20120612-Gay-Pride-Bologna

La manifestazione dell'orgoglio omosessuale ai tempi del terremoto

 

Sono uscita di casa con aspettative completamente diverse, quasi tentata d’infilarmi una piuma di struzzo fra i capelli giusto per non sembrare troppo fuori luogo.

La parata è partita da Porta Saragozza alle tre del pomeriggio, incontro alle 14.40 nei pressi del Cassero, sede storica del circolo Arcigay che trent’anni fa fu il primo luogo pubblico in Italia a essere concesso a un’associazione omosessuale. Dopo un giro arzigogolato per tutta la città di Bologna, alle sei del pomeriggio la parata sale da via Indipendenza e si arresta in Piazza Maggiore, dove è stato allestito un palco sul quale si sono alternati ospiti musicali (Mario Venuti, Silvia Mezzanotte, Antonella Lo Coco e L’Aura) alle parole del sindaco Virginio Merola e Vladimir Luxuria, il cui discorso in particolare ha ricevuto l’ovazione della folla.

Luxuria ha insistito sulla sensibilità del Gay Pride di Bologna che ha voluto con tanti piccoli gesti restare vicino alle popolazioni colpite dal terremoto dell’Emilia Romagna:

«Abbiamo dedicato il Pride all’Emilia colpita dal sisma e abbiamo rinunciato ai carri. Noi siamo orgogliosi di essere gay, trans e lesbiche sensibili. Ci sarebbe piaciuto se un tocco di sobrietà ci fosse stato anche alla festa della famiglia del Papa. One family è uno slogan vecchio. Esistono tante famiglie e tanti colori».

Queste in particolare le parole che hanno ottenuto grande riscontro da tutta la folla raccolta in Piazza Maggiore (si sono stimate quindicimila persone), mentre grandi palloni bianchi volteggiavano spinti verso l’alto dalla folla, mentre, ancora, palloncini colorati si sono librati nel cielo per sottolineare la forza di questa frase: tante famiglie, tanti colori.

Effettivamente il tema arcobaleno è stata la forma estetica scelta dal Gay Pride del 9 giugno 2012: bandiere a strisce orizzontali color arcobaleno, volti e corpi dipinti colori arcobaleno, il palco color arcobaleno, una scelta che trasmette un messaggio preciso prima ancora che venga espresso: tante famiglie, tante colori. Luxuria ricorda che ogni famiglia si crea nel momento in cui due persone che si vogliono bene decidono di vivere insieme.

Rincara il sindaco Merola:

«È stata la manifestazione sì dell’orgoglio lgbt ma anche il Pride dell’orgoglio emiliano; è necessario che il Parlamento approvi una legge contro l’omofobia e la transfobia come una legge sulle unioni di fatto. Ma è necessaria anche una legge sul matrimonio civile tra persone dello stesso sesso e mi auguro che quel giorno possa arrivare».

C’era un padiglione vicino al palco, vendevano pane per un’offerta da devolvere alle famiglie terremotate. Si è rinunciato ai carri e il biglietto per la festa notturna al Parco Nord, dal costo di 15 euro, è stato sempre in parte devoluto alle vittime del terremoto.

Mi ero immaginata il Gay Pride come un carnevale, un completo ribaltamento di ruoli, uno spruzzo di follia nell’equilibrio cittadino. Invece mi sono ritrovata nel bel mezzo di una manifestazione seria per la richiesta di parità di diritti umani, ancora non raggiunti nel ventunesimo secolo.

Torno a casa per mangiare una zuppa, ho la testa piena di idee, soprattutto ho la sensazione che questo Gay Pride sia stato davvero diverso dagli altri, rispettoso, maturo. Se non fosse stato per quel ragazzo alto due metri vestito da sposa col velo di tulle, avrei forse dubitato di essere a un Gay Pride.

Quando passo ancora da Piazza Maggiore la festa si è spostata al Parco Nord (prima periferia di Bologna), anche se la piazza è ancora piena di gente e rimangono gli ultimi focolai di qualche follia da Gay Pride, o forse semplicemente bolognese: mangiatori di fuoco, giocolieri, suonatori, danzatori dai piedi nudi, birre, chitarre e ancora colori, colori, anche nel buio.