A proposito di marchio, sfiderei chiunque a trovarne un altro di pari rilievo e potenza per Monza: è la Corona Ferrea.
Ho letto il discorso del neo Sindaco Allevi con il quale ha illustrato il “programma di mandato” della nuova amministrazione di Monza.
I temi in cui ha articolato la sua esposizione sono: la sicurezza, la famiglia, le imprese, “Monza città dei motori e sport”, cultura e turismo unificati, mobilità e viabilità, urbanistica.
Non entrerò nel merito delle singole proposte. Mi interessa di più cercare di capire se dal programma emerge un progetto, una visione del futuro della città di Monza che ne esalti ed evidenzi gli elementi e i valori che la differenziano rispetto ad altre città. Questi valori sono fondamentali per definire un’identità, una immagine portatrice di senso, una visibilità, una attrattività anche economica.
Ebbene, debbo dire che dalla lettura non ho tratto questa visione, come del resto non l’avevo tratta neanche dal programma della precedente amministrazione.
Allevi dichiara più volte di voler “volare alto”, cosa che condivido. Spesso questo obiettivo è più nello spirito della destra che della sinistra, alla quale ultima appartengo. Ma se si decide di volare alto, occorre farlo con la riflessività di Dedalo, e non con l’impulsività di Icaro.
“Volare alto” significa che, oltre a garantire a tutti i cittadini i servizi essenziali per farne esseri liberi (abitazione, alimentazione, istruzione, sanità, mobilità), e alle imprese le condizioni per produrre e crescere, occorre realizzare quelle iniziative e infrastrutture dotate di particolari valenze storiche, culturali e ambientali che rendano orgogliosi della propria città e motivati a farla fiorire.
Ho già parlato in precedenza dell’identità di Monza, e non voglio ripetermi. Ma a proposito di marchio, o brand che dir si voglia, di cui si sente parlare spesso ma in modo vago se non allarmante, vorrei ribadire che Monza ce l’ha già, e sfiderei chiunque a trovarne un altro di pari rilievo e potenza: è la Corona Ferrea, insieme all’“impresa” (termine araldico che significa “motto”) iscritta nel suo stemma: “Monza è la sede del Grande Regno d’Italia”.
Ovviamente non sono più i tempi del Regno d’Italia, che non è comunque il regno sabaudo, ma uno degli elementi costitutivi del Sacro Romano Impero (anche la luna, altro simbolo di Monza, sembra significare con il suo alone l’Italia inserita nell’Impero). Ma questi simboli, traslati ai nostri tempi, posso avere un significato quanto mai attuale e proiettato nel futuro: quello dei i rapporti tra l’Italia e l’Europa.
Forse qualcuno a Monza non dà importanza a queste radici storiche . Ma come fa capire Fabio Finotti nel suo colto e piacevolissimo Italia, l’invenzione della Patria (Bompiani, 2016) altre città italiane menerebbero gran vanto di averle, magari inventandosi, come è diffusamente avvenuto non solo in Italia, ascendenze nell’Impero romano e nella città di Troia!
In quest’ambito si inserisce anche il rapporto, non certo soltanto storico, di Monza con Milano.
Anticamente Monza fu un avamposto imperiale contro i fermenti dei liberi comuni, di cui Milano fu una delle maggiori espressioni. Ma poi rimase per secoli soggetta alla signoria milanese, seguendone le sorti sotto i domini spagnolo ed asburgico. Nonostante ciò, ha mantenuto una sua individualità rispetto alla conurbazione milanese, tra l’altro conservando il rito cattolico romano rispetto al nuovo rito ambrosiano, pur facendo parte della diocesi milanese. I legami con Milano sono stati e saranno sempre una costante per Monza. Il problema sta nel come gestirli senza subalternità, difendendo la propria identità e autonomia.
C’è un altro aspetto che segna l’Identità di Monza, oltre alla storia politica: la grande vitalità produttiva, la laboriosità e l’imprenditorialità, che si sono andate trasformando nei secoli e che, si può stare sicuri, troveranno le loro espressioni anche nella quarta rivoluzione industriale. A Monza è nata la prima Associazione industriale d’Italia, ora tristemente fusa con quella di Milano, quando era possibile stabilire sinergie senza dissolvimento. Ma come differenziare questa vocazione da altre simili europee? Come tradurre queste capacità (si pensi al design industriale) in una identità propria e non servile rispetto a Milano? Credo che ciò sia possibile solo facendo di Monza un centro culturale di prim’ordine sia dal punto di vista umanistico che tecnologico, partendo dalle realtà già esistenti, come la Facoltà di medicina nell’Ospedale Nuovo e il Liceo Artistico-Istituto d’Arte nella Villa reale, culla della Triennale di Milano.
