20170801 Escher

Sono in atto processi irreversibili che, più gravi sono, più vengono sottaciuti, e non lasciano prevedere niente di buono. Sono le solite cose, ma, tutte assieme, cristallizzano una situazione da incubo.

 

Ormai ci siamo: disponiamo di numeri sufficienti per prevedere quello che sicuramente succederà nel nostro futuro. Attenzione: non quello che potrebbe succedere, tipo l’eruzione di un  vulcano o l’arrivo di asteroidi dispettosi, ma solo quello che sicuramente succederà. I lettori deboli di cuore sono pregati di passare all’articolo successivo, sempre che non sia di qualche collega che scrive di economia, nel qual caso mettetevi pure comodi con cibo e bevande per qualche giorno.

Ma veniamo a noi. Cominciamo con l’analizzare a grandi linee – giacché quelle piccole sono sempre contestabili – l’andazzo del nostro paese.

Siamo gravati del terzo debito pubblico del mondo che non accenna a diminuire. Attualmente veleggiamo con una crescita che va dai quaranta agli ottanta miliardi l’anno. Contemporaneamente, da qualche anno, registriamo una decrescita della popolazione, le cui nascite danno ormai un saldo negativo che tendenzialmente supera le duecentomila unità annue, numero che, considerando la regressione geometrica, potrebbe aumentare. Fatte le debite proiezioni, all’incirca nel 2300, ma anche prima, la popolazione italiana sarà ridotta ad 1 persona, con un debito pubblico, di circa 20000 miliardi. E’ intuitivo che se la popolazione scende, il debito dovrebbe fare altrettanto, senza parlare dei tagli alla spesa pubblica che vengono infruttuosamente fatti, ma ciò non avviene. Andremo avanti così o ci sarà un punto di rottura?

Ma non è finita qui.  Da qualche anno, cioè da quando la popolazione italiana ha iniziato a decrescere, registriamo un aumento ingiustificato del consumo del suolo. Attualmente siamo a circa 23200 Km quadrati di suolo cementificato, ad un ritmo che supera l’1% ogni due anni, con la Lombardia dei vari Formigoni e Maroni, in testa con il 13% di suolo cementificato.. Di questo passo, quando in Italia ci sarà rimasto solo l’italiano di prima, l’Italia sarà abbondantemente cementificata in tutti i suoi 301 mila km quadrati.

Diciamo che la crisi degli alloggi a quel punto sarà un problema risolto. Evvai! 

I soliti criticoni insinueranno che c’è una antinomia evidente in questo ragionamento: chi cementificherà l’Italia quando gli italiani si avvieranno ad essere quattro gatti? Tranquilli, quando si tratta di cementificare, gli italiani non li batte nessuno, vedrete che troveranno il modo di farlo, o di farlo fare ugualmente.

E siccome si deve campare, l’italiano rimasto, potrà  vendere cemento all’estero, incrementando così le esportazioni. Qualcuno scriverà che in Italia aumentano le esportazioni di cemento.

Allarghiamo l’orizzonte.

Con un complicato calcolo scientifico-filosofico-astronomico, che qui vi risparmio, Leonardo da Vinci, che si chiamava così non perché nato a Vinci (nacque ad Anchiano) ma perché suo padre si chiamava Piero da Vinci, colloca la fine del mondo nel 2033.

Per la “profezia dei Papi”, che ha “centrato” i motti dei penultimi cinque papi, con Francesco siamo arrivati al dunque.

Ma per la scienza ci siamo già arrivati da molto tempo. Sono in atto processi irreversibili che, più gravi sono, più vengono sottaciuti, e non lasciano prevedere niente di buono.

Sono le solite cose, ma, tutte assieme, cristallizzano una situazione da incubo.

Il riscaldamento globale e l’effetto serra, oltre alla siccità, incendi, alluvioni improvvise, carestie e guerre per l’acqua in giro per il mondo,  produrrà la liberazione nell’aria del metano, e chissà cos’altro,  contenuto nel permafrost del suolo, che si aggiungerà al costante aumento della CO2 nell’atmosfera. Aggiungiamo alla crescente scarsità di acqua potabile,  l’innalzamento dei mari a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, con conseguente riduzione delle terre abitabili e salinizzazione delle falde, i flussi migratori sempre più consistenti con i conflitti che produrranno nei paesi di destinazione (religiosi, di coesistenza, abitazione, lavoro, cibo, ecc.), il terrorismo, con le sue cause che non nascono da un altro pianeta (cinquant’anni fa chi parlava di terrorismo?), la sparizione graduale delle specie animali esistenti, della cara pronuba ape e delle risorse della terra, eccetera.

Direte: «Ma qualcuno ci starà pensando…» No, mi dispiace, non ci pensa nessuno. I politici pensano solo ai loro problemucci di percentuale e di poltrona e buona parte della scienza va per altri lidi più remunerativi, mentre la tecnologia ci sta portando alla esasperazione del rapporto  uomo-macchina e ad uno sviluppo incontrollato della intelligenza artificiale e della nanotecnologia, che ci fanno intravedere uno scenario che gronda sangue.

Cioè, in poche parole, mentre la nave affonda chi dovrebbe governarla litiga e lotta per occupare più posti a tavola per il pranzo.

Ecco, io non so se vorrò essere l’ultimo italiano  o l’ultimo essere umano vivente sul pianeta, ma già oggi  vedo situazioni da vecchi film di fantascienza che sono diventate la realtà dei notiziari quotidiani.

Che notiziari ci aspettano per il futuro?

Su chi possiamo contare?

Gli autori di Vorrei
Francesco Achille
Francesco Achille

È nato a Milano, laureato, ha lavorato presso le principali società del settore impiantistico e cantieristico italiano; attualmente imprenditore in semi pensione, si occupa da sempre di politica, economia e ambiente, è appassionato di letture in genere, di collezionismo, di astronomia, e di agricoltura che pratica, quest’ultima, in un piccolo appezzamento di terreno dove coltiva con amore e sacrifici frutta e verdura biologica.

Qui la scheda personale e l'elenco di tutti gli articoli.