La visione di una tornata normalitá sottolinea l’anormalitá cronica della situazione di Gaza. Marco frequenta Gaza da un anno e mezzo e l’ha trovata quasi come prima, male come prima.
M
arco1 ieri mattina (venerdí 23 novembre) è entrato a Gaza. Ero preoccupata che la continuazione della tregua non venisse confermata. In quel caso probabilmente le autoritá Israeliane non l’avrebbero fatto passare al check-point di Erez, la porta d’ingresso della striscia.
Invece ricevo un sms che è passato. Ha visto uscire diverse troupes televisive dalle facce stravolte. In controtendenza sono entrati due giornalisti appena arrivati da Londra. Forse parleranno di Gaza anche se non è giá piú da prima pagina.
Mi ha poi raccontato al telefono quello che ha visto.
Mi raffiguravo scenari di morte e desolazione: la materializzazione dell’infernale fornace ardente, dove sará pianto e stridore di denti2.
Non osavo tanto fare domande.
Mi ha mandato qualche foto e gli edifici rasi al suolo con le ceneri fumanti corrispondono appieno ai miei timori, ma quello che mi ha detto no. Forse.
Come primo giorno ha passato in rassegna la zona a Nord. Essendo venerdí, giornata dedicata alla preghiera, Gaza city era abbastanza deserta. Pochi i negozi aperti. Quasi tutti gli edifici delle forze di polizia sono stati rase al suolo, che fossero case singole, a piú piani o containers. Lo stesso per buona parte dei Ministeri. Alcune case civili disintegrate. Tantissimi i vetri rotti, qualche squarcio nei muri di cinta per l’onda d’urto. Problemi con le fognature danneggiate dalle esplosioni che vanno ad aumentare l’inquinamento, danni strutturali soprattutto a edifici e impianti della municipalitá. Due ponti di collegamento tra nord e sud della striscia sono stati tagliati e con essi una conduttura importante dell’acquedotto pubblico. Nel terreno sabbioso verso il mare crateri di bombe esplose su presunte basi di lancio per i razzi.
La solidarietá interna e il senso fortissimo della famiglia hanno fatto sí che tutti coloro che sono rimasti senza casa abbiano trovato ospitalitá presso amici e parenti. Le scuole messe a disposizione da UNRWA3 per rifugiarsi erano giá state liberate e oggi sono riprese le lezioni. UNRWA ha anche mandato degli psicologi nelle scuole perché aiutassero i bambini ad elaborare il trauma. Su alcuni tratti di fognatura hanno giá iniziato a lavorare. Mi ha detto che le autoritá locali stanno rilevando l’entità dei danni subiti dalle case private per poi proporre un risarcimento per riparare i danni.
Quello che mi ha detto è stato che ha respirato un’aria di ‘normalitá’ e la voglia di lasciarsi questo incubo alle spalle.
Le agenzie umanitarie in queste situazioni hanno sempre un’infinitá di cose da fare, ma il suo rilievo è che al secondo giorno di tregua, c’era giá una grande operativitá promossa dall’interno.
La visione di una tornata normalitá sottolinea l’anormalitá cronica della situazione di Gaza. Marco frequenta Gaza da un anno e mezzo e l’ha trovata quasi come prima, male come prima. Lo scambio di razzi tra Gaza e Israele continua a intermittenza tutto l’anno. L’ultima settimana ha rappresentato un picco per contiguitá e intesitá che per fortuna raramente viene raggiunto. È come visitare un malato grave dopo una crisi. Se lo si ricorda al pieno dell’efficienza e della vitalitá, lo shock è totale. Altrimenti ci si concentra sul migliorare la cura.
1 Marco Ferloni, Rappresentante Paese per GVC, Gruppo di Volontariato Civile nel Territorio Palestinese Occupato, una ONG di Bologna.
2 Matteo 13, 42
3 United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East
Immagine da Wikipedia