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 Il Comitato Beni Comuni MB: «Invita i sindaci  e tutti gli amici a vigilare e a denunciare tutti i tentativi di “annullamento “ dei risultati referendari»

 

Riceviamo e pubblichiamo

 

Monza, li 24/06/2011                                          
Alla c/a  Signori sindaci dei comuni della Brianza;
e.p.c. ai  Gruppi consigliari dei comuni di MB                                                                                                                                           
e.p.c.  ai Gruppi del consiglio provinciale di MB;                                                                                                                                                                                    
e.p.c .ai Gruppi del consiglio regionale Lombardia                              
                                                                                       
e.p.c. Alle segreterie politiche di MB                                                        
e.p.c. Alle Segreterie provinciali di FILCTEM-FEMCA;
e.p.c alle RSU di Agam-Alsi-Brianzacque;

e.p.c All'osservatorio anti mafie (Peppino Impastato) di M B                                                                          
 
    Egregi signori in indirizzo il comitato Beni Comuni di MB, con molto piacere, intende ringraziare le forze politiche, sociali e istituzionali per l'impegno profuso e per aver creato le condizioni affinché anche il 54,8 dei brianzoli si sia recato a votare per i referendum 2 Sì per l'Acqua Bene Comune, 1 Sì  per fermare il nucleare.

    La condivisione dei  valori sintetizzati nella definizione Beni Comuni,  nel rispetto dei differenti ruoli rivestiti nelle istituzioni e nel movimento, ha creato una vasta rete di consenso e la possibilità di un dibattito sociale e politico, fin ora impensabile, esempio di democrazia partecipativa per i nostri percorsi futuri.

     L’eccezionale sfida referendaria  ci ha visti impegnati gomito a gomito, senza pregiudizi sulle reciproche appartenenze, senza verificare  se i partecipanti alle centinaia di iniziative messe in essere nel territorio avessero in tasca tessere di partito e di movimento. Un  antica e reiterata “coazione alla divisione”  è stata vanificata,  poiché con grande senso di comunità abbiamo condiviso una missione e una inedita voglia di confronto,  nelle prassi e negli approfondimenti ,andando  a fondo sul significato anche etimologico dei Bene Comuni.

    Possiamo affermare con estrema sincerità che l'acqua oltre a essere il secondo elemento del creato, dopo la luce, ha messo in atto un triplo miracolo.
    Il primo è dato dal'enorme interesse che l’acqua ha innescato sul valore umano che rappresenta, e  dunque solo i folli possono ancora  pensare di connotarla  tramite una rilevanza economica,  mercificando l’acqua come un normale oggetto di consumo.

    Il  secondo miracolo è dato dalla capacità di collocare  questa battaglia in una più generale  sui Beni Comuni, beni naturali, sociali e simbolici, da difendere o da riconquistare, poiché in questo ventennio molte cose ci sono state tolte sugli altari del mercato, dando vita alla società liquida e di scarto, dove tutti siamo afflitti e consumati dalla sindrome  dell’avere senza desiderare, dall’ opacità e dal conformismo culturale, dalle solitudini degli individui, dalle precarietà del lavoro e della vita.
    Il terzo miracolo, è costituito  dal riaffermarsi della  voglia di rimettere in discussione la “democrazia” delegata e introdurre un equilibrio inedito tra democrazia delegata e democrazia partecipata.

     Il segnale è stato chiaro ed inequivocabile, il mandato dei milioni di italiani che si sono recati a votare, nonostante i tentativi di censura, è preciso: dunque la volontà della cittadinanza attiva non può essere  ignorata o vanificata

    Nonostante  ciò il tentativo di alcuni politici è ancora quello di usare  alcuni ferri arrugginiti e di nascondere nelle pieghe dei decreti la reiterazione di percorsi  annullati con il risultato referendari, come è stato tentato nel così detto Decreto Sviluppo del governo, che introduce   l'Agenzia per l'Acqua.

    Ancora una volta ci viene riproposta la  filosofia dello Stato regolatore, che  si limita a “dettare le regole per la concorrenza tra privati”, tendenza   spezzata dal referendum, dopo essere stata indebolita perfino in Europa dal trattato di Lisbona.

