Dossier razzismo. L'analisi di un articolo di Vittorio Feltri, direttore del quotidiano Libero. Una semplificazione grossolana. Nessun dato viene portato a sostegno. Non è né l’analisi, né un sistema di conoscenza razionale a interessarlo.
Per gentile concessione dell'editore e dell'autrice, pubblichiamo il capitolo “Libero di istigare all'odio” da Cronache di ordinario razzismo, quarto libro bianco sul razzismo in Italia curato da Lunaria e disponibile integralmente qui.
Il 7 aprile 2017, Stoccolma è scossa da un attentato terroristico. Un uomo alla guida di un camion si lancia sulla folla, uccidendo quattro persone. Le indagini individuano l’uomo come un affiliato del gruppo fondamentalista Daesh, generalmente noto come Isis.
L’attentato di Stoccolma non è l’unico lanciato dal movimento fondamentalista contro l’Europa: arriva infatti dopo gli attacchi a Bruxelles (Belgio, 22 marzo 2016), Nizza (Francia, 14 luglio 2016), Berlino (Germania, 19 dicembre 2016), Londra (Inghilterra, 22 marzo 2017), solo per citarne alcuni. Anche altri Paesi, non europei, sono colpiti dall’Isis con atti terroristici, e solo in alcuni casi conquistano le pagine dei giornali europei: è il caso, ad esempio, di Istanbul (1 gennaio 2017, 28 giugno 2016), Dacca (1 luglio 2016), Cairo (Egitto, 20 novembre 2016), Tanta e Alessandria (Egitto, 9 aprile 2017).
All’indomani dell’attentato in Svezia, il Direttore editoriale del quotidiano Libero decide di concentrarsi sui diversi attentati subiti dall’Europa. Lo fa con un articolo pubblicato il 9 aprile 2017[1]. “Reagire con violenza” è il titolo dell’editoriale, il cui cappello è “Se non lo fermiamo, l’Islam ci sterminerà”. Il titolo non fornisce informazioni: piuttosto, esprime un parere, e ancor più esorta all’azione, violenta. Sul binario tracciato da questa frase si snoda l’intero articolo.
Così Feltri nell’incipit dell’editoriale. I termini scelti – litanie, prediche inutili, bla bla senza costrutto – connotano negativamente qualsiasi idea diversa da quella di chi scrive. Ma di quali idee, e di quali media, parla Feltri? Non viene specificato: ci si limita a una generale quanto generica critica.
Feltri traccia un quadro del contesto, che si sviluppa su due linee: la derisione dei fondamentalisti e la descrizione della Svezia come Paese perfetto. Una lettura polarizzata e stigmatizzante, che in quanto tale esclude qualsiasi sfumatura e tentativo di analisi. Ma del resto questo sembra essere l’obiettivo del Direttore: è lui stesso ad affermarlo.
Di fronte al contesto in cui ci troviamo, dunque, l’autore non auspica alcun approfondimento: un commento che, essendo espresso dal Direttore di un quotidiano, impone una riflessione sugli obiettivi peculiari di una testata giornalistica, tra i quali non sembrerebbe esserci nemmeno quello di informare, dal momento che l’articolo non presenta alcun dato; ancora, l’esperienza ce lo dimostra, afferma Feltri: ma quali sono queste prove? La domanda rimane senza risposta.
Proseguendo nella lettura, l’obiettivo primario dell’articolo sembrerebbe quello di fornire uno spazio in cui poter sfogare ogni possibile pensiero. Lo si deduce dopo, quando Feltri finalmente fa trapelare la sua idea rispetto alla situazione internazionale.
È una continua polarizzazione quella che propone Feltri, in una semplificazione grossolana che usa scientemente un vocabolario terra-terra. Nessun dato viene portato a sostegno di tale categorizzazione: del resto, lo stesso Direttore ha già specificato prima che non è né l’analisi, né un sistema di conoscenza razionale a interessarlo. Lo riafferma proseguendo:
Dopo aver diviso il mondo a metà – “invasati che vivono nei deserti, islamici che mangiano a sbafo, musulmani dagli usi medievali da una parte, e noi bischeri, che rinunciamo alle nostre tradizioni, che ci assoggettiamo e ci facciamo sterminare dall’altra” – Feltri compie un passaggio in avanti e affronta il momento in cui questi due mondi – totalmente definiti e omogenei – si intrecciano con le migrazioni. Un fenomeno sociale complesso e articolato.
