Dossier: Di che tribù sei? Cyberchiefs: come funzionano le tribù online? “Anche se il web 2.0 non è il paradiso della libertà e dell’autonomia descritto da diversi resoconti un po’ ingenui (ma ancora molto diffusi), esso non diventerà nemmeno una forma di gerarchia pre-capitalistica priva di alcuna forma di controllo”
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a lunga lotta tra la repubblica della libertà e il regno della burocrazia si è spostata su Internet. Avete mai pensato alle comunità che sviluppano Linux o che scrivono Wikipedia come a burocrazie? È quello che ha fatto il sociologo francese Mathieu O’Neil in Cyberchiefs - Autonomy and Authority in Online Tribes (pubblicato da Pluto Press e non ancora tradotto in italiano), un libro in cui analizza le strutture di potere presenti nel web senza limitarsi a celebrare acriticamente l’autonomia che la rete darebbe ai suoi utenti. I processi che regolano la produzione diffusa e orizzontale di contenuti che avviene in progetti come quelli di software libero o nella blogosfera sarebbero esempi di una nuova forma istituzionale - la burocrazia tribale online - tipica di internet e diversa dalle altre forme di organizzazione.
Il lavoro di O’Neil parte dall’idea che la ricerca di autonomia e autorganizzazione sia una delle forze trainanti della rete. L’ideologia di Internet ci spinge a diventare prosumer (producers-consumers), e quindi a sentirci liberi di essere produttori autonomi in quanto giornalisti, artisti, autori. Chi partecipa a un progetto online non è soggetto a una gerarchia aziendale, ma può decidere liberamente se produrre o meno e a quale parte del progetto vuole contribuire, per esempio una voce appunto di Wikipedia o un pezzo di codice nello sviluppo di software libero.
Del resto, come hanno fatto molti altri studiosi, O’Neil fa risalire le radici della ricerca di autonomia online alle controculture e ai movimenti sociali degli anni sessanta e settanta, che avevano messo al centro della loro agenda politica la lotta contro burocrazie e potere. Ma in rete l’autonomia non è solo un imperativo politico: è anche una delle logiche di funzionamento della produzione orizzontale online. Come sostiene l’autore, “le richieste di maggiore creatività e autonomia da parte delle controculture, lungi da essere aberrazioni che interessano solo gli hacker, sono il paradigma dominante delle economie di mercato odierne”.
I collettivi che gestiscono i progetti di web 2.0 sono tribù, cioè comunità legate da pratiche comuni composte da esperti che cercano di bypassare l’organizzazione gerarchica della vita quotidiana, opporsi allo Stato, rigettare l’economia di mercato e dar vita a una nuova forma di produzione, orizzontale e cooperativa. Cercano anche di creare istituzioni autonome: forme di organizzazione necessarie per portare a termine i compiti che la tribù vuole svolgere, che a volte possono essere basate su meccanismi decisionali molto complessi e formalizzati: i programmatori di Debian (uno dei più importanti progetti di sviluppo di Linux) sottostanno a regole barocche, fatte di votazioni, comitati, metodo del consenso; Wikipedia ha una gerarchia di editor dotati di poteri sempre maggiori man mano che accumulano esperienza e la fiducia della comunità. Ma le istituzioni richiedono autorità, e per essere efficaci i progetti hanno bisogno, oltre che di regole, di leader che siano autorizzati a farle rispettare.
L’obiettivo di O’Neil è capire in che modo questi leader (i cybercapi delle tribù online) legittimino il loro potere e come autorità e autonomia coesistano nell’ambiente cooperativo di internet. Per rispondere a queste domande, l’autore si basa su diverse tradizioni teoriche, mescolando sociologia, diritto, teoria politica e teorie dei media per capire come funzionano le strategie che i leader usano per giustificare le loro azioni e quindi creare e rinforzare la loro autorità.
I casi di studio di Cyberchiefs sono molto eterogenei: le quattro tribù online analizzate spaziano da Wikipedia al sistema operativo free software Debian, fino al famoso blog politico statunitense Daily Kos e al sito anarco-ecologista Primitivism.com. In tutti questi casi l’autore analizza i meccanismi decisionali, le strutture usate dai loro membri per discutere e deliberare e i modi in cui affrontano i conflitti interni, i nemici e gli attacchi che mettono in pericolo il progetto. Durante questi momenti critici qualcuno deve far rispettare le regole, usando per esempio la censura o espellendo altri membri. Ciò conduce al problema dell’autorità e dei suoi processi di legittimazione. Secondo O’Neil le giustificazioni dei ruoli e delle attività dei leader sono sempre legate all’imperativo dell’autonomia. Quando un amministratore di Wikipedia “banna” (espelle) un utente o quando la censura colpisce Daily Kos, è sempre per aumentare l’autonomia che il progetto fornisce ai suoi partecipanti.
Il funzionamento delle tribù online si basa su due caratteristiche, che possono essere presenti in forme e con peso diversi. Il primo è il “carisma mediato dalla tecnologia”, cioè il carisma riconosciuto dall’etica hacker e basato sulle abilità tecniche, e il secondo un fattore “collettivo di sovranità democratica”, il classico potere burocratico e istituzionalizzato fondato su regole certe, come per esempio la delega basata sul voto. A differenza delle burocrazie “offline”, nei progetti online come quelli analizzati in Cyberchiefs l’autorità carismatica dell’esperto non è in opposizione all’efficienza richiesta da una burocrazia e dai suoi meccanismi impersonali.
La conclusione ottimista della riflessione di O’Neil è che anche se il web 2.0 non è il paradiso della libertà e dell’autonomia descritto da diversi resoconti un po’ ingenui (ma ancora molto diffusi), esso non diventerà nemmeno una forma di gerarchia pre-capitalistica priva di alcuna forma di controllo democratico moderno. I progetti cooperativi online potrebbero invece seguire un cammino migliore, dirigendosi verso una relazione più autonoma e liberatoria tra produttori.
In questo senso Cyberchiefs è un passo nella direzione giusta, anche se probabilmente abbiamo bisogno di più ricerca empirica e di più riflessione teorica e politica su questi fenomeni. Però è vero anche che questo libro non si limita a offrire una proposta teorica interessante – ma non del tutto innovativa – che ci obbliga a ripensare le dinamiche sociali coinvolte nella relazione tra autonomia e autorità. In più ci propone un punto di vista fresco sulle dinamiche dei gruppi.
In ogni caso questo libro fornisce uno sguardo in profondità sui progetti di cooperazione online, contro chi afferma che la forma di organizzazione a network sia di per se stessa un assetto sociale liberatorio. Da pochi mesi Mathieu O’Neil ha lanciato una rivista online di ricerca proprio su questi temi. Si chiama Critical Studies in Peer Production, e la formula “studi critici” sottolinea che il suo scopo è continuare a occuparsi di cooperazione online tenendosi lontana dalle visioni utopistiche e superficiali che spesso dominano quando si parla delle possibilità introdotte dalla rete nelle nostre vite.
Questa è una versione aggiornata della recensione di Alessandro Delfanti a Cyberchiefs - Autonomy and Authority in Online Tribes di Mathieu O’Neil (Pluto Press 2009) uscita per New Media and Society.
Tratto da www.doppiozero.com