L'ultimo comunicato del FOA Boccaccio cade nel tranello e scende sul livello dello scontro vero e proprio: «Se qualcuno proverà ancora, in preda al delirio legalitario, ad affrontare “manu militari” le problematiche che solleviamo, che sono di natura sociale, culturale, politica, la risposta della piazza potrebbe essere diversa».
Qui a Vorrei seguiamo da molto tempo la "questione Boccaccio", perché ci pare interessante che in una città che alle 8 di sera muore davanti alla tv o al tavolo di un pub ci sia chi - non per interessi economici - ha voglia di mantenerla viva, stimolare l'incontro, promuovere spettacoli, dibattiti, cultura. Ancora più interessante è che costoro siano persone spinte da un certo senso civico (criticabile quanto si vuole) e non da arrivismo, avidità, cinismo che sono le cifre dello stile di vita che negli ultimi decenni la società italiana ha visto trionfare: in televisione, in politica, sul lavoro. Abbiamo le nostre perplessità sul modo di muoversi dei militanti del Boccaccio (e Poli ne scrive bene nell'articolo dell'altro ieri) ma il nostro interesse rimane, com'è giusto che sia per una rivista che vuole raccontare una Monza e una Brianza che non si rassegnano a quell'immagine da fabbrichetta-villetta-nanetto da giardino che a questo territorio è stata assegnata. Il nostro "seguire" le vicende del Boccaccio, approfondire alcune sue iniziative come il Teatro alla Scala Pericolante, ha voluto anche significare mantenere il discorso su un piano sociale e culturale mentre in altri ambiti - a cominciare da quello pseudo-politico dell'amministrazione comunale - si affrontava la faccenda solamente come ordine pubblico, sorvolando sulle esigenze di determinati spazi non profit in città.
In questi giorni stiamo cercando di seguire anche questo assurdo gioco dei quattro cantoni in cui occupanti e sgomberanti sembrano rincorrersi da uno spazio abbandonato all'altro, dove decine e decine di celerini in tenuta antisommossa arrivano a scacciare una manciata di assonnati ragazzi, e in cui la Giunta parla solo di legalità e il Boccaccio pretende uno spazio. Stamattina però ci è arrivato l'ultimo comunicato del Centro Sociale (lo riportiamo di seguito, integralmente come sempre) in cui si annuncia l'apertura di un Café Precario che ci sembra un'altra idea interessante in un mondo/momento in cui la massima aspirazione utopica sembra essere la dittatura del precariato, come dice il nostro saggio musicale Pozzi. C'è un passaggio però che - lo diciamo molto chiaramente - non ci piace neppure un po':
Occorre sottolineare che finora tutto è avvenuto senza alcun turbamento dell’ordine pubblico, incidente, o disagio per la città, ma solo attraverso una strategia ben pianificata, frutto dell’intelligenza collettiva di centinaia di persone (studenti, lavoratori, disoccupati) che individuano pratiche e linguaggi in funzione degli obiettivi che ci si pone.
Però la rabbia accumulata in otto anni di repressione e sgomberi, di progetti mutilati sul nascere o dopo anni di consolidata validità, di trattative affossate, avrebbe legittimamente potuto declinarsi in altra maniera.
E’ chiaro che se qualcuno proverà ancora, in preda al delirio legalitario, ad affrontare “manu militari” le problematiche che solleviamo, che sono di natura sociale, culturale, politica, la risposta della piazza potrebbe essere diversa, calibrata su un accanimento inaccettabile nei nostri confronti.
Speriamo di sbagliarci, ma vi leggiamo un voler mostrare i denti, addirittura una velata minaccia di "reazione" che lascia spazio ad ipotesi di violenza. Sarebbe l'errore peggiore che il Boccaccio potrebbe fare perché significherebbe mandare all'aria anni di lavoro, strangolare qualsiasi ipotesi o possibilità di confronto con tutto il resto della città. In poche parole il Boccaccio chiuderebbe il Boccaccio. Con grande soddisfazione di chi l'ha sempre vista solamente come una questione di ordine pubblico.
DA UNO SPAZIO ALL’ALTRO, MA ORA GUAI A CHI CI TOCCA
I segnali lanciati con i cortei contro lo sgombero di via Aspromonte 12 (quello pomeridiano studentesco e quello serale) e la successiva rioccupazione di via Durini 19 sono stati molto chiari. Indietro non si torna: lo spazio sociale a Monza, la sua esistenza, sono dati di fatto che diamo per consolidati.
Tutto il resto sono chiacchere di un talk show a cui non abbiamo interesse a partecipare, ma che guardiamo dall’esterno, negli intervalli del nostro lavoro quotidiano.