Il Direttore di Libero lo sintetizza così: ci sono persone che si presentano come poveracci, arrivano in Europa sui barconi e, godendo della nostra pietà, ci massacrano se non adottiamo i loro usi. Una sintesi che, eufemisticamente parlando, risulta assai parziale. Di fronte a questo scenario, Feltri esplicita la sua proposta.
Ecco l’idea del Direttore di Libero: lasciare affogare le persone. Se prima si biasimano gli idioti che massacrano, la stessa cosa non vale all’inverso: noi possiamo lasciare morire le persone in mare. Anzi, dovremmo farlo secondo Feltri, per dare l’esempio a chi aspira a partire. Nonostante che le molte informative provenienti da diverse fonti – Polizia, ong, istituzioni – smentiscano qualsiasi nesso tra migrazioni e terrorismo, il Direttore editoriale lo dà per scontato, fornendolo al lettore come una verità assoluta. Allo stesso tempo sono totalmente ignorate le cause delle migrazioni, i motivi alla base dei viaggi, le responsabilità dei Paesi europei. È questo il pensiero espresso sul fenomeno migratorio – che Feltri definisce occupazione, un altro termine estremamente aggressivo oltre che totalmente fuorviante rispetto alla realtà.
E per quanto riguarda le persone già presenti in Europa?
La conclusione dell’articolo invita, di fatto, a rimpatri forzati, espulsioni coatte e violenza. Un invito che si rivolge al lettore in modo diretto, con una strategia comunicativa che prima parla al plurale – noi – per poi raggiungere un solo individuo, in una costruzione retorica che mira a ottenere un maggior coinvolgimento di chi legge.
Di fronte a un articolo, ci si deve chiedere che tipo di servizio si stia offrendo al lettore e alla lettrice. Il giornalismo può informare, dare un contributo all’analisi. Il lavoro del giornalista dovrebbe consentire di aprire una finestra sul mondo e costruirsi una consapevolezza a riguardo attraverso dati e informazioni. L’editoriale di Feltri apre una finestra solo sul pensiero del Direttore di Libero. Non fornisce nulla, se non livore. Provoca e istiga all’odio.
L’articolo non informa, al contrario: mette insieme una serie di luoghi comuni e descrive il contesto come una massa informe, che dunque spaventa perché poco riconoscibile. I “non noi” sono tutti gli “Altri”: migranti, rifugiati, musulmani. Ai terroristi dell’Isis sono accomunati, paradossalmente, anche coloro che fuggono proprio dalla violenza provocata dagli stessi terroristi. Non a caso, gli attentati terroristici che hanno colpito Paesi non europei non vengono citati: eppure due sono avvenuti in Egitto, proprio nel giorno in cui Libero pubblica l’articolo di Feltri. Citare questi due attentati significherebbe infatti mostrare che gli “Altri” sono un gruppo che non esiste.
Le differenze presenti all’interno dell’universo individuato come “i migranti” sono moltissime: le motivazioni del viaggio e le origini nazionali sono, per fare semplici esempi, due elementi che già di per sé mostrano come siano moltissime le variabili interne a questo gruppo, e quanto sia dunque poco aderente alla realtà una sua omogeineizzazione. Ma riconoscere le differenze, le molteplicità, la realtà di fatto, non consentirebbe di ridurre il mondo a qualcosa di riconoscibile – noi e loro –, là dove “loro” sono i nostri antagonisti.
È questo l’obiettivo dell’articolo: riaffermare l’esistenza di due gruppi contrapposti, noi e gli altri. Non viene citato alcun dato né viene fornita alcuna informazione, nemmeno a sostegno della tesi del Direttore – ossia di rispondere con rimpatri e violenza. Parole forti, aggressive e offensive, fanno da corredo a questa idea, con l’obiettivo di suscitare nel lettore da una parte paura, e dall’altra disprezzo e odio per tutti i non noi, resi massa indistinta.
L’analisi, scrive Feltri, non è il suo obiettivo. La scelta è un’altra: le strategie retoriche, il linguaggio, la costruzione dell’articolo mirano alla pancia, e non alla testa, dei lettori, con l’effetto di istigare all’odio e alla violenza[2].
[1] È possibile leggere l’articolo qui.
[2] Si veda in proposito “Chiamiamolo col suo nome: incitamento all’odio e alla violenza”, Carta di Roma, 10 aprile 2017.