I contributi che le scuole chiedono alle famiglie sono davvero necessari? Proviamo a fare due conti in tasca ai nostri istituti per scoprire che lo Stato non fa il suo dovere e che quei soldi finiscono per porvi rimedio
Un
Paese che non si rinnova con la cultura, è un Paese destinato al declino, un Paese che ignora e rifugge l’importanza dell’istruzione, linfa per il nostro futuro, è un paese destinato a morire.
La politica dei tagli nella scuola pubblica e l’impoverimento delle risorse a essa destinate, porta inesorabilmente a fermare il cuore pulsante della nostra civiltà.
Quello che accade in Italia è ancora più singolare, c’è uno Stato che con una legge (la legge 62/2000, voluta dall’allora premier Massimo D’Alema e dal ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer), assimila le scuole private (in Italia a maggioranza cattolica) a quelle pubbliche che entrano cosi a far parte di un unico sistema di “scuola pubblica”.
A tal fine, le scuole private ricevono dallo Stato un generoso contributo, per il 2013 lo stanziamento è stato confermato per 223 milioni di Euro.
Nell’esperienza comune, i genitori che iscrivono i figli alle scuole private non lo fanno per ragioni di convenienza economica, date le costose rette che devono pagare (e che stranamente non sono calate da quando esistono i sussidi pubblici), ma per preferenze educative, religiose, per avere più controllo sulle e nelle cose della scuola, per dare ai figli maggiori possibilità di promozione (il ricatto del: pago, dunque pretendo), spesso per scelte legate al ceto sociale.
Eppure, i numerosi studi effettuati, sia da organismi internazionali (Ocse), o indipendenti (Fondazione Agnelli) oppure dallo stesso Ministero dell’Istruzione, concordano sul fatto che la qualità dell’insegnamento privato è scarsa, più scarsa di quella pubblica.
Ad ogni modo, qualsiasi ne sia la ragione, la famiglia che iscrive i propri figli in una scuola privata potrà contare in una detrazione del 19% dell’importo sostenuto, quindi per semplicità immaginate che un quinto di quello che verserete e che pagherete lo recupererete attraverso una minore tassazione e minori imposte e tasse da pagare nella dichiarazione del reddito.
Dall’altra parte, c’è invece una scuola pubblica dove, specie se la scelta di indirizzo della scuola superiore include tra le materie molti laboratori come un liceo artistico, si richiede alle famiglie un “contributo spese volontario” che solo nella teoria non è obbligatorio e sulla cui natura di deducibilità/detraibilità, solo recentemente è stata fatta chiarezza.
Una lunga storia di bugie sui contributi scolastici
Nella recente nota 593 del 7 Marzo 2013 del MIUR così come nella nota 312 del 20 marzo 2012, il Capo del Dipartimento dell’Istruzione del MIUR, Dott.ssa Lucrezia Stellacci, cerca di fare chiarezza sull’argomento, specie contro l’obbligatorietà che alcune scuole lasciano intendere circa il contributo delle famiglie. Ma il Capo del Dipartimento va oltre, scaricando tutto il malessere sulla stessa scuola che viene così rappresentata come scorretta e incapace di gestire in modo efficiente le risorse pubbliche, poco trasparente e vessatoria nei comportamenti verso le famiglie.
Sorprende quest’affermazione, e generalizzare e intervenire in questo modo è totalmente fuorviante, perché se il MIUR è a conoscenza di singoli istituti o singoli Direttori Scolastici che operano scorrettamente dovrebbe rivolgersi direttamente a questi.
Un intervento – secondo me – ipocrita perché il Capo del Dipartimento Istruzione, finge di non sapere che le scuole sono al collasso finanziario, continuamente private delle risorse economiche indispensabili per il loro funzionamento, e che le famiglie sono sempre più in difficoltà, per la crisi che colpisce il paese, a garantire l’istruzione dei propri figli e che negli ultimi anni proprio le famiglie hanno assicurato, grazie ai loro “contributi volontari”, al buon funzionamento delle scuole mentre ad ogni cambio di governo c’è stata una progressiva riduzione dei finanziamenti alla scuola pubblica.
Eppure il MIUR sa bene che le scuole vantano centinaia di milioni di residui attivi, frutto degli anticipi fatti dalle scuole negli anni, anticipi che di solito sono prelevati dai fondi dei contributi delle famiglie, per pagare le supplenze, gli esami di stato, tasse e altre spese correnti per un normale funzionamento di una scuola .
Il MIUR tace su queste somme che non sono mai state restituite alle scuole così come tace sui fondi per lo sviluppo ed il miglioramento dell’offerta formativa, sperperati da scelte spesso propagandistiche del Ministero nei vari governi
Ma c’è di più, il Capo Dipartimento invita la Direzione Generale per la politica finanziaria e per il bilancio: “a voler sensibilizzare i revisori dei conti presso le istituzioni scolastiche ad operare, nell’ambito delle ordinarie procedure, specifici ed accurati controlli in merito alle modalità di richiesta, gestione e rendicontazione dei contributi delle famiglie”. Cioè ai revisori sono affidati, compiti ispettivi non previsti dalla loro funzione.
A cosa servono i contributi scolastici?