    Emerge chiaramente in Italia ed in Europa, da Parigi  a Berlino, che i percorsi di rinnovamento della  gestione  pubblica devono essere rafforzati,  ripensati nel loro fare e saper fare, nell’essere  efficaci ed economici, resi  controllabili dalle comunità a cui appartengono di diritto  i beni comuni.

    Occorre ricordare  che il diritto comunitario degli appalti pubblici consente ai Paesi membri dell’Unione Europea di prevedere la gestione in-house dei servizi idrici. La legge nazionale dei singoli Paesi membri ammette l’affidamento diretto a operatori di proprietá e controllo interamente pubblici, senza che si faccia ricorso alla gara per la selezione del gestore, purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla sentenza Teckal (C-107/98) della Corte di Giustizia,. Questo contribuisce a spiegare il perché in Europa, così come nel mondo intero, l’in-house rappresenti la forma predominante di gestione dei servizi idrici; si stima che il 90% dei servizi idrici urbani a livello globale sia erogato da operatori pubblici.

    Questo nostro ragionamento, autenticamente riformista, si inserisce perfettamente nelle dinamiche  della Lombardia e dunque della Brianza, dove il 54.8% dei brianzoli ha detto un no sonoro alle privatizzazioni abrogando l'art,23 bis e l'art.15 del decreto legge n. 135 e quindi la famigerata legge regionale nata con il decreto 135 (decreto Ronchi).
    Ora le lobby dell' acqua privata brianzole, aventi molti agenti “ai piani alti”delle aziende pubbliche, vanno brigando e vanno dicendo che nulla è cambiato e che la legge regionale va applicata, facendo entrare il privato nella gestione , magari usando l’escamotage di ridurre le quote di partecipazione. In Brianza si inventano percorsi di  financial  projetcs, proprio per dare in mano ai privati la succulenta torta  della gestione dei fanghi dei depuratori e delle reti.

    Noi anticipiamo che qualora non dovesse subentrare il buon senso e la gestione corretta dei processi di ripubblicizzazione del ciclo idrico in Brianza, oltre alla mobilitazione e alla denuncia verso l'opinione pubblica, saremo costretti nostro malgrado a recarci preso la Procura della Repubblica e denunciare quanto di illecito si tenta di imporre.

    Il Comitato Provinciale dei Beni Comuni invita pertanto i sindaci  e tutti gli amici in indirizzo a vigilare e a denunciare tutti i tentativi di “annullamento “ dei risultati referendari, coerentemente con quanto fatto in appoggio alla campagna referendaria stessa. 

     Ci aspettiamo che le istituzioni, i sindacati e le organizzazioni  politiche siano in grado di  programmare percorsi che vadano nella direzione della  ripubblicizzazione dell'Acqua in Brianza.

    A nostro modo di vedere le cose da sviluppare urgentemente, anche in relazione alla convocazione  dell'assemblea dei sindaci soci di Alsi, che avrà luogo martedì 28 giugno ore 17,00  a Monza, sono numerose:

1) lavorare affinchè in questa assemblea venga sancito l'affidamento diretto al pubblico del Ciclo Idrico Integrato in Brianza;

2) mettere in mora definitivamente qualsiasi ipotesi di entrata nella gestione  del privato sia in forma diretta, sia in forma indiretta (esternalizzazioni, financial  projetcs );

3) abolire l'ufficio d'Ambito provinciale e ripristinare l'Assemblea dei soci (i sindaci);

4) riesaminare i  Cda e i collegi dei revisori, sia nella composizione sia nel ruolo, introducendo il principio vincolante del divieto di accumulazione di cariche nelle aziende partecipate e comunque di settore, per evitare conflitti d'interesse, ma anche per scegliere i componenti in relazione a competenze specifiche nel settore,

5) introdurre  elementi significativi di controllo da parte dei cittadini e di democrazia partecipata.

6) dotarsi  di un piano strategico di sviluppo e di riorganizzazione delle Aziende Pubbliche,  secondo criteri di efficienza, trasparenza e produttività, bandendo ogni forma di assunzioni e di nomine di stampo clientelare.


Per dare un contributo ai percorsi sopra citati alleghiamo un documento.
 