Vediamo come in consiglio comunale la compagine di Mariani cerca di destreggiarsi maldestramente di fronte alla forza messa in campo dalla F.O.A. Boccaccio, rifugiandosi nelle solite argomentazioni di carattere legalitario e nelle fandonie di presunti alfieri della sicurezza cittadina.
Il dato politico che emerge chiaro da settimane di mobilitazione è uno solo: la forza propulsiva delle idee e le energie che scaturiscono dalla nostra determinazione nel perseguire gli obiettivi sono aumentate e divenute capaci di abbattere gli ostacoli che questa Amministrazione ha cercato di porre sulla nostra strada.
Occorre sottolineare che finora tutto è avvenuto senza alcun turbamento dell’ordine pubblico, incidente, o disagio per la città, ma solo attraverso una strategia ben pianificata, frutto dell’intelligenza collettiva di centinaia di persone (studenti, lavoratori, disoccupati) che individuano pratiche e linguaggi in funzione degli obiettivi che ci si pone.
Però la rabbia accumulata in otto anni di repressione e sgomberi, di progetti mutilati sul nascere o dopo anni di consolidata validità, di trattative affossate, avrebbe legittimamente potuto declinarsi in altra maniera.
E’ chiaro che se qualcuno proverà ancora, in preda al delirio legalitario, ad affrontare “manu militari” le problematiche che solleviamo, che sono di natura sociale, culturale, politica, la risposta della piazza potrebbe essere diversa, calibrata su un accanimento inaccettabile nei nostri confronti.
L’ottavo sgombero non sarà tollerato: da via Durini ce ne andiamo solo se un nuovo spazio sarà pronto ad accogliere le nostre attività.
Dateci l’Apollo, dateci i magazzini di via Aspromonte 12, dateci uno spazio comunale qualsiasi (e ce ne sono tanti) così non dovrete preoccuparvi della nostra “incolumità” nell’attuale sede del Boccaccio, da alcuni definita “fatiscente”. Ci siamo stancati di proprietari che si ricordano dell’esistenza di questi spazi solo se qualcuno prova a recuperarli, per poi rivolerli indietro e lasciarli ancora a marcire (sorte destinata a tutti gli spazi che abbiamo toccato). Alla fatiscenza facciamo fronte col nostro lavoro quotidiano di recupero, perché noi questi luoghi li facciamo rivivere, non li danneggiamo, come l’ass. Villa ha affermato recentemente. Si vada a fare un giro in via Boccaccio 6 per verificare qual è lo stato dello stabile da quando è stato sgomberato.
Comunque per ora siamo in via Durini 19 e continuiamo nei nostri percorsi: il Boccaccio c’è e continua a operare, esprimendo contenuti e parole d’ordine chiare. Oggi, 6 maggio 2011, giornata di un controverso sciopero generale parliamo di lavoro e lo facciamo a modo nostro, sottolineando in primis la necessità di trovare nuove forme di sciopero che tornino a far male a chi ci ha reso precari, sfruttati, incarcerati nella dinamica di un’esistenza priva di prospettiva di reddito e diritti. La critical mass che abbiamo organizzato e che ha attraversato in maniera creativa la città, toccando alcuni luoghi simbolo di quelli che chiamiamo “assi della precarietà” (lavoro, casa, affetti, saperi, mobilità), è una piccola prova di “sciopero precario”, un esperimento per testimoniare che con fantasia e capacità di comunicazione si possono superare strumenti di lotta ormai incapaci di ridefinire i rapporti di forza tra chi produce ricchezza e non ne gode (noi) e chi invece la accumula sfruttandoci.
In questa giornata abbiamo anche deciso di inaugurare un nuovo spazio pubblico all’interno della F.O.A. Boccaccio: il Cafè Precario (http://boccaccio.noblogs.org/post/2011/05/05/inagurazione-cafe-precario).
Vogliamo che sia luogo di transito e di confronto tra tutti coloro che non si riconoscono nella Monza che viviamo oggi e in generale nel regime esistenziale a cui troppi si stanno abituando. Servono luoghi di conflitto, laboratori per studiare forme di lotta e ambiti di condivisione di saperi, conoscenze, esperienze. Servono luoghi collettivi, dove organizzarsi e pensare come utilizzare il nuovo spazio, facendo ripartire i percorsi nati in tre settimane di occupazione all’interno dello stabile di via Aspromonte 12. Speriamo dunque che questo Cafè sia un luogo di questo tipo.
F.O.A. Boccaccio 003
Via Durini 19, Monza
boccaccio.noblogs.org