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Intervista a Francesca Milanese, artista monzese e studentessa della scuola di arteterapia MBA. Al Paolo Pini, il centro diurno botteghe d'arte è uno dei pochi in Italia ad avere un approccio così marcato nel coinvolgimento delle pratiche artistiche per la cura del disagio.

Ci racconti la tua formazione e il tuo percorso?
Sono una ragazza di 25 anni, laureata in pittura e arti visive presso NABA. Durante il mio percorso di studi mi sono pian piano resa conto della forza e dell'impatto che l'arte e le immagini hanno nella vita delle persone. La decisione di studiare arteterapia non è stata "consciamente" meditata negli anni, solo dopo il colloquio al Paolo Pini mi sono accorta che da anni la direzione verso cui mi muovevo era quella di studiare per diventare un'arteterapeuta. In accademia infatti i miei lavori erano sempre basati sulla relazione con le persone e sull'empatia, che è stato il tema che ho scelto per la tesi. Sicuramente ha influito nella mia scelta di continuare gli studi in arte terapia anche il fatto che fare arte a me dà benessere. 

Come spiegheresti cosa è l'arteterapia ai non addetti ai lavori?
L'arteterapia è il "fare arte insieme" per favorire il benessere o il recupero di questo. Dà la possibilità di comunicare su un altro livello rispetto a quello abituale. L'arteterapia è ciò che permette a livello concreto di scoprire il proprio talento, le proprio capacità, la propria voce.

L'arte cura? Come e cosa hai imparato approfondendo l'argomento?
Si, l'arte cura. Direi che cura il disagio, inteso in senso ampio.
Dire in breve cosa ho imparato non è facile...provo a sintetizzare in una frase: cercare di utilizzare tutto quello che accade all'interno di un laboratorio o bottega di arteterapia (sia previsto che imprevisto) a favore dell'utente, perciò essere recettivi,  molto elastici e fare un costante lavoro di equipe/confronto con altri.

Su cosa vorresti lavorare una volta finito il percorso di studio?
Quello che desidererei fare è arteterapia lavorando sul corpo. Quante volte ho sentito dire dalle persone ( non soltanto dagli utenti..) la frase " Io non sono a mio agio col mio corpo". Ecco io vorrei lavorare su questo. 

Parlaci di una esperienza concreta che hai vissuto in relazione con persone portatrici di un disagio.
Durante il tirocinio ho fatto esperienza con utenti di un Centro Diurno Disabili. è stato un percorso che mi ha portata ad avere consapevolezza di quanto ho detto prima. Per la prima volta ho visto di persona la capacità che l'arte ha di dare benessere alle altre persone. Quando abbiamo iniziato il laboratorio con le utenti c'erano problemi di comunicazione a livello verbale e difficoltà personali date a volte da fobie e paure. Alla fine del percorso laboratoriale la comunicazione verbale ha fatto un grande passo avanti e paure e fobie sono diventate più controllabili da parte delle utenti. 

Quali e quanti  i pregiudizi sulla malattia mentale vedi ancora oggi?
I pregiudizi sulla malattia mentale sono purtroppo tantissimi. Basti pensare che quando si parla di paziente psichiatrico l'immagine che si forma nella mente di un "non addetto ai lavori" è quella di una persona dall'aspetto bizzarro o brutto che corre in giro urlando, cosa che non è assolutamente così. Quello che emerge è che nell'immaginario comune il paziente psichiatrico in genere fa paura alle persone, è pericoloso e quindi è meglio tenersi a distanza.

Come lottare contro lo stigma?
Favorendo e mediando il dialogo tra quelli che nella maggior parte dei casi sono come due mondi divisi, bisogna metterli in comunicazione, bisogna far si che si conoscano..

 

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