Un grazie ancora e distinti saluti.
Il Comitato Beni Comuni di MB

 

 

 

PER COSTRUIRE IL CICLO IDRICO INTEGRATO IN BRIANZA
AL SERVIZIO DEI CITTADINI E DEL TERRITORIO

 La questione legata al C.I.I. in Brianza è strettamente connessa alle volontà del potere politico, che quale con le proprie decisioni imboccherà un percorso innovativo sotto il profilo economico, sociale e culturale, oppure la vecchia via già battuta delle privatizzazioni all’italiana, che ha portato benefici esclusivamente a pochi singoli o a lobby private legate ai potenti apparati politico affaristici regionali e nazionali. A pagare sarà, come sempre, la gestione pubblica la cui funzione è la tutela dei cittadini, del territorio e dell’ambiente.

Gli appetiti privati intorno al C.I.I. sono infatti enormi: con la prospettiva di mettere le mani sull’oro blu direttamente o indirettamente e accaparrarsi colossali rendite vitalizie garantite per un servizio già svolto efficacemente dal pubblico, queste lobby hanno già cominciato a tessere la tela fitta per esercitare il proprio controllo sulla politica e per condizionarne le scelte e le decisioni.

Si tratta di una strategia già ampiamente collaudata: influenzando e pilotando alcuni esponenti della vita politica, quelli che oggi sono i “cercatori dell’oro blu” hanno speculato sull’edificazione senza limiti del territorio dei comuni brianzoli. Le scelte politiche, tecniche e amministrative compiute negli ultimi 15 anni in Brianza sono state devastanti e forse irreversibili per la qualità della vita dei cittadini brianzoli, e per la stessa legalità, in quanto è oramai acclarato che dietro la grande speculazione del territorio si è annidata la criminalità organizzata. Al pubblico e alla collettività è stato lasciato in eredità un fardello ambientale pesantissimo, i cui costi si scaricheranno inevitabilmente su di noi sia in termini di elevatissimi danni al territorio, all’ambiente e all’economia: la cementificazione, che oramai ha raggiunto percentuali di non sostenibilità ambientali pari al 60%, ha prodotto gravi squilibri nei patrimoni e nei sistemi idraulici e idrogeologici brianzoli.

La cementificazione eccessiva, ad esempio, non permette alla pioggia di penetrare nel terreno e rinnovare le falde acquifere. Nonostante cadano dal cielo ogni anno oltre 1050 mm di pioggia, le falde acquifere si sono abbassate di oltre 20 mt.

E’ sotto i nostri occhi spalancati e smarriti, che non appena piove per due giorni di continuo, la rete fognaria scoppi, i fiumi esondino, i depuratori vadano in tilt e si verifichino ingenti danni alle colture, al patrimonio urbano e alla viabilità.

Per correre ai ripari ci si rivolge alle consulenze prestate da professionisti tecnici specialisti della pianificazione territoriale, che sono, ovviamente, sempre gli stessi che hanno guidato e condotto la cementificazione. Le loro proposte, paradossalmente, richiederanno altro e altro cemento, ovvero la costruzione di infrastrutture costosissime e inutili quali collettori sempre più mastodontici, vasche volano e opere di ingegneria idraulica. Sarebbe invece opportuno che la Provincia imponesse nuovi regolamenti edilizi che obblighino il recupero delle acque piovane nell’edilizia privata, commerciale, industriale e pubblica per far sì che esse non vadano a incidere sul sistema delle reti fognarie e, contestualmente, per introdurre un ciclo virtuoso di recupero delle acque piovane per usi irrigui e per lavaggi.

Inoltre la Provincia dovrebbe, quando possibile, rendere obbligatorio il riciclo delle acque utilizzate nei settori artigianali, industriali e commerciali.

Sarebbe altresì necessario un regolamento per gli enti locali secondo il quale rendere obbligatorio l’uso di materiali atti a far drenare le acque piovane dell’enorme rete stradale, oggi pavimentata con asfalti impermeabili.

 

ALCUNI DATI SUL VALORE ECONOMICO DEL C.I.I:

Il nuovo ATO di MB è composto da 55 comuni con una popolazione di 850.000 abitanti, e vanta un ricchissimo ed invidiato tessuto di centri commerciali, insediamenti industriali e artigianali. Questi sono anche veri e grandi consumatori di fette altissime di territorio e di acqua che, una volta utilizzata ed inquinata, confluisce nelle reti fognarie e negli impianti di depurazione.

