - ma non solo, ovviamente - in quei contesti caratterizzati da una popolazione piuttosto anziana.
A livello parrocchiale state sviluppando azioni a favore di una migliore integrazione?
È un impegno non facile questo. È questo un lavoro che richiede una collaborazione e responsabilità condivisa. È necessario saper saggiamente valutare e discernere i timori e le urgenze di tutti; quelli giusti e reali da quelli che nascono dall’ignoranza dell’altro e dall’enfatizzazione di alcune fatiche e tensioni. È un lavoro che coinvolge anche l’ambito politico-sociale, chiamati a ripensare e riqualificare alcune aree dimesse o deteriorate della città. E’ una “missione” da portare avanti a livello personale, ogni giorno, non chiudendosi aprioristicamente all’altro ma cercando di affrontare e risolvere insieme i problemi concreti, superando preconcetti e sfiducie reciproche.
Un altro tema aperto è quello delle religioni e delle culture: sono presenti altre religioni a Monza? ci sono rapporti e interazioni?
A Monza c’è una bella e dinamica comunità di ortodossi rumeni. Con Padre Pompiliu, il loro referente, abbiamo ottimi rapporti e collaboriamo anche per alcune iniziative. Più problematico il rapporto con la comunità dei protestanti riformati e con i musulmani, ma semplicemente per il motivo che queste non sono strutturate e non è possibile individuare un referente con cui relazionarsi.
Individualismo, chiusura, incapacità di impegno in progetti duraturi, portano a delineare un orizzonte sociale incerto
La Brianza è per definizione terra ‘bianca’, molto cattolica, ma oggi sembra esprimere, e in modo sempre più evidente, valori opposti (individualismo, disaggregazione, chiusura all’altro, ec). La Chiesa che responsabilità ha in merito?
Innanzitutto occorre chiarire che cosa si intende quando diciamo “Chiesa”: solo il Papa, i vescovi, i preti, i religiosi... o anche (o innanzitutto...) i laici, le persone impegnate ogni giorno e concretamente nel gestire il quotidiano nel lavoro, nella cultura, nella politica...? Il Vangelo crea tradizione, certo, ma questa non rimane cosa scontata. Occorre una scelta personale che rinnovi ogni giorno l’impegno a seguire il messaggio evangelico. Come per le vocazioni, credo si tratti di un fenomeno ascrivibile entro un più ampio cambiamento in corso nella società. Individualismo, chiusura, incapacità di impegno in progetti duraturi, portano a delineare un orizzonte sociale incerto, dove tutto può essere e tutto può cambiare, anche i valori. La tradizione cristiana è rimasta... ma come esprimere meglio quella forza che l’animava e che era capace di caratterizzare il volto di questa città?
Un’ultima domanda un po’ più personale: quali sono oggi le priorità che pone nel suo impegno ecclesiastico?
Direi che sono tre. La prima è una priorità di tipo educativo. Dobbiamo ripartire da una liturgia che educhi e che non si riduca a ritualismo e solo dovere della domenica. Vale anche per incontri più semplici, di tipo organizzativo, ad esempio: rendere ogni opportunità occasione di educazione e incontro. Mi sembra che manchi sempre di più il tempo per la formazione, ecco, allora dobbiamo portare valenze formative dentro ad ogni momento. E’ necessario iniziare a guardare alla liturgia con una visione più ampia. La Messa, ad esempio, è anche il momento in cui la chiesa incontra il territorio e i cristiani si incontrano tra loro, si confrontano, si confortano, creano socialità.
La seconda priorità risponde a un bisogno che avverto come sempre più presente in questo momento sociale: il bisogno di consolazione. Anche il momento della confessione dovrà sempre più diventare occasione non solo per “giudicare” ma anche per celebrare e vivere un’opportunità di ascolto e consolazione, nella quale diventi più evidente il segno sacramentale dell’invito alla conversione e riconciliazione. Anche per noi incontrare i fedeli ed ascoltarli è sempre più difficile, il tempo è poco e le cose da fare sempre di più. Però è necessario trovarlo questo tempo. È necessario trovarlo e coltivarlo.
La terza priorità è quella dell’aggregazione: lavorare insieme, anche nell’ottica delle nuove comunità pastorali, diventa sempre più importante per affrontare quei nodi che la parrocchia da sé oggi non può più affrontare. Dobbiamo unirci, valorizzando le differenze.
Wikibriciole. L'arciprete di Monza
L'Arciprete di Monza è un presbitero che presiede il Capitolo del Duomo e ed è a capo della comunità cattolica della Città.
Il Duomo, sin dalla sua fondazione da parte della Regina Teodolinda, è retto da un arciprete.
L'Arciprete per antiche concessioni ha il titolo di "Monsignore" e utilizza alcune insegne tipiche di un vescovo: l'anello, la croce pettorale (sorretta con cordone verde e oro), la mitria preziosa, la dalmatica e il pastorale. Nelle maggiori solennità (Natale, Epifania, Pasqua, Natività di San Giovanni Battista, Corpus Domini, Festa dell’Esaltazione della Croce) celebra la Messa Pontificale.
Anticamente alcuni prelati disponevano di una milizia armata propria. Per un privilegio concesso dalla corona austriaca nel XVIII secolo la milizia monzese è stata conservata. Per questo, durante le celebrazioni in Duomo, nelle maggiori solennità prestano servizio degli alabardieri in costume settecentesco.
Da Wikipedia
In tre Comuni 24 parrocchie e 18 ordini religiosi
Il decanato è formato da 24 parrocchie, 5 delle quali sorte negli ultimi 30 anni. Si estende sui Comuni di Monza (122 mila abitanti), Brugherio (33 mila) e Villasanta (14 mila). Decano e arciprete del Duomo di Monza è, dal 2007, monsignor Silvano Provasi. Nel decanato sono presenti 18 ordini religiosi. Sei di questi sono maschili: i Frati Minori, i Carmelitani, i Barnabiti, i Pavoniani, i Dehoniani, il Pime. Dodici i femminili: suore Misericordine e Preziosine (entrambe di origine monzese), Canossiane, di Maria Bambina, Figlie del Divin Zelo, Minime Oblate del Cuore Immacolato di Maria (Mamma Rita), Sacramentine, Ausiliarie diocesane, Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, Figlie di Maria Regina, Francescane di Gesù Bambino, missionarie dell’Immacolata.