Monza e il suo territorio nelle ricerche della Camera di Commercio e della Provincia. Qualità della vita, dell'ambiente
Nel giugno del 2009 fa la Camera di Commercio di Monza e Brianza presentò una ricerca dal titolo “Brianza e Brianza ideale”.
Il 13 ottobre scorso, a poco più di un anno di distanza, La Provincia ha promosso un convegno dal titolo “Ambiente Brianza, un capitale da tutelare”, centrato su una indagine affidata all’ISPO, la società di ricerche demoscopiche di Renato Mannheimer, su come “I cittadini percepiscono la Provincia di Monza e Brianza”.
In realtà, l’una e l’altra ricerca hanno avuto come oggetto le opinioni dei brianzoli sulla qualità della vita e del lavoro nel territorio.
La prima cosa che balza agli occhi è il giudizio ampiamente positivo (oltre l’80%) degli intervistati, imprenditori nella prima ricerca e cittadini nella seconda.
I giudizi negativi, o le preoccupazioni, sono apparsi piuttosto contenuti, o addirittura sottotraccia (come nella parte “psicolinguistica” della prima ricerca). Basto dire che per oltre 50% degli intervistati da Mannheimer la fluidità del traffico e i trasporti pubblici sono soddisfacenti 1!
Restando su quest’ultima ricerca, i giudizi negativi si concentrano ovviamente soprattutto sul traffico. Dopo il traffico viene l’inquinamento, il che dimostra una buona comprensione del rapporto causa-effetto. Questa comprensione diminuisce per quanto riguarda il rapporto inquinamento-verde: è vero che il verde è citato, un po’ romanticamente, dal 97% dei cittadini come il fattore più importante della qualità della vita. Ma poi ben l’82% ritiene che esso sia sufficiente! Qui sarebbe stato utile distinguere il nord dal sud della Brianza, cioè, come è stato detto 2, la parte urbanizzata dove non si distingue più un comune dall’altro, da quella dove la marea del cemento non è ancora arrivata.
E’ interessante anche l’opinione prevalente per quanto riguarda il passato e il futuro. Una lieve maggioranza ritiene infatti che la qualità della vita in generale sia peggiorata negli ultimi tempi 3. Ma per quanto riguarda il futuro, prevale l’idea che le cose miglioreranno. Si ritiene cioè che il peggioramento sia contingente, legato soprattutto alla crisi economica, superata la quale tutto tornerà più o meno come prima. Non si ritiene cioè che la Brianza possa essere coinvolta in un declino di lungo termine, come invece era risultato dalle nostre interviste ad alcuni capi di grandi imprese multinazionali insediate in Brianza, pubblicate da questo giornale.
C’è insomma un atteggiamento diffusamente ottimistico, confortato peraltro dalla storia della Brianza (capace di passare nei secoli dalla seta ai cappelli alla meccanica senza grandi scosse), e una certa rimozione delle minacce e delle preoccupazioni.
E’ diffusa la “cultura del fare”, e la convinzione che svolgendo, ognuno nel suo piccolo, il proprio mestiere con diligenza, anche la propria famiglia, la propria impresa e pertanto tutta la Brianza progrediranno. E che se le cose sono andate bene nel passato, non si vede perché non debbano andare bene anche nel futuro4.
In sostanza, una visione applicata della teoria di Adamo Smith sulla mano invisibile. La teoria più recente, cosiddetta “del cigno nero”, cioè della possibilità che, nonostante i cigni sinora conosciuti siano stati tutti bianchi, possa apparire a un certo punto un cigno nero (cosa verificata, e non solo metaforicamente), non è diffusa in Brianza.
La cementificazione dilagante, le infiltrazioni della ‘ndrangheta, gli effetti della globalizzazione, la scarsa attrattività verso le imprese straniere (che comporta anche il rischio di delocalizzazioni strategiche), sono problemi lontani per i brianzoli. Così come le possibili azioni per prevenire le minacce: la difesa del suolo libero, l’impegno civico al di fuori della famiglia, del capannone e della carità, l’istruzione superiore.
Si direbbe che, al grande impegno nel proprio piccolo, corrisponda una sorta di fatalismo nelle cose grandi.
Tutto ciò fa pensare che la Brianza che i brianzoli vorrebbero non differisca gran che da ciò che è stata e ciò che è, salvo adeguarsi flessibilmente, ma senza scosse, al cambiare del mondo. E che comunque la Brianza stia meglio di altre realtà socio-territoriali: quasi il migliore dei mondi possibili.
In questa realtà antropologica, immaginare scenari negativi, come possibilità alternativa quelli positivi (come si fa usando il metodo dello scenario building)5, potrebbe rivelarsi inutile. In un contesto dominato da una cultura del fare, conviene prospettare progetti alternativi, per controbilanciare quelli di coloro che considerano la Brianza come una comunità di sudditi, come una colonia passibile di sfruttamento intensivo.
1 La ricerca fa rilevare che quasi il 50% degli intervistati sono insoddisfatti per questo elemento, mentre per gli altri elementi (inquinamento, verde, sicurezza ecc.) l’insoddisfazione è minore. Ma evidentemente il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. E i brianzoli, insieme a Mannheimer, tendono a considerare il pieno più che il vuoto!
2 Vedi l’intervista a .Giuseppe Crippa, Presidente di Brianza Plastica, “I brianzoli. Sono Molto gelosi e individualisti”, pubblicata su questo gironale. Ma anche il Sig. Crippa, come tutti i brianzoli, si è dimostrato ottimista, cioè convinto che i comuni del nord brianzolo saranno capaci di evitare la cementificazione!
3 Nella ricerca della Camera di Commercio del 2009, rivolta agli imprenditori e non ai cittadini tutti, il giudizio sul passato recente era più negativo: contro un 15,8% che indicava un miglioramento, il 30,4% riteneva che la situazione era peggiorata. In compenso, l’ottimismo circa il futuro era più accentuato (32,3% prevedeva un miglioramento contro il 22,7% che si aspettava un ulteriore peggioramento).
4 Bisogna dire, a onor del vero, che la laboriosità e l’impegno a fare bene dei brianzoli è ampiamente testimoniata, e spazia dalle persone alle famiglie, alle imprese, e anche alle istituzioni (al punto che perfino il Tribunale di Monza è stato citato come il più efficiente d’Italia). Tutto ciò contribuisce alla flessibilità del contesto socioeconomico e quindi alla sua capacità di adeguarsi prontamente ai cambiamenti.
5 Io ci ho provato, ma con scarso successo. Vedi: “Scenari territoriali. Brianza: due storie del futuro”, in Sistemi&Impresa, marzo 2008.
Leggi anche:
Monza e Brianza, una provincia ambientalista?
Quanto è sostenibile la Brianza di Allevi?