Se consideriamo solo ed esclusivamente gli abitanti della provincia brianzola, possiamo stimare sulla base della media giornaliera pro-capite di lt. 200, un consumo annuo complessivo di mc. 62.000.000. Gli introiti per le aziende che operano nell’ATO brianzolo sono pertanto stimabili intorno agli €. 62.000.000 (milioni di €uro annui), ai quali dovrebbero essere sommati i ricavi derivanti dalle utenze industriali e dalle nuove richieste di allacciamento.

Per distribuire questi 62 milioni di metri cubi fatturati, è necessario però sollevare dalla falda molta più acqua a causa delle perdite fisiche e commerciali, attestabili intorno al 20-22%, che incidono sui bilanci delle aziende dell’acqua sotto le voci dei costi energetici e di usura dei meccanismi.

Dunque, si stima che le perdite fisiche, causate dal classico buco nel tubo, ammontano al 6-7% (pari quindi a mc. 4.000.000). Se si proseguisse la ricerca sistematica preventiva delle perdite avviata negli ultimi anni, tali percentuali potrebbero essere ulteriormente ridotte e quindi potrebbero essere recuperati volumi significativi di acqua sollevata.

La questione più eclatante è però costituita dalle perdite commerciali, stimabili nel 14-16% (pari a mc. 10.000.000), che si generano e si propagano da utenze prive di contatori o dotate di contatori vetusti che erogano l’acqua ma non la rilevano.

Sommando le perdite fisiche e commerciali, possiamo stimare che le aziende dell’ATO brianzolo e, di riflesso, la collettività perdano oltre i 14 milioni di €uro ogni anno, considerando che la bolletta energetica è una delle voci di bilancio di primaria importanza, sia in termini di costi economici, sia in termini di consumo energetico, che ha conseguenze dirette per la produzione dei gas serra a causa dell’immissione del Co2 in atmosfera.

Per realizzare gli investimenti (pozzi, reti idriche, fognature e depuratori), le c.d. società patrimoniali, che sono i soggetti gestori dei rami del servizio idrico, hanno a disposizione il 42% della tariffa, pari ad €. 26.000.000 per le sole utenze civili.

Gli erogatori (Amiacque serve n. 28 comuni, Brianzacque n. 23, Acsm-Agam la città di Monza, Arcalgas serve Villasanta e Metano Arcore ha il servizio di Arcore), forniscono il servizio idrico garantendo la manutenzione ordinaria delle reti con il restante 58% (pari ad €. 36.000.000).

ALTRE NECESSARIE PREMESSE:

Alcune regioni (Puglia, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Piemonte) hanno preso posizione per contrastare il prosieguo di privatizzazione dell’acqua e gli obblighi dall’art. 23 bis del decreto Ronchi, ed attualmente sono pendenti presso la Corte Costituzionale n. 7 ricorsi di incostituzionalità. Secondo i ricorrenti, gli articoli violati della Costituzione sarebbero in primo luogo l’articolo 117, ma vengono richiamati anche altri articoli; per esempio il Piemonte fa riferimento agli articoli 3, 5, 23, 42, 97, 114 e 118; alcuni ricorsi fanno riferimento al trattato CE all’articolo 5 e all’articolo 14 e 15. La Liguria richiama la Carta europea dell’autonomia locale agli articoli 3 e 4.

Preso atto che la proprietà pubblica delle reti e delle infrastrutture è inalienabile e che l’autonomia degli Enti locali, sancita dalla nostra Costituzione, non possono essere eliminate con un atto d’imperio, così come previsto dal decreto Ronchi, che dichiara decadute le concessioni in essere del servizio idrico integrato affidate a società interamente partecipate dagli enti locali.

Riteniamo che, pur distinguendo i diversi compiti e ruoli, tra i livelli istituzionali (Comuni e Provincia) e il ruolo dei CDA, che sono diretta emanazione dei livelli istituzionali di cui sopra e sono nominati allo scopo di governare le aziende e allo stesso tempo, grazie alle proprie specifiche competenze tecniche e manageriali, di fungere da supporto agli Enti Locali nelle scelte strategiche e di tutela del territorio e delle risorse ambientali.

