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Dossier. Spiritualità vo cercando. La spiritualità confezionata, smart box del trascendente: i cammini, i percorsi, le cerimonie, i luoghi sacri si offrono — e prendono — in qualità di mete turistiche, di pretesti per gite enogastronomiche, di soluzioni antinoia, di soggetti fotografici, di erudizione da servire al momento giusto

La

 redazione di Vorrei questo mese ha giocato pesante: spiritualità. L’esercizio di scrittura — e di lettura, per chi lo vorrà — si rende complesso e a tratti filosofico. Mi tornano in mente a proposito alcuni insegnanti, e la loro incredibile abilità nell’usare la parola. Quale meravigliosa dote umana. Nessuna falsa promessa; se siete amanti delle sfide, provate allora anche voi per qualche minuto a sentirvi degli intellettuali e ad arrivare fino in fondo, faticando anche un po’. 

Ebbene, spenti i cellulari ed inforcati gli occhiali, vogliasi richiamare ancora l’attenzione a questa strana dimensione detta “dello spirito”. 

Regno del dubbio e dell’inafferrabile, è proprio questo il tremendo e sconcertante Altro, sul quale si sono sviluppate le religioni, che con immagini e verbo scritto, hanno restituito un umanissimo appiglio al senso di vertigine. 

Tracce di un passato e di tradizioni che un tempo sembravano dare fiducia e conforto

In Italia più che mai l’idea di spiritualità si lega alla religione cattolica. Spremiamoci le meningi e vediamo di far chiarezza. La religione è definibile come un’unione di convenzioni e norme, stabilite dall’uomo a partire da un preciso contesto storico-geografico; è espressa attraverso il racconto orale e scritto, è rituale, è simbo-logica. Nella verde Brianza la tradizione di questa religione dominante — oggi, domani chissà — ha lasciato i segni in deliziose architetture, eterogenee testimonianze d’edilizia, creatività ed artigianato, secondo i gusti propri del periodo. L’uomo, gettato nell’esistenza, per comprendersi — si badi che non è scontato — si è guardato attorno e ha scoperto le tracce di un passato e di tradizioni che un tempo sembravano dare fiducia e conforto. I legni, i laterizi, le pietre e i marmi e sono infatti solo una parziale manifestazione di tutto un coinvolgimento emotivo e partecipativo che attorno ad essi si è esercitato, in grado di trasportare le persone ad una dimensione ultraterrena. Per l’appunto, spirituale. 

Uso volutamente la forma passata, perché seppur si riconosca tutt’ora l’esistenza d’adesioni alla fede ed alla pratica in senso pieno, le si individuano come una minoranza. 

Chi sono io per dirlo? Nessuno. Tuttavia se è vero che ogni singolo uomo è custode dei propri pensieri — e al di là dei gesti, nessuno davvero può corrispondere alla visione altrui —, è anche vero che i confronti disinteressati e le abitudini ricorrenti nel nostro tempo sono sufficienti per raccogliere dati e abbozzare un quadro. 

Tenterò allora a parole di dipingere una veduta. Anticipazione: surreale. Già; i cammini, i percorsi, le cerimonie, i luoghi sacri si offrono — e prendono — in qualità di mete turistiche, di pretesti per gite enogastronomiche, di soluzioni antinoia, di soggetti fotografici, di erudizione da servire al momento giusto, di lezioni mnemoniche alla stregua di prestazioni scolastiche; emulazioni di antichi culti che magicamente dovrebbero restituire un qualche stato catartico e ristoratore dell’animo, spesso in tal senso deludono — anche se non si dice. L’approccio a questi segni del mondo spirituale è consumistico, quasi a pacchetti; smart box del trascendentale. Comodo no?

Mi guardo attorno, ed aggiungo alla mia pittura generosi dose di colore.

La cosiddetta “spiritualità” acquista talvolta un sapore esotico

Fuori dalla metafora:  trovandoci in epoca globalizzata, delle informazioni, di migrazioni e d’immigrati, il nostrano si mescola al nuovo, ad ulteriori credo, lingue, rituali. Alla resistenza xenofobica si addiziona il fascino. Osservando infatti le inclinazioni della collettività che ci circonda, anche in una Brianza costellata da case sotto all’ala di Roma, la cosiddetta “spiritualità” acquista talvolta un sapore esotico. 

Eh sì, un po’ come i baffi, il neo-spiritualismo orientale va di moda. Scaffale nel reparto dedicato, vicino alla cassa. Ecco una sfilza di proposte in cui starsene a gambe incrociate, in cui esercitare la propria flessibilità, alimentandosi a tutti i costi in maniera etica, o rastrellando in silenzio sassolini, dopo un buon té — verde —. Servitevi pure. 

Che bizzarria; l’uomo che borbotta alla minima novità è anche esterofilo. Ma ugualmente in questo, se spesso subisce il fascino dell’Alterità, si ferma prima di impegnarsi sul serio. 

Non vorrei certo far alcuna morale. Ma non banalizziamo!

La spiritualità non è una chiesa, non è un crocifisso, non un’icona; i veri meandri dello spirito non possono nemmeno essere compresi incamminandosi meccanicamente lungo percorsi segnalati su guide, o con offerte di viaggio in Tibet o in India. No signori, nemmeno recitando mantra. 

Queste meravigliose e variopinte manifestazioni, delle quali non si vuole negare la preziosità, sono i referenti fisici di tradizioni fondate a partire da un Mistero a priori, di fronte al quale siamo tutti uguali. 

I tesori culturali citati sono infatti solo veicoli; ahinoi plastificati a tal punto da non staccarsi più dalla materialità. 

Massì.. quest’articolo era una provocazione.

Eppure, rendersi conto di non esser più in grado del profondo, semplicemente bello non è.  

Rivalutare la Fatica. Veicolo un po’ demodé, ma tipicamente brianzolo. «Lo sforzo ripaga», diceva mio padre.

E quindi? Fermo restando che una ricetta unica non esiste — e che è tutto un gioco d’equilibrio — varrebbe la pena tentare una riqualificazione: rivalutare la Fatica. Veicolo un po’ demodé, ma tipicamente brianzolo. «Lo sforzo ripaga», diceva mio padre. 

Non sempre in denaro, ma con quel senso di dignità e pienezza forti in chi fa’ bene il proprio lavoro. Con il senso di soddisfazione che si percepisce nel rinunciare, anche in una selva di tentazioni. Con il coraggio d’affrontare quel cammino per davvero, fino in fondo, senza ridicole attrezzature. Studiando con impegno, appassionandosi alla ricerca individuale. E’ credendo con devozione, se lo si desidera.

E allora sì che guarderemo con meraviglia ad un cielo stellato; assisteremo con stupore al miracolo di una nascita; e un giorno riprenderemo ad amare l’arte, il cibo e gli altri con rispetto sublime.

Forse mi sbaglio, ma hic et nunc percepisco solo in questo modo la tensione allo Spirito; come ritagli, spaccature, in un sistema che ancora fortunatamente non è riuscito ad inscatolare tutto. 

Al dipinto sul pastiche umano ho quindi fatto un taglio, alla Fontana, verso un’altra dimensione ignota. Non posso proseguire più, non con parole. La lingua, seppur potente e affascinante, è sempre solo una riduzione. Non immune all’errore. Terrena. 

Post Scriptum. Suggerimento per i temerari: Mario Perniola — amico e insegnante d’estetica — con il testo “Del Sentire”.

Gli autori di Vorrei
Natalia Cantù