L’evoluzione annuale dell’indice di fiducia in diversi soggetti sociali in un’indagine mondiale condotta da chi si occupa, per mestiere, di tessere relazioni
Dicesi fiducia l’“atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità”. La definizione è del vocabolario Treccani. In sintesi, la fiducia è un vero e proprio collante sociale. Quel mastice che ti fa credere nelle parole di chi ami, che ti fa propendere per votare il candidato x piuttosto che quello y ed anche per sottoscrivere i buoni del Tesoro italiani o del paese tal dei tali. Di più, la fiducia (chi si occupa di economia lo sa dalla notte dei tempi) è un motore sociale, non solo un collante. Se c’è, spinge chi può ad investire risorse finanziarie ed intellettuali. Se manca, buonanotte e sogni d’oro.
Per capire come si muove una società, dunque, dare un’occhiata agli indici di fiducia nei confronti di diversi soggetti ed istituzioni può essere interessante. Da un mese è stato pubblicato da Edelman (una delle principali società di pubbliche relazioni mondiali) il Trust Barometer, un’indagine proprio su questo tema condotta in 25 paesi diversi con interviste sia a un pubblico indistinto che ad un campione informato (ossia con livello di istruzione e reddito familiare elevato nonché con letture frequenti di notizie sui media) dai 25 ai 64 anni. Le interviste, si noti, sono state condotte fra il 12 ottobre e il 15 novembre 2011, quindi per l’Italia in piena fase calante berlusconiana.
Le evidenze del report per il nostro paese non sono poi tanto male. Complessivamente, la fiducia overall nei confronti di governo, mass media, aziende e organizzazioni non governative rimane stabile al 56% rispetto ad un anno prima. In testa alla classifica ci sono le nazioni in crescita economica, in coda quella europee che già avvertono in pieno i segni della crisi (il Giappone risente invece delle conseguenze del disastro nucleare).
La scomposizione della fotografia italiana evidenzia il crollo di fiducia nel governo e un aumento nei confronti di organizzazioni non governative, aziende e organi di informazione. Per questi ultimi, la crescita è spiegata nella capacità (non solo nazionale) di aver raccontato e spiegato lo scenario di crisi finanziaria europea.
Particolarmente grave il basso livello di fiducia nei confronti del governo, un grande classico. La distanza tra aspettative e risultati è abissale e non ha bisogno di commenti:
Gli italiani (o meglio, gli italiani di qualche mese fa), sono in testa alla sfiducia nei confronti delle compagini governative anche in confronto al resto del mondo. Particolarmente significativa la complessiva situazione delle nazioni europee, che lascia presupporre tutt’altro che benevolenza nei confronti della ricetta economica messa in campo per risolvere l’attuale crisi economica.
Interessante anche scomporre nei suoi fondamentali la crescente fiducia nei confronti degli organi di informazione: ad aumentare è l’online, mentre rimane a distanza la televisione.
Ancora più significativi alcuni fenomeni se ci si riferisce al solo campione “informato”: per questo cluster, la crescita di fiducia nei confronti dell’online è ancora più marcata.
In sintesi: non crediamo nelle capacità del governo (sicuramente non in quelle dell’ultimo gabinetto Berlusconi), né noi né i nostri pari europei. Ci va bene che qualcuno ci spieghi cosa sta accadendo ma se la fonte non è la solita televisione, tanto meglio. Avanti tutta con le organizzazioni non governative: di quelle ci fidiamo. Insomma, meno si sente l’influenza del dio denaro e più cresce la fiducia. Memento…