Pertanto, il voler far apparire e credere che i Cda siano meri esecutori di disposizioni emanate dal livello istituzionale, significherebbe svilirne il potere decisionale ed il ruolo tecnico di supporto e di consulenza a Sindaci e Provincia.

Riteniamo perciò necessario che il rapporto tra società, oggi divise tra gestore ed erogatore, deve porre le basi per un percorso trasparente e democratico al fine di tradurre le scelte politiche e di governare il C.I.I. in Brianza un elemento di novità assoluta rispetto al complicato panorama nazionale, anche perché la nostra gestione pubblica funziona con efficacia ed efficienza e può confrontarsi più che alla pari con il privato. Possono e devono essere ricercati meccanismi e percorsi di ulteriori efficienza e produttività, ma questo dipende anche dal management: i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno avanzato proposte concrete, ma hanno ricevuto ad oggi solo timide aperture.

Le novità che devono scaturire devono favorire la scelta pubblica del CII mettendo in essere, da subito, un agire all’insegna della massima trasparenza e partecipazione dei cittadini, delle associazioni dei consumatori, ambientaliste e dei lavoratori presenti sul territorio e riconosciuti come tali.

Riteniamo che sia indispensabile riportare il cittadino alle istituzioni, che sia necessario più controllo sull’operato di chi gestisce il bene comune e, più in generale, tutto quanto appartiene alla collettività.

L’iter da seguire non dev’essere burocratico, verticistico e tecnicista, ma positivo e tale da creare un clima culturale vivace e partecipativo; un iter in cui il ciclo dell’acqua diventi simbolo di saperi e di conoscenze collettive e di uno sviluppo futuro sostenibile della corretta gestione del territorio, delle risorse e del patrimonio di tutti.

Il ciclo idrico integrato per la Brianza rappresenta un’occasione storica, innanzitutto proprio per i brianzoli, una chance da non sciupare per ragioni dettate dalla solita politica e dalle solite ricette liberiste-privatistiche che non hanno prodotto nulla di positivo riguardo soprattutto l’uso del territorio e dei servizi di pubblica utilità.

AZIONI DA INTRAPRENDERE URGENTEMENTE

Alla luce delle premesse esposte, si ritiene pertanto urgente:

  1. La provincia di MB deve approntare uno schema di convezione con i comuni soci obbligatori del CII, il quale abbia come missione la gestione pubblica del CII e che veda urgentemente l’applicazione della sentenza della corte costituzionale del 20-11-2009 n°307, che sancisce definitivamente il divieto di divisione tra patrimonio ed erogatore.

  1. La costituzione dell’ATO di MB con la dichiarazione di acqua pubblica, superamento della separazione, oggi in essere tra gestore ed erogatore, in quanto tale separazione prevista dall’allora legge regionale della regione Lombardia,n°26 del 2003, art 49 2° comma; la corte costituzionale l’ha resa illegittima poiché la separazione della rete dalla gestione del servizio, risulterebbe anche lesiva dell’autonomia dei comuni, delle province e delle città metropolitane, quale riconosciuta dagli articoli 114 e 117 della costituzione della repubblica Italiana.

  1. E’ necessario dar corso alla fusione delle aziende erogatrici operanti nell’ambito brianzolo (Amiacque, Brianzacque, Agam, Metano Arcore, e Arcalgas).

  1. Superamento del dualismo gestore –erogatore, affidando ad un unico soggetto (in questo caso non potrà che essere la unica patrimoniale definita gestore) il compito e la missione di occuparsi di tutto il CII, superando di fatto l’improduttivo e dannoso stallo di competenze tra i due soggetti (ad es.: manutenzione ordinaria e straordinaria), la cui unica cosa certa prodotta dalla legge regionale n° 26 ,e stata quella di moltiplicare i CDA e le figure dirigenziali.

Tale nuovo schema dovrà sancire l’affidamento in house, cosi come previsto anche nell’ultimo schema di decreto del presidente della repubblica del 22-07 2010, già approvato in via definitiva nel consiglio di ministri n°102 del 22- 07- 2010, di cui all’art 2 commi 1-2-3-4-5-6, e art 4 commi 1-2-3-4.

