Coloro che oggi insegnano scienze potranno domani subentrare nell’insegnamento di geografia. Biologi e chimici a parlare di globalizzazione, niente di male.
Carissimi, è finita. Non tanto per me (docente), sia chiaro, io sono solo un passo di un viaggio molto più lungo. E’ finita per la geografia, come sapere, intendo. Lo avevano annunciato dal ministero ormai un paio d’anni fa, che sarebbe sparita. Non hanno nemmeno avuto il coraggio di giustiziarla alla luce del sole, guardandola in faccia. Hanno scelto un percorso di marginalizzazione progressiva: sorridendole, l’hanno esclusa. Mancava solo un ultimo piccolo passo ed è stato compiuto freddamente, nel segreto degli uffici ministeriali qualche settimana fa.
La classe di concorso A039, che da anni è titolare degli insegnamenti di geografia, da qualche settimana a questa parte, se la deve e dovrà vedere con la classe A060. In altre parole, i colleghi che oggi insegnano scienze potranno domani subentrare nell’insegnamento di geografia. Biologi e chimici a parlare di globalizzazione, niente di male.
Il tutto è avvenuto con un atto semplice: i contenuti del primo anno che erano inclusi nel vecchio ordinamento nella materia “geografia” sono stati trasferiti alla materia “scienze integrate, biologia e scienze della terra”. Con il cambio di nome e l’accorpamento a biologia.
Non è che l’ultimo di una serie di provvedimenti vessatori nei confronti di questa disciplina (qui e qui, due articoli al riguardo a firma di Ilvo Diamanti). Va infatti ricordato che, nel 2010, la geografia è stata spostata dal triennio al biennio negli istituti tecnici ad indirizzo economico con il risultato che l’anno prossimo 2011/2012 ci sarà un leggero aumento nelle ore di insegnamento per effetto dello scivolamento delle classi, ma dall’anno scolastico 2012/2013 ci sarà un drastico ridimensionamento delle cattedre che si può stimare a regime essere di circa il 60% in meno.
Un'opera di Alighiero Boetti
In questa situazione era lecito attendersi un provvedimento che chiarisse cosa ne sarà della classe A039 e invece eccoci davanti a un provvedimento di accorpamento per cui i colleghi di scienze acquisiscono il diritto all’insegnamento della geografia nel biennio degli istituti tecnici ad indirizzo economico e in quelli turistici.
E’ semplice leggere un indirizzo ministeriale che vuole marginalizzare la geografia fino a farla sparire.
Al di là degli ovvi demeriti di provvedimenti figli dei tagli a scuola e settore pubblico (tagli che banalizzano senza entrare nel merito) vorrei concentrarmi sull’aspetto squisitamente didattico di queste scelte.
Gli insegnamenti di scienze, che hanno tutta la loro dignità e autonomia, basano su fondamenta concettuali e metodologiche decisamente differenti da quelle offerte dalla geografia e, mio modesto parere, difficilmente intercambiabili. Le scienze sono discipline puntuali, di settore, con un codice preciso. La geografia è interrelazione e interpretazione, mix di saperi e di sguardi, disciplina della complessità.
Forse è proprio qui il punto, come sostiene De Matteis in questa interessante raccolta di articoli sul valore della nostra – lo dico con tutta l’umiltà del caso - materia. Il punto è che la geografia, proprio per la sua aderenza al reale, non è inquadrabile, non è scontata, è perenne evoluzione e si perde facilmente tra le nostre categorie. In un paese, in un sistema, che sceglie sempre più vie facili e senza interrogazioni è una disciplina scomoda, qualcosa che è meglio non contare, fastidi.
E così davanti a spostamenti che crescono, confini che si modificano, incontri (e scontri) culturali che aumentano, rimaniamo senza bussola. In uno spazio che è sempre più importante, contemporaneamente più vicino e più lontano, andiamo a eliminare la materia che meglio può offrire uno sguardo ampio e comprensivo sul presente.
Oggi, e lo dico in tutta onestà, c’è bisogno di una cultura geografica, che sappia allacciare e mettere insieme, che sappia dare lettura di uno spazio e di una prospettiva.
Temo non si possa guardare l’orizzonte senza geografia. E senza orizzonte è difficile immaginare passi davanti.