Tornando ai revisori dei conti, ogni istituto scolastico pubblico, deve presentare il Programma Annuale di Esercizio Finanziario, come indicato dal Regolamento Generale per la gestione Amministrativo e Contabile delle Istituzioni Scolastiche“ istituito con D.I. n. 44 del 1 Febbraio 2001 e successive specifiche e modifiche con prot.8110 del 17-12-2012 ai quali tutti i Dirigenti Scolastici si devono attenere per sottoporli all’attenzione e all’approvazione del Consiglio di Istituto. Tale Programma Annuale viene sottoposto al Collegio dei Revisori dei Conti per la sua definitiva approvazione attraverso una procedura di verifica e di controllo.
Facciamo i conti con i dati reali. Il caso vuole che io sia presidente del Consiglio di Istituto di un grande Liceo Artistico a Monza, l’ex Istituto d’Arte, quello situato proprio dentro la Villa Reale di Monza.
Tra le mie funzioni di presidente, anche la verifica del bilancio preventivo, il conto consuntivo e le eventuali variazioni predisposto dalla Giunta Esecutiva, che è appunto discusso ed approvato in sede di Consiglio di Istituto.
Perché allora non dimostrare con i numeri che realmente una scuola pubblica come il Liceo Artistico ISA-LAS di Monza, non sopravvivrebbe senza i “contributi volontari” delle famiglie?
Questa che propongo qui di seguito, è una parte rilevante dell’introduzione della Relazione del Dirigente Scolastico Guido Soroldoni, estratta dal documento per l’esercizio Finanziario 2013:
“Ancora una volta si deve sottolineare che rimane molto alta, dato ormai costante da anni, la voce riferita ai residui attivi e il contributo versato dai genitori, diventa determinante per il funzionamento di questo IIS. Gli investimenti strutturali svolti in passato sono stati, in parte possibili, grazie al contributo delle famiglie.
Nonostante la condizione sopra accennata, questo Programma Annuale cerca di continuare il percorso di sviluppo dell’IIS con un’azione volta da una parte a migliorare, incrementare e dall’altra a consolidare l’offerta formativa proposta all’utenza adeguandola alla nuova scuola iniziata.
Resta sempre problematica la situazione edilizia dell’Istituto che ci costringe all’utilizzo di aule esterne alla sede principale.
Dal primo settembre infatti la Provincia di Monza e Brianza ha reso disponibile per i nostri studenti uno spazio composto da 9 aule presso la sede di Via Magenta a Monza”
È già questo uno spaccato che evidenzia tutte le anomalie di cui abbiamo parlato sopra. Passiamo ai dati reali e concreti, provvedendo con qualche informazione necessaria.
Dal sito web dell’Istituto ISA-LAS è possibile scaricare e leggere il Programma Annuale esercizio Finanziario 2013. Il documento fondamentale è per la scuola il Modello A che è articolato in due sezioni: le Entrate e le Uscite; le prime sono raggruppate in otto diverse aggregazioni secondo la provenienza dei finanziamenti, mentre le seconde sono raggruppate in tre diverse aggregazioni di spesa, dove l’aggregazione A raggruppa le attività per il funzionamento generale dell’Istituto e per le spese di personale, l’aggregazione P è relativa ai progetti.
Capisco la vostra difficoltà nella complicata lettura e interpretazione di questi documenti, ma la parte più importante su cui porre l’accento è evidenziata e riportata qui sotto e in colore rosso e sono i seguenti dati:
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ENTRATE
La comunicazione, inviata tramite posta elettronica, del MIUR del 172/12/2012 prot.n. 8110 fornisce indicazioni precise sull’ammontare delle risorse finanziarie di cui questo istituto può disporre e fare affidamento. L’importo totale ammonta a € 25.580,00 costituito da:
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Finanziamento per funzionamento Amministrativo e didattico per un importo pari a € 23.408,00 per 8/12mi
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Finanziamento per compenso ai Revisori dei Conti pari a € 2.172,00 per 8/12mi
SPESE
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ATTIVITA’ – Totale € 214.811,04 che comprende:
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A01 - Funzionamento amministrativo generale
Le spese sono finanziate dall’avanzo di amministrazione non vincolato e da finanziamenti del MIUR per il funzionamento amministrativo e didattico.
Si prevede una spesa pari a € 45.652,27 comprensive di € 500,00 quale anticipazione minute spese al D.S.G.A
Salta subito anche all’occhio inesperto, che se le normali spese correnti di funzionamento amministrativo ammontano annualmente a € 45.652,27 e lo Stato ne versa finanziandone solo per € 23.408,00, provate ad immaginare da dove verranno prelevati ed anticipati i mancanti € 22.244,27
E la seconda domanda che ci si pone è: lo Stato, restituirà mai gli avanzi di importo dei residui attivi del MIUR degli ultimi 6 anni per un importo pari a ben € 319.648,85?
È chiaro dunque che sarebbe possibile gestire una scuola pubblica migliore e con meno difficoltà se ci fosse la possibilità di disporre di questo denaro, ingiustamente sottratto dai “contributi volontari” delle famiglie attraverso progetti culturali validi e attrezzature più moderne ad esempio.