  1. Il superamento dell’attuale dualismo gestore-erogatore e la creazione di un unico soggetto patrimoniale porterà ad operare sul territorio con economie di scala, tenuto conto che il soggetto unico deve avere come vocazione e missione la progettazione degli impianti, l’erogazione del servizio integrato e l’esecuzione dei lavori su reti e impianti. Con questa missione aziendale si eviterà la proliferazione di appalti, appaltini e consulenze varie nella riscoperta della vocazione dell’industria dei servizi e internalizzando il più possibile le varie fasi del ciclo produttivo e portando risparmio alle tasche del cittadino, unico e vero proprietario del patrimonio pubblico. Con l’attività del soggetto unico verranno inoltre esclusi gli affidamenti degli impianti attraverso le operazioni mascherate di efficientismo quali quelle del financial project, che oggi vanno tanto di moda: si tratta di finanziamenti di progetti con conseguente affidamento per un certo numero di anni al privato che diventa di fatto il vero padrone di fatto degli impianti e delle reti, privato al quale gli enti pubblici consegnano le chiavi di casa propria, in cambio di know how (competenza progettuale, tecnica e gestionale) e, soprattutto, del beneficio dei canoni derivanti dalle prestazioni e della medesima costruzione degli impianti. Tutto l’utile d’impresa viene con il financial project intascato unicamente dal privato, con dubbio vantaggio per il cittadino e per il territorio: si profilerebbe infatti – nel paradosso del tanto inneggiato mercato libero - una vera e propria rendita vitalizia al riparo di qualsiasi rischio di mercato e d’impresa.

  1. Sappiamo benissimo che tali operazioni di affidamento al privato della costruzione e della gestione degli impianti nascono sulla falsa riga dell’operazione fatta a Desio sul forno inceneritore e sul teleriscaldamento, ivi compreso chi sarà l’eventuale “competitore” e sappiamo anche che queste operazioni di affidamento di progetti al privato mettono in subordine il pubblico e la capacità di esercitare un reale controllo della qualità costruttiva e gestionale degli impianti e quindi la capacità di metabolizzare le conoscenze tecniche derivanti dalla gestione di un determinato impianto indipendentemente dalla complessità tecnica del ciclo.

  1. Sappiamo anche che questi soggetti che si propongono a finanziare tali progetti si recano presso gli istituti di credito per richiedere tali importanti somme di denaro e che le banche concedono prestiti solo esclusivamente con la garanzia derivata dall’investimento pubblico e dal contratto di gestione ventennale o trentennale.

Di fronte a tale paradosso, il pubblico deve quindi sborsare queste cifre enormi derivanti dalla tariffa, cioè 30 milioni di euro ogni anno, fungere da garante al privato, consegnare al medesimo le chiavi di casa propria e di conseguenza attuare una privatizzazione mascherata il cui fine è quello di non assumersi le responsabilità per cui si è nominati.

Dobbiamo inoltre far notare che anche chi propone i financial project non necessariamente possiede strutture di engineering, di esecuzioni, di tecnici, ma si avvale di competenze separate e diverse tra di loro. Riteniamo pertanto che, con l’ausilio di competenze specifiche, anche il soggetto unico, seppur di esclusiva proprietà pubblica, potrebbe accedere direttamente a fonti di finanziamento pari a quelle del financial project.

Il rischio, altrimenti, è che la dipendenza dal privato sarà inevitabile, prima nella progettazione e poi nella gestione dei nuovi impianti.

Riteniamo insomma che basterebbe il buon senso di applicare principi elementari analoghi a quelli che applicherebbe chiunque dentro le mura di casa propria: richiedere l’intervento di uno specialista senza dover pagare poi per entrare e gestire qualunque cosa nella sua casa.

A maggior ragione il principio andrebbe esteso e applicato a chi ha la responsabilità della gestione del bene comune.

