20100616-frisi

«Come insegnanti del Liceo, sentiamo la necessità di chiarire agli studenti, alle loro famiglie, alle altre scuole e a tutto il territorio le ragioni della nostra scelta.»

Riceviamo e pubblichiamo

Nel corso dell’ultima riunione dell’11 giugno 2010, il Collegio Docenti del Liceo Scientifico Frisi di Monza ha deciso, a larghissima maggioranza, di sospendere l’approvazione dei progetti per il prossimo anno scolastico 2010-2011, rinviandone la discussione e l’eventuale approvazione alla prima riunione del Collegio del prossimo anno scolastico.

Non si tratta certo di una decisione particolarmente grave o “eversiva”, specie se la si confronta ad altre forme di protesta ben più dirompenti, come per esempio il blocco degli scrutini, che pure stanno interessando molte scuole di tutta Italia. Tuttavia, come insegnanti del Liceo, sentiamo la necessità di chiarire agli studenti, alle loro famiglie, alle altre scuole e a tutto il territorio le ragioni della nostra scelta. I progetti, infatti, sono uno strumento importante che da molti anni contribuisce ad arricchire l’offerta formativa del Liceo e a qualificare le sue attività culturali anche al di là della didattica ordinaria e quotidiana.

Per quanto piccola e poco “rumorosa”, la nostra scelta non è stata facile. Crediamo nel valore insostituibile della scuola pubblica e “vogliamo bene” al Frisi: la sua riconosciuta qualità, crediamo, dipende anche dalla nostra passione culturale ed educativa, dal lavoro che vi svolgiamo. Perciò, non rientra certo fra le nostre intenzioni la dequalificazione del Liceo, specie in un periodo in cui le scelte politiche sembrano esse stesse rivolte a questo obiettivo. Ma il punto è proprio questo.

La scuola pubblica, come da molti mesi ci raccontano le cronache quotidiane e come sanno tutti coloro che a vario titolo vi sono coinvolti, soffre del blocco del turn over, della pesante riduzione di personale, di una crescente carenza di risorse anche per il funzionamento ordinario, dell’impossibilità di rispondere alle domande di tempo pieno che provengono dalle famiglie. Anche sul piano simbolico, gli “statali”, i lavoratori del pubblico impiego e gli insegnanti in particolare, sono oggetto di un discorso pubblico denigratorio che li dipinge come fannulloni e privilegiati.

In questo quadro già difficilissimo, si è inserito il recente decreto (D.L.78/2010) varato dal Governo e ora trasmesso al Parlamento per la sua conversione in legge. Esso colpisce in modo pesantissimo i lavoratori pubblici facendo cadere sulle loro spalle l’onere principale del risanamento del bilancio dello Stato. Segnaliamo, in particolare, i commi 1, 4 e 23 dell’articolo 9 che, tra l’altro, prevedono che:

  • Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti […] non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell’anno 2010…”

  • I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 […] non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. La disposizione di cui al presente comma si applica anche ai contratti e accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto…”

  • Per il personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti”

Il blocco del rinnovo contrattuale e degli scatti di anzianità, a cui si devono aggiungere gli effetti pensionistici che esso determina, obbliga i lavoratori della scuola a pagare un prezzo davvero iniquo ed esagerato. Si aggiunga che, dopo tante rivoluzioni annunciate sulla “meritocrazia”, il decreto 78 cancella una disposizione della Legge 133/2008 che, mentre prevedeva la realizzazione di cospicui risparmi nel comparto scuola, destinava però il 30% degli stessi al riconoscimento del merito e alla carriera dei docenti. Insomma, il danno e la beffa, al punto che lo stesso Ministro Brunetta, che non può essere certo sospettato di eccessiva condiscendenza verso gli “statali”, ha avuto da ridire su questa scelta.

Ma in tutta questa vicenda la posta in gioco non è solo o principalmente il trattamento economico degli insegnanti e del personale non docente che lavora nella scuola. La scelta che abbiamo compiuto e le altre che eventualmente faremo non dipendono esclusivamente dalla pur legittima difesa degli interessi di categoria.

La verità è che in questo caso l’interesse particolare e l’interesse generale o, se si preferisce, la rivendicazione di categoria e il bene comune coincidono. E ciò per almeno due ragioni:

  • Noi non contestiamo che, di fronte ad un quadro economico di crisi internazionale nel quale l’Italia ha il triste primato di un debito pubblico fuori controllo, ciascuno sia chiamato a fare la sua parte. Noi siamo pronti a fare la nostra. Ma non è accettabile la clamorosa iniquità distributiva che tanti autorevoli osservatori hanno sottolineato in queste settimane: non è accettabile che a coloro che hanno 10 venga chiesto 100 e che a coloro che hanno 100 venga chiesto 10 o, addirittura, 0! Si guardi a quanto sta accadendo in altri paesi europei. In Portogallo, nel Regno Unito e ora anche in Germania si prevede di alzare l’aliquota sui redditi più alti, mentre la Francia ha previsto un prelievo straordinario sui redditi oltre gli 11.000 euro mensili. Francia e Regno Unito, poi, hanno appena annunciato una tassa sulle banche per il 2011 e la Spagna un aumento dell’imposizione sui redditi da capitale. Insomma, che ognuno faccia la sua parte.

  • I continui tagli alla scuola pubblica, resi ancora più iniqui dal contestuale aumento dei finanziamenti diretti o indiretti alla scuola privata, non sono soltanto e neppure principalmente un problema degli insegnanti. Sono soprattutto un problema degli studenti, delle famiglie, del livello culturale complessivo del paese e dello stesso sistema produttivo. Perciò è inaccettabile che ai tanti provvedimenti che, a partire dalla Legge 133/2008, hanno previsto dei tagli alla scuola statale ora se ne aggiunga un altro: il decreto in questione, infatti, non interviene solo sul trattamento economico dei lavoratori della scuola, ma ancora una volta riduce i trasferimenti che permettono agli istituti scolastici il funzionamento ordinario. E’ risaputo, del resto, che molti di questi istituti – e il Frisi non fa eccezione – vantano ciascuno un credito di decine di migliaia di euro nei confronti del Ministero dell’Istruzione e perciò si trovano talvolta obbligati ad adottare misure straordinarie, come un contributo una tantum delle famiglie o l’innalzamento delle tasse scolastiche, per garantire lo svolgimento dei servizi fondamentali a cui sono tenuti.

Alleghiamo alla presente comunicazione il testo del Decreto 78/2010 e la relazione illustrativa che lo accompagna in modo che chiunque possa verificare la correttezza della nostra posizione e, speriamo, condividere con noi non solo la preoccupazione ma anche le forme di mobilitazione necessarie a modificare un provvedimento iniquo nei confronti dei lavoratori della scuola e, soprattutto, punitivo verso il sistema scolastico statale che ci vede tutti – studenti, famiglie e lavoratori – dalla stessa parte.

 

Monza, 15 giugno 2010

 

Gli insegnanti del Liceo Frisi che hanno aderito alla sospensione dei progetti