Sull'equiparazione di comunismo e nazismo da parte dell'UE
Il 19 Settembre il parlamento dell'Unione Europea ha approvato la "Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa". Essa non è che la copia, ancor più sgangherata e faziosa a dir la verità, di un'altra risoluzione simile approvata nel 2009. Già allora l'impianto era identico, sebbene un po' più imbellettato: obiettivo esplicito di entrambe le risoluzioni è l'equiparazione de facto di comunismo e nazismo, impiegando il patto Molotov-Riibbentrop come grimaldello per affermare l'eguale responsabilità di comunismo e nazismo per lo scoppio della seconda guerra mondiale e per i suoi crimini.
Ci si potrebbe domandare perché l'Unione Europea si diletti con ben scarsi risultati nel campo della storiografia, ma appare chiaro che il reale intento di entrambe le risoluzioni non sia di carattere storiografico, quanto semmai squisitamente diplomatico: cioè compiere un favore ai paesi dell'Est Europa avallando di fatto la loro profonda e pervasiva opera di revisionismo storico riguardante il periodo della seconda guerra mondiale (sopratutto di matrice polacca, per approfondire qui, qui e qui alcuni articoli a riguardo).
Non è vero come è stato detto da più parti che siano stati "vietati i simboli comunisti", ma certamente l'equiparazione de facto di comunismo e nazismo è l'obiettivo a cui si tende, come si può evincere dalla lettura dei due testi che partono da una valutazione legittima ma unanimemente ritenuta falsa dalla storiografia e prosegue per salti logici arditi: la causa dello scoppio della seconda guerra mondiale sarebbe il patto Molotov-Ribbentrop, dunque (primo salto logico) Germania nazista e URSS sono egualmente responsabili dello scoppio della guerra, dunque (secondo salto logico) si condannano nazismo e stalinismo come eguali, dunque (terzo salto logico) poiché si fanno coincidere stalinismo e comunismo, si condannano egualmente nazismo e comunismo.
L'enorme vizio alla base dei contenuti delle risoluzioni mi sembra diventi immediatamente chiaro se ricorriamo a quella che lo storico Alessandro Barbero ha illustrato in più occasioni (ad esempio qui con grande concisione mentre qui più lungamente e dettagliatamente) come la differenza fra memoria e storia. Il succo della tesi di Barbero è che la memoria è sempre un punto di vista soggettivo, ed in quanto tale va eventualmente impiegata come fonte ed anche compresa, ma non bisogna confondere ed elevare la memoria soggettiva, ed i giudizi etici che in essi sono contenuti, a verità storica. Sopratutto, Barbero si scaglia contro l'idea di "memoria condivisa", ovvero della possibilità di stabilire la verità storica come semplice somma delle memorie soggettive.
Così, mi sembra comprensibile che la memoria popolare polacca consideri il patto Molotov-Ribbentrop come l'origine della "loro" seconda guerra mondiale, ovvero la guerra di occupazione della Polonia, e si considerino Germania nazista e Unione Sovietica egualmente colpevoli, data la spartizione a tavolino della Polonia in aree di influenza in caso di attacco, le occupazioni di territorio a breve distanza e l'occupazione sanguinosa. Non è un caso che la stessa Unione Sovietica a partire da Stalin e fino alla nuova dottrina della Glasnost di Gorbachev abbia negato sia l'esistenza del patto Molotov-Ribbentrop sia l'eccidio di Katyn, l'episodio più terribile dell'occupazione sovietica della Polonia durante la guerra: erano pagine di storia indicibili, che sarebbe stato meglio tenere nascoste e che nell'impossibilità di ciò era meglio delegittimare come falsa propaganda nemica.
Il problema è se si eleva automaticamente questa memoria a verità storica complessiva sulla seconda guerra mondiale. O meglio, se si decide che questa memoria debba essere il perno su cui edificare una "memoria condivisa" da cui comunismo e nazismo emergono come egualmente responsabili della seconda guerra mondiale ed egualmente responsabili di atti criminali lungo di essa.
Tesi che appare così palesemente falsa da apparire o dilettantesca o in aperta malafede, se non entrambe. Nella risoluzione neppure si menziona la guerra combattuta dall'URSS contro la Germania nazista, ma dalla sua lettura parrebbe che Terzo Reich e URSS siano stati felici alleati lungo tutta la durata del conflitto. Così come naturalmente non si fa menzione dell'immenso tributo di sangue e sofferenza che milioni di soldati e civili comunisti russi, al di là di Stalin e dei vertici sovietici, e centinaia di migliaia di persone di fede socialista e comunista al di fuori dell'armata rossa versarono, prima durante e dopo il conflitto, per l'abbattimento di quei regimi nazifascisti che fino a poco tempo prima per le stesse potenze occidentali democratiche rimanevano interlocutori legittimi e rispettabili.
Tutto viene ridotto ad un gioco di memorie: alla memoria degli ebrei deportati nei campi di sterminio liberati dai sovietici si può contrapporre la memoria dei polacchi sterminati a Katyn, in un enorme calderone che tutto mescola e mette sullo stesso piano. Così, invece che tributare il giusto ricordo delle vittime della guerra, della barbarie e dei totalitarismi, se ne strumentalizza il ricordo per fini politici. Cosa accadrebbe se ricostruissimo "la Storia" della seconda guerra mondiale sulla base della memoria della strage di Gorla o degli stupri di massa dei Goumier a donne e uomini durante le marocchinate?
In Italia, d'altra parte, abbiamo un esempio molto illustre di questo uso strumentale della memoria in funzione anti-storica. È il revisionismo anti-partigiano, che sopratutto a partire dal famigerato "Il sangue dei vinti" ha tentato la stessa operazione: a partire da alcune memorie, più o meno inventate in questo caso, porre moralmente ed eticamente sullo stesso piano partigiani e nazifascisti.
Oltre a negare l'apporto dell'Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale, si compie anche l'irragionevole sovrapposizione fra URSS e comunismo tout court. Nella risoluzione, in accordo con le finalità diplomatiche di ingraziamento dei paesi dell'est europeo oggi retti da governi di estrema destra, non solo ci si dimentica di dire che gran parte di quegli stessi stati dell'Est Europa agli albori del secondo conflitto mondiale erano retti da regimi para-fascisti, ma pure che a pagare con la vita o con la persecuzione i tentativi di liberarsi dal gioco sovietico nel secondo dopoguerra nel blocco dell'Est siano stati spesso e volentieri altri comunisti come Imre Nagy, Alexander Dubček, Emil Zatopek giusto per citare alcune delle figure più celebri; che in Italia a sostenere attivamente la lotta di Solidarnosc vi era senza alcun tentennamento Democrazia Proletaria. Mi si perdoni la natura anedottica degli esempi, ma naturalmente mille altri potrebbero essere fatti.
Insomma se la fortuna globale dell'ideologia comunista si è rivelata, nel bene o nel male, indissolubilmente legata al destino dell'Unione Sovietica, almeno a partire dal secondo dopoguerra e più intensamente dal 1968 non era decisamente più possibile sovrapporre la 'fede politica comunista' con la fede e il sostegno all'Unione Sovietica.