  1. Costituzione del comitato ristretto votato dalla conferenza d’ambito: tale comitato deve avere un ruolo importantissimo e vitale affinché il bene comune venga gestito in termini corretti, trasparenti ed validi economicamente per le comunità locali e per i cittadini. Oltre a prevedere la presenza di un delegato della provincia e 6 delegati in rappresentanza dei sindaci, deve prevedere anche un numero congruo di rappresentanti della società civile, quali associazioni dei consumatori, associazioni ambientaliste, il comitato dell’acqua e le associazioni dei lavoratori autenticamente riconosciuti e radicati nel territorio e nelle aziende del settore, che avendo sensibilità e competenze specifiche possono essere di grande aiuto nel progettare e gestire il servizio idrico in termini di sostenibilità, e nel fungere da raccordo con i cittadini- utenti, vera risorsa per seminare nuova cultura e nuovi stili di vita.

  1. La Conferenza D’ambito in stretta collaborazione con i CdA deve avviare un processo che preveda l’elaborazione di un vero e serio piano industriale, poiché quelli propinati qualche anno addietro sono risultati un bluff e hanno soltanto sperperato somme di denaro pubblico e che agivano nella sfera di somministrare qualche consulenza nei circoli di interesse politico ed elettorale.

Il nuovo piano industriale deve determinare le strategie gestionali, di investimenti a breve, medio e lungo periodo, qualità e sicurezza del servizio, innovazione tecnologica, analisi delle risorse umane disponibili nelle aziende, profili professionali, organizzazione del lavoro, riconversione professionale, formazione continua del personale e dotazione del bilancio etico.

Altresì dev’essere un piano che preveda campagne di sensibilizzazione nei confronti degli utenti, delle scuole di ogni ordine e grado, nei confronti degli ordini professionali (ingegneri, architetti, geometri, periti, costruttori ecc) stilando un programma di convegni, conferenze in ogni luogo della provincia, tale da innescare il principio della responsabilità etica e dello sviluppo sostenibile e partecipato in ogni soggetto della comunità provinciale.

La Conferenza d’ambito dovrà varare un nuovo piano tariffario secondo un principio di equità e responsabilità etico ambientale: chi più consuma e più inquina, più contribuisce.

Per affrontare al meglio e con grande professionalità, la provincia e i Cda possono avvalersi anche della collaborazione del comitato mondiale dell’acqua organizzazione Onlus, il quale possiede già pacchetti informativi e formativi adatti per la scuola, e per la società civile, all’insegna dell’uso corretto del territorio e delle risorse idriche.

 

CARATTERISTICHE SALIENTI DEL PIANO INDUSTRIALE:

Il piano industriale deve tenere conto di due fattori che costituiranno le colonne portanti per costruire una inedita organizzazione da cui deve scaturire l’industria dei servizi:

  1. Il primo fattore da tenere fortemente in considerazione, sono i dati sopra riportati circa i volumi e le perdite di rete e commerciali, in primis il Cda di Brianzacque e dell’Alsi che sono le realtà che più conosciamo, ma crediamo anche che le altre non si discostino molto da tale quadro, e quindi anche a loro proponiamo lo stesso iter.

Dunque; i soggetti su richiamati, devono attuare un piano riorganizzativo volto ad efficientare la propria macchina organizzativa interna, utilizzando le competenze e le risorse umane ora disponibili nelle aziende, ma contestualmente effettuare anche un piano di “reclutamento” di figure tecnico operative tali da introdurre meccanismi immediati di aumenti di produttività e di recupero di risorse economiche oggi disperse.

In tempi non sospetti la RSU di Brianzacque propose degli strumenti legati alla produttività e uno strumento che misurasse lo stato delle responsabilità dei lavoratori ma anche del potenziale professionale che essi dispongono e non adeguatamente emerso poiché il governo delle risorse umane aziendali è legato a vecchi schemi del “mansionario”, viceversa noi proponevamo e proponiamo ancora uno strumento che si chiama funzionigramma, evidentemente troppo audace e innovativo per poter essere preso in considerazione, e quindi qui si palesa dove ci sono gli ostacoli di natura culturale, non certamente nei lavoratori, bensì in altri luoghi, magari poi pretendere di dire in giro che il pubblico non funziona e i lavoratori sono scarsamente produttivi.

  1. Il secondo fattore da attivare già all’inizio del prossimo anno: l’annosa questione della ricomposizione delle sedi, magazzini e l’utilizzo della forza lavoro:

  1. Avviare un processo di internalizzazioni graduali e allo stesso tempo che producono reddito ed efficacia e non ultimo la soddisfazione delle maestranze professionale e anche reddituale.

