Dossier: L'amore (di questi tempi). Di storie a distanza ne conosciamo tutti. Ma di questi tempi, forse, la vera distanza non è più tanto geografica, quanto dovuta a uno sfruttamento sempre più selvaggio del lavoro
I
n molti ricorderanno quel pozzo di saggezza che è Lady Cocca, superbo personaggio del Robin Hood versione cartoon Disney. «Coraggio mia cara – diceva la rilassata e zitella grassona – la lontananza rafforza l'amore». La risposta di una ben più prosaica (e anche un po' più girata di scatole) Lady Marion era sintetica ma efficace: «Oppure lo distrugge».
Il tema dell'amore "lontano" è uno dei più presenti in tutte le epoche della storia umana: ha generato anche, detto così per inciso, la letteratura occidentale moderna: senza l'amor de lonh dei trovatori provenzali, cari tutti, potevamo tranquillamente scordarci Cavalcanti e Dante, e quindi, per effetto domino, anche Petrarca ed epigoni vari. Ma la distanza, quindi, sarà anche una condizione fondante ai tempi in cui Facebook, Skype e in generale internet hanno ridotto drasticamente le distanze fra ogni lato del mondo? In realtà è opportuno distinguere fra due lontananze molto diverse fra loro.
La distanza geografica e il soccorso della tecnologia
Ovviamente, la risposta è: comunque sì. Se è vero che è impietoso confrontare una storia a distanza di solo dieci anni fa (niente Facebook, Skype appena lanciato e quindi sostanzialmente sconosciuto, regno incontrastato della posta elettronica – reggeteci una storia, se osate) con una di oggi, è anche vero che il palliativo delle reti sociali resta solo un palliativo. Chi si trova a dover sopportare la lontananza della persona amata al giorno d'oggi, sa che con una videochiamata ci si può sentire comodamente (e anche a gratis, il che non guasta) pure a distanze siderali, ma sa d'altronde che il dolce contatto di una carezza se lo può scordare. E se leggendo l'ultima frase vi state chiedendo se parlo per esperienza diretta, la risposta è: sì, assolutamente.
Senza contare le difficoltà tecniche: se la connessione non c'è? Se c'è e ha problemi gravi? Vallo a spiegare al tuo sofferente cuoricino che la rete se ne sbatte che tu non senti la tua amata da giorni. Certo, rimane sempre il più affidabile telefonino cellulare, con buona pace del tuo altrettanto sofferente portafogli: il quale sa già che nella lista delle priorità è condannato a stare più in basso (se non è così, probabilmente il tema di questo dossier non vi interessa).
Ad ogni modo, al giorno d'oggi si può dire che internet offra ottimi mezzi per comunicare con soddisfazione con una persona amata, per trasmetterle sguardi appassionati e parole dolci. Certo, resta il problema del più importante fra i cinque sensi in amore, che è il tatto (non siete d'accordo? Platone vi offrirà da bere). Questa è di certo una questione che non vedremo risolta nel futuro più immediato, ma chissà.
Tanto per assaporare meglio il tema, chi vuole prosegua la lettura ascoltando questo famoso brano del gruppo messicano Manà. Addolcitevi, perché comincia la parte "cattiva" dell'analisi.
La distanza del XXI secolo è "virtuale"?
Il mondo in cui siamo costretti a vivere è fatto per individui solitari, duri e puri, non per singoli intenzionati a unirsi in coppia
Il nodo del problema, infatti, è un altro, e consiste nella condizione alla base dell'amore a distanza: il motivo per il quale non si vive nello stesso angolino di mondo.
Le ragioni possono essere diverse, dando vita a storie di diversa tenuta, qualità e durata: magari ci si è conosciuti altrove, scoprendo solo dopo l'innamoramento che si abita in città diverse (magari anche nel mentre, ma sul momento non interessa più di tanto).
Altre volte, e sono forse le più dure, una storia parte "normale", per trasformarsi a distanza in un secondo momento: amore, ho trovato lavoro in Nuova Zelanda; tesoro, mi hanno offerto uno stage superformativo in Belize; caro, andrò a fare ricerca nell'università dell'Iowa.
Sul primo caso c'è poco da dire che non sia già stato detto. Il secondo, invece, è parte integrante dei nostri tempi: in una società in cui il lavoro, soprattutto quello dei giovani, è un percorso a ostacoli sottoposto a ogni tipo di intemperie (leggi sfruttamento indiscriminato), è diventato ormai normale pensare che andare per un po' all'estero sia un'ottima soluzione per rendere attrattivo il CV. Ma se si è in coppia è difficilissimo che si riesca ad andare entrambi nello stesso posto (a parte il fatto che la condizione più frequente è che parta uno solo dei due).
Il mondo in cui siamo costretti a vivere è un mondo fatto per individui solitari, duri e puri, non per singoli intenzionati a unirsi in coppia.
Nel contesto di crisi che stiamo vivendo, d'altronde, le pretese dei datori di lavoro (o di stage se parliamo della mia generazione) sono sempre più alte, capricciose e immorali: vuoi mantenere il tuo schifo di posto? Immolati per la mia azienda. Ama la mia azienda. In certi settori, è sempre meno accettato che una persona, e soprattutto un giovane, abbia il diritto ad avere una vita al di fuori del lavoro.
Questo aspetto implica un ulteriore passo del nostro ragionare: sempre più, nel mondo odierno, la distanza non è soltanto o per forza geografica, ma "virtuale", legata ad uno sfruttamento vieppiù selvaggio del lavoro. Il discorso vale per i giovani come per i meno giovani, anche se di certo sono gli appartenenti a una certa generazione quelli più abituati a fronteggiare entrambe le distanze, spaziale e virtuale. Se la prima però è affrontabile con tanto affetto e buona volontà, la seconda è molto più mortificante per l'amore. Che resta comunque il solo vero antidoto ad ogni tipo di lontananza.
Sfruttati, sottopagati, e alla fine anche soli: così ci vogliono, in quest'epoca di neoschiavismo. Eppure, non mancano coraggiosi che si avventurano lo stesso lungo la tortuosa strada di una relazione, anche se ciò comporta una distanza. Ci vuole molto coraggio, ma anche molta fortuna.