Rappresentatività o governabilità? Le leggi elettorali da decenni in bilico fra due intenzioni, mentre quasi la maggioranza degli italiani ormai non vota proprio più
In Primavera, andremo alle elezioni con la nuova legge: il “Rosatellum”. Al di là delle tecniche e delle modalità previste da questa legge e da quelle precedenti, credo si impongano alcune riflessioni e domande riguardo allo stato di salute della nostra democrazia, ovvero sistema elettorale e sistema dei partiti.
La malattia è grave ed è attraversata da infezioni progressive che rischiano di portarla alla morte: un paese a rischio di ingovernabilità permanente e una cittadinanza assente all’esercizio del voto. Ma a quanto pare forze politiche, giornali e opinione pubblica non se ne preoccupano più di tanto.
Governabilità o Rappresentatività?
Negli ultimi 20 anni, a colpi di leggi elettorali e di referendum, si sono scontrate tra di loro due culture e modelli di democrazia contrapposti.
C’è chi ritiene più importante dotarsi di un sistema elettorale che garantisca governabilità e stabilità (dopo i 60 governi in 50 anni nella prima repubblica), anche a scapito di una reale rappresentatività delle diverse forze politiche e c’è chi ritiene, invece, che sia più importante garantire ai cittadini la possibilità di essere rappresentati in termini plurali, anche a scapito della governabilità.
In realtà, quando quasi la maggioranza degli italiani non va a votare, per chi andrà a governare e a rappresentarci in parlamento vengono a mancare credibilità e autorevolezza. E viene messo in discussione il valore stesso del termine “democrazia”.
In linea teorica i duellanti in campo hanno un nome: “tifosi” per il sistema maggioritario e “fan” per un sistema proporzionale.
Una “lotta sanguinosa”, che in tutti questi anni, in realtà, non ha avuto né vincitori e né vinti, lasciando sul campo di battaglia una “democrazia dissanguata”.
Infatti, le diverse leggi elettorali che si sono susseguite erano e sono ampiamente imperfette. Sono leggi che non hanno avuto il coraggio di scegliere con chiarezza quale fosse il modello da adottare in maniera compiuta.
Nella migliore delle ipotesi (Mattarellum e Italicum) avevano cercato di tenere insieme “governabilità e rappresentanza delle minoranze” senza però dare certezze (Mattarellum) in termini di governabilità (le grandi ammucchiate per vincere ma non per governare) né di esercitare per l’elettore la libertà nella scelta dei candidati (Italicum).
Nella peggiore delle ipotesi (Porcellum e Rosatellum) non permettevano e non permettono né certezza di governo, né scelta degli elettori di chi li rappresenterà.
Primo paradosso: a fronte della crescita di domande che provengono dai vincoli dell’Unione Europea e da una opinione pubblica che chiede di sapere con certezza “un minuto dopo le elezioni” chi ha vinto e chi governa e a fronte di una crisi della partecipazione politica e dell’esercizio del voto che domanda più possibilità di scelta dei propri rappresentanti, anche l’ultima legge va invece nella direzione esattamente contraria. Ovvero: non si saprà se si governerà e chi governerà e saranno leader e organismi di partito a fare le liste elettorali e di conseguenza a prefigurare i futuri eletti.
Secondo paradosso: in Italia c’è già una legge che tiene insieme governabilità (con il doppio turno) – che sceglie chi ci governa (il sindaco) – tutela la presenze delle minoranze e permette agli elettori di scegliere i propri rappresentanti (proporzionale con le preferenze). È la legge elettorale utilizzata per eleggere Sindaci e Consigli Comunali, una legge che da decenni funziona e che garantisce stabilità e democrazia. Naturale sorge la domanda: perché tra modelli tedeschi, spagnoli e pasticci all’italiana il nostro parlamento non ha scelto di adottare a livello nazionale un prodotto di casa nostra?
Democrazia, Democrazia che piccina che tu sia...
E allora? Nell’attesa zen (che dura da 60 anni), di un modello che garantisca certezza delle scelte e della vita democratica, per ora non ci rimane che “tenere in vita” la malata con alcune flebili “cure palliative”.
Inutile a questo punto rimpiangere e ri-condannare l’Italicum” travolto dal risultato referendario e dalla Consulta o arrabbiarsi per il mancato voto parlamentare del tentativo per il modello tedesco..
La legge elettorale attuale (con tutte le brutture e i pasticci già descritti), ha almeno evitato di andare a votare con una legge diversa alla camera e al Senato.
Una legge che con il recupero di una parte maggioritaria, riporta la possibilità di fare anche alleanze (speriamo omogenee), disegnare collegi più vicini al territorio con candidati riconoscibili sia nella parte proporzionale che in quella maggioritaria e che prevede l’alternanza uomo/donna
Non ci si faccia illusioni, le liste saranno nella maggioranza dei casi decise dalle segreterie dei partiti, soprattutto nella parte maggioritaria, che dovrà tenere conto delle diverse componenti delle alleanza costituite.
Nessun spazio quindi per poter “contare” da parte di iscritti ed elettori nella costruzione delle liste? In linea teorica, qualche spazio ci potrò essere ma questo dipenderà molto dalla capacità di rivendicazione e mobilitazione da parte della base delle singole forze politiche.
In primis sapendo attivare spazi e luoghi di dibattito che cerchino di fornire ai dirigenti quali dovrebbero essere i criteri da adottare nella formazione delle liste: curriculum, esperienza, territorialità, unicità delle cariche, trasparenza, numero dei mandati etc.
Una altra possibilità è quella di chiedere di essere coinvolti nell’indicare i candidati che formeranno le liste, così come avvenne nelle precedenti “parlamentarie” del Pd o come avviene da anni in Germania, dove gli iscritti sono consultati e possono con il loro voto determinare i candidati migliori da inserire..
La democrazia, ha una altra fondamentale gamba, per ben camminare ed è quella che si sostiene attraverso la vita dei partiti e delle forze politiche. Ci sarà bisogno di stampelle o di un nuovo modo di camminare? Ma di questo me ne occuperò la prossima volta.