Un incontro a Milano con l'unico parlamentare democratico che non ha votato la fiducia al Governo Letta. 500 persone, l'indignazione e la delusione
L'
impressione è che siano venuti a dire al Partito Democratico che questa è l'ultima occasione che sono disposti a concedergli. I posti in sala sono 300, ma sono quasi 500 le persone venute all'iniziativa promossa da un gruppo di iscritti del Pd milanese con Pippo Civati, neodeputato PD, la sera del 13 maggio. “Chiediamoci cosa sarà il Pd”: questo il titolo. Ma quello che emerge dai tanti interventi è soprattutto l'indignazione e la delusione per quello che è stato finora.
Il disagio è palpabile. Sono in tanti a non aver capito le recenti scelte del PD. Dal modo in cui si è giocata la partita dell'elezione del Capo dello Stato – la domanda aleggia inesplicabile: perchè non poteva essere Rodotà?- all'esito di un governo insieme al PDL. “È il ribaltone del voto degli elettori” - dice Civati.
Qualcuno insiste, vorrebbe sapere chi sono i 101 che hanno affossato la candidatura di Prodi. Mentre, secondo Lamberto Bertolè, i problemi del centrosinistra sono nati prima dei 101, “dall'incomprensione delle piazze del 2011, quelle che avevano vinto i referendum sui beni comuni e le amministrative. Quando, invece di aprirsi ai fermenti migliori nella società ci si è progressivamente arroccati”.
La sensazione diffusa è di essere stati traditi, e si accompagna a quella di non sapere chi come e perchè prenda davvero le decisioni, in un partito che si ostina a definirsi democratico. “Ho deciso di non votare la fiducia a questo governo - spiega Civati - perchè non ne abbiamo mai discusso”.
All'indignazione di non essere stati ascoltati, né consultati si accompagna il bisogno di ripensare le modalità stesse della partecipazione. Che “non può essere – sottolinea Stefano Boeri - chiedere consenso o assenso su decisioni già prese. E nemmeno limitarsi a scegliere tra opzioni già confezionate”.
Civati ascolta e risponde a tutti, è un fiume in piena. Sottolinea le priorità che questo partito ha dimenticato. “Io non voglio un partito più a sinistra (più a destra, ironizza, sarebbe impossibile!). Voglio solo il PD”. Cita Gobetti Civati, e un socialismo liberale che coniughi l'uguaglianza e il bisogno di giustizia con riforme davvero liberali. Quelle che ancora non si è avuto il coraggio di fare. Perchè il conflitto di interessi non è solo un problema di Berlusconi, la corruzione è anche un ostacolo per lo sviluppo economico di questo paese, e l'evasione fiscale... a proposito che fine a fatto la questione?
“Vorrei - dice Alessandro Campi - che si tornassero a fare le cose semplicemente perchè sono giuste: il reddito di cittadinanza è giusto, l'assistenza ai più deboli è giusta, la cittadinanza a chi nasce in questo paese è giusta”.
Poi c'è chi vorrebbe un Pd coraggioso (l'aggettivo ritorna spesso) e chi “un Pd dove chi sbaglia e continua a sbagliare sia messo a riposo” - così Carlo Monguzzi.
Forse manca a Civati, quanto meno su questo palco, la capacità di fare sintesi e indicare un percorso chiaro da qui al congresso e da lì in avanti. Qualcuno esce disorientato, qualcun altro giura che questa è l'ultima chance concessa a questo partito.
La scommessa finale sarà il congresso. Il prossimo ottobre ci si gioca tutto. Si misurerà lì, a cominciare dalle modalità di voto che verranno stabilite - aperte a tutti o solo agli iscritti - quello che peserà di più sulla bilancia. Se la conservazione di rendite di posizione e di vecchie culture politiche o il rinnovamento e la voglia di guardare al futuro. Insomma se sarà possibile davvero la ri-generazione PD.
P.S.: L'iniziativa autofinanziata è costata 379,88 euro - rendicontate alla seconda virgola, come dice Pippo Civati - ma i fondi raccolti tra i partecipanti sono stati 500 euro in più,da utilizzarsi per le prossime iniziative.