Dossier: L'amore (di questi tempi). Perché a vent’anni è tutto ancora intero, perché a vent’anni è tutto, chi lo sa. E del perché la mappa della camporella è impossibile.
S
e d’amore dobbiamo parlare, allora spogliamoci. Di ogni pudore, naturalmente.
In un dossier con un tale nome che si rispetti, non si può non riflettere su una parte così importante di ogni rapporto che con l’amore abbia anche lontanamente a che fare: il sesso. Col trascorrere del tempo, poi, ci siamo abituati a moltissime forme diverse di amore e, liberati da molti tabù, siamo finiti per liberarci anche dell’amore romantico quindi parlarne verrà, forse, più facile. Ma i tabù ci restano attaccati addosso più di quel che pensiamo e a me, personalmente, piace pensare che quella fisica sia una delle tante forme che l’amore assume, anche quando è del tutto slegata dai sentimenti, ed è forse l’unica di cui non bisognerebbe liberarsi mai.
Qualcuno un giorno ha scritto:
Forse ci consolava far l’amore, ma precari in quel senso si era già
Un buco da un amico, un letto a ore su cui passava tutta la città
L’amore fatto alla boia d’un Giuda e al freddo, in quella stanza d’altri e spoglia
Vederti o non vederti tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia.
C’è una parola che colpisce sempre: precari. Era un’altra epoca e il contesto era diverso, ma sul fronte amoroso, la situazione pare non essere cambiata di molto: oggi un giovane di età media compresa tra i 24 e i 30 anni che desidera un po’ di intimità, ma non possiede altro che il proprio desiderio, può essere definito sessualmente precario. Ma è un male?
I luoghi precari dell’amore
Quali possibilità ha questo giovane di fronte a sé? Può aspettare che i genitori escano la sera; può approfittare della festa a casa di un amico; qualcuno va via per il fine settimana; altri vaneggiano progettando di prendere in affitto un appartamento con altri amici: non per viverci, ma per usarlo a turno come isola felice; qualcuno sente di corrompere la propria purezza barattandola con lo squallore di un motel; e poi c’è la cara, vecchia, Camporella: quel posto in provincia di chissaddòve, coperto tra siepi ed erbacce, dove solitamente c’è una strada sterrata e un’industria che fa tanto panorama, dove d’estate è umido e d’inverno è gelido e dove la paura di essere scoperti gioca d’azzardo con le proprie sensazioni.
Peccato. Perché sei troppo grande e i tuoi genitori la domenica stanno a casa (son belli grandi anche loro, ormai), perché le feste in cui ti infilavi in una camera a caso erano già passate di moda quando avevi 17 anni, perché pagare un affitto per non vivere in una casa potrebbe farlo Lapo Elkann, e il motel, non che ci importi qualcosa dell’eventuale squallore, costa e devi anche lasciare un nome. Ma oggi di soldi ce ne sono pochi e il nome l’abbiamo già svenduto su tutti i social network.
Rimane la camporella. Conditio sine qua non, il possesso di un’automobile, naturalmente. E ricordiamo anche la fascia d’età considerata: adulti ma non troppo. E, se fino all’altro ieri scoprivi il tuo corpo, ora ne scopri le debolezze. Oggi mal di schiena, domani le ossa, poi ti si addormenta una gamba, poi sei scomodo, poi non è romantico, poi che cavolo non siamo più dei ragazzini, poi è rischioso e poi è illegale.
Tutto vero: ma che peso ha? E cosa resta, in fondo, di queste congetture quando coglie il momento di lasciar cadere pregiudizi, fisime, ansie (e vestiti)?
La precarietà sentimentale
Se ci fosse ancora Flaubert, questo sarebbe il sequel de L’educazione sentimentale. Quello che è cambiato da quando lui scriveva (e anche da quando scriveva Guccini, a dire il vero) è che l’amore quello liberatorio, quello che fa perdere chili ed eliminare le tossine, quello che fa svegliare felici il mattino dopo, ecco quell’amore ha un nemico che non ha mai avuto prima: l’incapacità di affrontare proprie emozioni (figurarsi i sentimenti).
È vero, alcune difficoltà sono oggettive: l’amore libero ha perso parte del suo fascino, ci chiedono di essere ottimisti ed entusiasti anche senza prospettive e l’amore finisce per essere uno degli impegni che non possiamo prenderci. Un giovane d’oggi vive quello status ambiguo di chi è costretto a soddisfare come un adolescente delle esigenze da adulto: non ha lavoro né stipendio fissi ma dovrebbe andare fuori casa il prima possibile, l’esperienza all’estero conta ma per molti sei solo uno che va fuori a divertirsi. E tutto il resto intorno gli dice che un tempo a 25 anni ci si sposava o si era già sposati, oggi invece si viaggia, si cambia partner come in una sala di balli caraibici, si sta distanti anche da innamorati, i costumi sembrano degenerare, il moralismo con le relative sanzioni s’irrigidiscono, e (torniamo al punto) non si hanno nemmeno troppi spazi in cui vivere il proprio amore.
Ma davvero l’amore può essere considerato uno di questi elementi critici? Davvero entrano in gioco questioni esistenziali quando è il momento di vivere certi momenti? In realtà, no o non dovrebbero. La precarietà di un giovane in amore è tutta positiva: quella lavorativa, quella economica, quella familiare, quella materiale non lo sono, ma non questa. Questa è quella che ci fa vivere di piccole conquiste che sembrano grandi, è quella che non ci fa annoiare, che ci fa sentire vivi e senza responsabilità anche solo per un’ora.
E in fondo lo sappiamo tutti: ecco perché alla domanda “raccontateci dove fate l’amore” nessuno osa rispondere. Perché ognuno di noi si tiene stretto quel pezzo di bellezza, di vita, di scomodità, di timore e di gioventù a cui un giorno dovrà dire addio: quando sarà bellissimo avere una propria casa, scelta insieme alla persona amata, dove tutto sarà concesso, ma dove tutto sarà altro e avrà un altro sapore rispetto a ora.
Ed ecco perché anche il sesso è una forma d’amore e come tale va coltivato: persino quando si fa l’amore con una persona conosciuta da poco, quando lo si fa in un modo di cui ci si vergogna subito dopo o quando lo si fa con la persona sbagliata. A vent’anni (ma mi piace pensare che sia lo stesso per ogni età) l’amore va vissuto. Le proprie emozioni devono essere vissute: solo così potranno essere decifrate, senza farsi frenare da paure, pensieri, moralismi e religioni. Solo allora non ci sarà Flaubert o Partito dell’amore che tenga.
Ne vale la pena? Chiedetelo a Guccini:
E adesso che potemmo anche farlo, adesso che problemi non ne ho
Che nostalgia per quelli contro un muro o dentro un cine o là dove si può
E adesso che sappiam quasi tutto, adesso che problemi non ne hai
Per nostalgia lo rifaremmo in piedi scordando la moquette stile e l’Hi-Fi.