Il laboratorio di cortometraggio a Monza curato da Proiezione180. Il racconto di una radio sociale a bordo di un Apecar. Il video
L’associazione Proiezione180 (di cui faccio parte) lavora nel campo della salute mentale e si occupa di inclusione sociale e di qualità della vita. Ci sforziamo quindi di rispondere alla singolarità di ogni persona come elemento fondamentale di un gruppo più ampio. Lavoriamo non sui bisogni primari — come mangiare, avere una casa, avere un lavoro — ma su quelli radicali; essere liberi, scegliere, costruire la propria identità. Siamo convinti che la forza del desiderio, anche addormentato o nascosto, indaghi la libertà personale, faccia tornare in comunicazione: sia elemento di trasformazione.
Abbiamo organizzato un laboratorio di cortometraggio presso il Centro civico di via Lecco, 12 a Monza, volutamente l’iscrizione era completamente gratuita e la partecipazione libera. Il nostro obbiettivo era raccogliere le persone più diverse ed andare a lavorare direttamente sul quartiere, in particolare in Via Bergamo. La nostra associazione è stata la promotrice di via Bergamo Social Street, e ci sembrava importante fare una attività divertente e coinvolgente direttamente sul posto. Sia per raggiungere il maggior numero di persone possibile, sia per portare un clima positivo e naturale negli incontri concreti fra persone, in strada. Avevamo preparato il terreno con una serie di aperitivi in strada l’anno scorso che hanno visto il gruppo del cortometraggio sempre presente e attivo, e poi dopo una lunga serie di incontri in cui tutti hanno contribuito ad inventare la storia, abbiamo incominciato a girare direttamente in strada.
La storia ruota intorno ad una radio sociale, itinerante, montata su una Apecar. La radio accompagna le giornate di tutti i residenti della via, fa loro compagnia, da annunci utili e futili, collega, amplifica, avvicina con leggerezza e immediatezza. La radio da la sveglia, da il buongiorno raccontando le storie delle persone, aiuta a trovare lavoro, a risparmiare, a farsi una risata, ma soprattutto a socializzare.
Il costante coinvolgimento con l’ambiente circostante crea legami nuovi e rinsalda vincoli esistenti così da recuperare e reinvestire nelle persone e nel mondo. Il laboratorio di cortometraggio ha ben presto offerto una opportunità di entrare in relazione liberamente con gli altri, anche se sconosciuti. Una attività in cui muoversi riconquistando occasioni di scambio nella collettività. Siamo andati a contattare tutti i negozianti della via con l’obbiettivo di mettere in contatto, partecipare, interpretando il contesto sociale al cui interno sono ammesse tutte le dinamiche nell’impegno a rendere la società accessibile ad ogni persona. Abbiamo trovato terreno fertile e accoglienza pressoché incondizionata. Tutti si sono prestati a farci usare i loro spazi, a cantare un pezzo di canzone, ad accennare una battuta. Ciascuno ha portato all’incontro se stesso: in questo comune esserci si verifica un cambiamento terapeutico per tutte le persone coinvolte, senza ruoli rigidamente fissati. Non c’è mai un risultato prevedibile e certo della relazione. L’aspetto terapeutico diventa un concetto secondario perché la relazione è prima di tutto umana.
Sicuramente ci siamo molto divertiti, e sicuramente tutti gli attori hanno fatto del loro meglio per raccontare un modo diverso, una possibilità diversa di vivere con “socievolezza”. Ci sono sempre cambiamenti fattibili, ma si tratta di introdurre la capacità di affrontarli, anche quando fanno paura, o mettono in crisi.
“La persona può vivere nel mondo, può viverci pur avendo bisogno di aiuto, non è detto che la società non debba aiutarlo, magari per sempre, dopotutto ciascuno di noi ha sempre bisogno di essere aiutato. Bisogna costruire una società in cui ritrovare il gusto di vivere. Dove la persona possa interrompere la paura, il senso di disagio e di frustrazione che si pone all’origine di tutti i diversi sistemi di adattamento adeguamento” V. Andreoli