Partendo da queste considerazioni, ho scorso il programma del Sindaco, nonché quello delle opere pubbliche 2018-2020. Ho cercato di individuare i progetti che possono configurare una visione “alta” del futuro di Monza. Ma ho trovato solo alcuni spezzoni di un possibile disegno unitario. Nel programma di mandato mi sembra importante il progetto, già avviato dalla precedente amministrazione, di promuovere un percorso europeo del Regno Longobardo. Sempre nel programma del Sindaco, tra gli investimenti emergono la realizzazione di un grande stadio d’avanguardia e quella di un teatro prestigioso. Importante è l’impegno per fare della ex Caserma S. Paolo un centro bibliotecario (l fatto che le ultime notizie diano la caserma come destinata a cittadella giudiziaria non cancella l’obiettivo, di grande valenza culturale). Per quanto riguarda la Villa e il Parco, importante è l’impegno all’acquisto del Mirabellino e al restauro delle ali della Villa. Da non sottovalutare anche l’idea di realizzare nella Boscherona un Parco dello sport, dove potrebbero essere trasferiti tra l’altro i campi di tennis dei Giardini Reali (una alternativa a questa proposta potrebbe essere la riqualificazione delle Cave Rocca, sufficientemente grandi da poter accogliere in un vasto contesto verde una arena-anfiteatro confrontabile con il Circo Massimo di Roma). Nel programma pluriennale delle opere pubbliche meritano apprezzamento gli investimenti previsti per il Liceo Artistico ex ISA nell’ala sud della Villa.
Ma non posso non rilevare nel discorso di Allevi una contraddizione: se si vuole “volare alto” per il futuro della città, non si può concepirla come chiusa e arroccata. Non si può dedicare un quarto del discorso ai problemi della sicurezza, alla paura dei “presunti profughi”, alla priorità dei residenti rispetto ai nuovi venuti nella prestazione dei servizi per i meno abbienti. Dimenticando tra l’altro che sono proprio l’accoglimento e l’integrazione, i servizi uguali per tutti, a garantire la sicurezza più delle forze dell’ordine. Con costi minori, come dimostra Rutger Bregman in Utopia per realisti (Feltrinelli, 2016), di cui parlerò in un prossimo articolo.
Occorrerebbe poi “volare alto” anche per quanto riguarda il massimo monumento della città, insieme al Duomo trecentesco: il complesso unitario della Villa Reale e del Parco di Monza (tagliereste in due un diamante?). La sua storia asburgica, napoleonica e sabaudo-italiana ne fa un elemento del tutto coerente con l’identità di Monza come sopra delineata (non a caso Villa e Parco erano nelle mappe dell’ottocento qualificati come “Imperial Regi”). In particolare il Parco, oltre ad essere una risorsa naturale preziosa per le migliaia di famiglie che l’affollano nei week end e per gli amanti dei più diversi sport amatoriali, è il maggiore esempio europeo di un formale disegno paesaggistico delle dimensioni di 700 ettari. Se insieme alla Villa fosse accolto nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, avendone i numeri molto più di altri siti già riconosciuti, potrebbe attrarre visitatori stranieri 365 giorni all’anno. E invece viene richiamato, nel discorso del Sindaco, solo sotto nel capitolo “sport”, e ridotto a “palestra più bella a cielo aperto che ci sia non solo in Italia ma quasi in tutta Europa”.
Ho parlato prima del libro Utopia per Realisti di Bregman che sostiene, citando Oscar Wilde, che “Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie”. Consultando Wikipedia ho scoperto che “utopia” significa sia “il luogo che non c’è” (“u” come “non”in lingua greca), sia “il buon luogo” (“eu” come “buono”). Mi piace pensare che scrivendo eu.topia posso aggiungerne, a quei due significati, altri due: quello della “e” dell’era digitale, e quello della “EU” come “Unione Europea”.
Nell’ottica di questa eu.topia, riporto in sintesi l’elenco di un insieme d’iniziative ed investimenti simile a quello che ho già proposto nel mio precedente articolo e che potrebbero elevare Monza alla dimensione che merita. Potrebbero formare oggetto di un programma pluriennale (una prospettiva di lungo termine che anche Allievi ha in mente), che il nostro Comune potrebbe promuovere per far convergere risorse pubbliche ( anche europee) e private. Queste ultime in forme rigorosamente mecenatesche e non profit (non sto parlando, ovviamente, di bar e servizi vari):
- Un Festival internazionale annuale di Monza sui rapporti tra Italia ed Europa;
- Una “History telling” annuale sulla “Imperial Regia Villa e Parco di Monza”, da proiettare nell’Avancorte della Villa;
- Il blocco assoluto del consumo di suolo, come condizione del recupero delle aree dismesse con destinazioni produttive, ambientali, culturali, sportive;
- L’interramento di Via Boccaccio, per ricongiungere Villa e Parco alla città;
- La proposta di inclusione dell’Imperial Regia Villa e Parco nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco;
- La demolizione progressiva dell’ecomostro della pista di alta velocità nel Parco;
- Il non rinnovo nel 2022 della concessione del Golf Club Milano e la riforestazione dell’area, per riportarla al disegno originario di oasi vegetale e faunistica;
- Un grande programma di infrastrutture sportive e per i grandi eventi di valenza internazionale (Stadio, Cave Rocca, Cavallera), sia come valore in sé, sia per destinare il parco storico esclusivamente agli sport amatoriali e ad eventi non devastanti;
- Il rilancio e potenziamento del Liceo Artistico-Istituto d’Arte nella Villa, come riferimento per nuove attività produttive;
- L’interramento del parcheggio antistante l’Ospedale Nuovo, per realizzare un parco con gli impianti sportivi esistenti al servizio sia del quartiere che di un campus universitario della Facoltà di Medicina dell’Ospedale Nuovo;
- La destinazione dell’area dell’Ospedale vecchio a un nuovo campus universitario per facoltà tecnologiche ed umanistiche.
- La realizzazione di un centro bibliotecario come luogo di attrazione e di animazione culturale a vasto raggio.