  1. Ricerca e analisi dei carichi di lavoro in tutte le fasi e comparti dell’azienda, per capire e intervenire sulle sacche che covano latenti di squilibri che ci sono e produco frustrazioni notevoli.

  1. Riformulazione di un piano di formazione del personale al fine di dotare i lavoratori degli strumenti conoscitivi adeguati ai processi industriali, contestualmente attivare un piano di reclutamento di personale tecnico operativo, da ricercare nelle fasce giovanili il quale sarà affiancato dal personale interno avente già capacita professionali di buon livello e conoscenza del ciclo produttivo e del territorio, tale da raddoppiare le squadre operative per “aggredire” in modo sistematico e scientifico la questione importante delle perdite amministrative sia nell’acquedotto sia nelle fogne; conviene ricordare che per Brianzacque il danno è di oltre 6 milioni di € annui,quindi pur assumendo 20 giovani che abbiano gia competenze nel campo impiantistico (idraulico, meccanico, elettrico edile) a 50.000 € annuo di costo del lavoro il costo totale sarebbe di un milione di €(ovviamente tale stima è superiore al dato reale), ma nei confronti dei 6 milioni perduti c’è una differenza?

  1. Creare la flotta di manutentori innescherebbe altri valori di reddito e di efficienza aziendale poiché questo potenziale lo si potrebbe utilizzare per una indagine a tappeto su tutto il territorio, ad esempio una lettura annuale tecnica dei contatori, per verificare la stato di vetustà sia dei contatori sia degli allacci, aggiornamento dell’anagrafica e dell’ubicazione,in modo da introdurre entro un periodo di medio termine l’auto lettura da parte degli utenti stessi , previa una lettura annuale tecnica . Questo fungerebbe anche da prevenzione agli interventi innumerevoli di reperibilità il 2009 sono stati effettuati oltre 3000, non escludendo che le squadre organizzate potrebbero anche dedicarsi a tutte quelle funzioni relative a spostamenti di contatori dove non necessitano opere di scavi ecc.

  1. Squadre tecnico operative settore fognario:
    Il
    discorso intorno alle squadre del servizio fognario che, se pur con caratteristiche un poco diverse dall’acquedotto, possono assolvere a un ruolo importantissimo per il servizio e il territorio, potrebbero essere adibite ad esempio al monitoraggio e all’indagine degli utenti non allacciati alla fogna potrebbero dedicarsi alla manutenzione delle stazioni di sollevamento ,ecc.

  1. Staff tecnico centrale e periferico:
    A
    nche qui andrebbe condotta una riflessione rispetto al potenziale che si ha in azienda relativamente a competenze e i ruoli del cosiddetto staff tecnico sia centrale, sia periferico, anzitutto andrebbe incentivata l’omogeneizzazione delle modalità di lavoro, in secondo luogo, ad oggi manca la volontà, la cultura e gli strumenti per definire un ruolo di progettazione. Pertanto sarebbe utile e necessario effettuare una analisi e indagine per far emergere le incongruenze presenti.

  1. Programma di investimenti:
    Al
    fine di ricavare risorse di notevole importanza si ritiene opportuno proseguire sulla strada di automatizzazione degli impianti di pescaggio delle acque potabili e delle acque reflue (tele controlli, installazioni di inverter, impianti di video sorveglianza).

E’ inoltre necessario avviare un piano di investimenti per introdurre le energie rinnovabili, atte a dare un notevole contributo alla bolletta energetica il cui peso è importante sia sul piano dei consumi, sia sul piano del nostro contributo a far diminuire l’emissione di Co2 in atmosfera.

Con queste note intendiamo coinvolgere tutte le istituzioni, le forze politiche, le organizzazioni sociali, le persone e i lavoratori al fine di creare nuovi scenari e orizzonti; pertanto ogni componente si deve ritenere responsabile delle proprie azioni e inerzie onde permettere un futuro diverso dall’attuale in cui regna confusione e mistificazione, non possiamo più permetterlo poiché parliamo di beni comuni.

Monza, 24.09.2010 I delegati Filctem – Cgil di Brianzacque

Biagio Catena Cardillo, Luca Natale